Estratto dell’articolo di Katia Riccardi per repubblica.it
“Sono trent'anni che vado a dormire sperando che la notte mi porti qualcosa di bello. E quella notte è arrivata, mi ha riportato me stessa intera”.
Cinzia Leone della malattia che l’ha colpita il 21 dicembre del 1991, un aneurisma congenito all'arteria basilare e un conseguente ictus, non ha più voglia di parlare. “Quando metà del tuo corpo è morto, diventa dura. Ma non mi sono mai arresa, il cerchio della malattia è chiuso, sconfitto”.
“Negli ultimi anni aveva cominciato a tremarmi la voce ogni volta che parlavo, poi ho scoperto che ero proprio io a chiudere il passaggio dell’aria per non far vibrare le corde vocali. Evidentemente avevo bisogno di rappresentare me stessa come un’attrice senza voce. Poi l’altra sera, all’incontro in seno al Festival della Salute Mentale, organizzato dalla cooperativa Manser per un imprenditoria umanizzata, ho fatto un pezzo che amo particolarmente, Il vagone silenzio”.
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Lei non frequenta molto la satira politica, perché?
“Perché alla satira politica preferisco quella umanistica. Non me ne frega niente di fare la satira della ‘narrazione’, ormai la narrazione politica è la politica stessa, la narrazione a favore di una politica che deve giustificare il suo non agire mai effettivamente su nulla. Sono anni che ci portiamo dietro le stesse identiche problematiche”.
Sono tante, a quali si riferisce?
“Alle morti sul lavoro, insopportabili, quasi quotidiane ormai, come i femminicidi. Ma anche alle spaventose diseguaglianze economiche, ai dissesti idrogeologici, alle periferie completamente abbandonate.
Per non parlare del problema più grande di tutti, l’immigrazione. Non si può sfogliare la margherita e a ogni petalo dire ‘oggi li accogli tu, oggi io’, il problema è quello di far vivere e esistere queste persone dignitosamente senza depredare il continente da cui scappano, senza bombardarle, senza torturarle, senza considerarle merce umana di secondo piano”.
Ma lei perché è sparita dal piccolo schermo?
“Io sono sparita nel silenzio più assoluto dalla trasmissione Tunnel, un enorme successo del ’94, senza che nessuno abbia scritto una parola, come se fossi evaporata. Per dieci anni sono stata completamente fuori da tutto. Da tutto. Nel 2005 ho partecipato al premio Massimo Troisi che si teneva a San Giorgio a Cremano, con un intervento comico che il pubblico aveva apprezzato molto.
Tempo dopo, quando mi sono seduta davanti alla tele per vedere la messa in onda del programma ho scoperto che non c’ero, il mio pezzo non arrivava mai perché ero stata tagliata, io e addirittura il cane, che a un certo punto era apparso sul palco perché era venuto a cercarmi. Ero stata tagliata senza essere nemmeno avvisata”.
Perché non ha mai raccontato questa cosa?
“Perché mi avrebbero polverizzata in un attimo. Facendomi passare per un’attrice sfigata che non meritava di lavorare e si lamentava. Queste cose se ne parli sono talmente patetiche che diventano quasi comiche. Io non ho mai praticato il sensazionalismo, lo detesto, detesto l’aura pubblicitaria che si deve creare su ogni evento, penso che il lavoro sia fatto di contenuti. Resta il fatto che sono sparita con un rifiuto corale da cinema, tv, e questo può destare leciti sospetti”.
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C’è ancora libertà per gli artisti oggi secondo lei?
“C’è una libertà condizionata da un politically correct che è servito soprattutto a garantire protezione a un sistema non più disposto a essere criticato o dileggiato da una visione satirica. Sul fatto che non sia necessario offendere sono d’accordo, ma la satira è un altra cosa”.
Mi può fare un esempio?
"Faccio alcuni spot per il Festival della Salute Mentale. Il dipartimento della salute mentale Asl 2 ha usato la frase ‘visto da vicino nessuno è normale’ che è una frase di Caetano Veloso che ha ispirato fortemente Franco Basaglia. Come istituzione l’Asl poteva utilizzare solo questa frase per aggirare il fatto di dire che siamo tutti nella merda. Quindi lo faccio io nei miei spot, perché questo è il mio ruolo. Io sono una comica e per cazzeggio posso giocare con la parola merda perché quel cazzeggio contiene una parte di verità, questa è la satira”.
Quali sono i suoi progetti?
"Mi piacerebbe riuscire a scrivere uno spettacolo comico sull’odio. Mi pare il sentimento più diffuso del mondo attualmente”.
Nel 2018 è tornata a lavorare per il trentennale de ‘La tv delle ragazze’, perché?
“Perché con Scusate l'interruzione, tre edizioni di Avanzi e Tunnel ho partecipato fin dall’inizio alla storia di quel programma e a tutto quello che è scaturito dalla tv delle ragazze”.
E che cosa ha capito?
"Che non sono più una ragazza”.