Estratto dell’articolo di Maurizio Crosetti per repubblica.it
(…) “Temo di sì. Prendiamo le donne: a parte Madame, una fuoriclasse, una che appena senti due note pensi ‘questa è Madame’, quasi tutte sono ottime fotocopie di voci anche belle, però troppo simili”.
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Ci perdoni, non possiamo non chiederle del suo marchio di fabbrica: quanto è ancora bestiale, quella domenica?
"Oh, per me lo è stata moltissimo. A un certo punto non ne potevo più. E mi torna in mente quello che mi disse Gino Paoli: ‘Questa canzone finirai per odiarla, perché dovrai cantarla per tutta la vita. Farà la fine di Sapore di sale’”.
Aveva ragione?
"In effetti, io e Domenica bestiale per un po’ ci siamo allontanati, però il pubblico quasi mi menava se non la cantavo. Io ci restavo un po’ così, finché ho capito che la gente paga il biglietto anche per lei. A mente fredda, devo ammettere che Domenica bestiale è la canzone per antonomasia, pressoché perfetta nella scrittura. Non sono un falso modesto. E comunque, con Domenica bestiale siamo tornati a vederci non più di nascosto…”.
Un altro suo brano, “E ti ricordo ancora”, fu sospettato di omosessualità. Come andò?
"In tanti ci rimasero male quando spiegai che era solo un ricordo della scuola elementare, un’ingenua carezza tra bambini. Quando la composi, i miei discografici mi chiedevano: ‘Fabio, sei proprio sicuro? Vuoi cambiare qualcosa?’. Io non li seguivo, non capivo, non ci vedevo alcuna malizia”.
(…) Lei si è molto impegnato per i bambini, ha pure scritto una canzone per Telefono Azzurro: perché?
"Anche da ragazzo i bambini mi interessavano. E quando vidi un manifesto con il viso di un bimbo gonfiato di botte - ricordo che ero in coda in automobile, davanti a un cantiere - ho cominciato a pensarci davvero, e dopo un mese è nata la canzone. Non conoscevo le reali, drammatiche proporzioni del problema. I bambini sono fragili, e anche i ragazzi lo sono sempre di più: la pandemia ci ha trasformati in vittime vive, i più giovani specialmente. Alcuni hanno sbarellato”.
Telefono Azzurro significa opporsi alla violenza più subdola e quotidiana, quella tra le pareti di casa. Come combatterla?
"Evitando di abituarci, altrimenti si arriva a ritenere quasi normale picchiare un bambino o uccidere una donna. Ecco gli argomenti per i quali si dovrebbe scendere in piazza”.
Settant’anni cosa sono?
"Un modo per accettare di più sé stessi e meno gli altri. Però non è male, dài”.
Cosa dice nonno Fabio alla sua nipotina, la figlia di “Fiore di maggio”?
“Lei è ancora piccola, ed è difficile trovare le parole giuste per spiegare un mondo a volte inspiegabile. Ma qualche punto fermo resta. Tipo: mai essere asettici, seguire sempre il proprio gusto e la propria natura. E ricordarsi che la buona creanza non è debolezza o mancanza di carattere. Essere gentili non significa essere coglioni”.
CONCATO
Roberto Faben per “la Verità”
Fabio Concato è così, come le canzoni che scrive e interpreta. Racconta una quotidianità minimalista, in cui si sogna di evadere da problemi piccoli e grandi, dalle follie della società, per trovare sollievo, magari in una gita domenicale in cui potrebbe consolidarsi un affetto, nascere un momento della migliore allegria, quella del condividere cose semplici. Classe 1953, è nato a Milano e ci ha sempre vissuto. Del 2020 è la sua prima canzone in dialetto milanese, L’umarell, storia di un anziano nella Milano atterrita dal Covid e ha vinto l’Ambrogino d’oro. Nel 2022 gli è stato assegnato il premio «Luigi Tenco».
Un commento su You Tube alla sua canzone Guido piano (1984): «La frase: “E quando mi sveglierò sarò migliore” ha fatto sì che io vincessi la mia guerra contro l’eroina. Grazie Fabio».
Allora non è vero che le canzoni non possono migliorare il mondo.
«A parte il piacere che fa questa notizia, che non sapevo, credo che la musica sia sempre servita. Sa quante vite sono state salvate con le canzoni? Lo so per canzoni di Eros Ramazzotti, Vasco Rossi, Antonello Venditti. Quando una canzone che scrivo è pubblicata, diventa degli altri. Ho visto persone malate di Alzheimer non riconoscere la mamma o la sorella, ma ricordarsi di una canzone».
Nel 1988 ha pubblicato l’album 051-222525, proventi devoluti a Telefono azzurro.Perché un genitore percuote un figlio?
«Chi lo sa quali sono i meccanismi. Mi accorsi che esiste Telefono azzurro negli anni Ottanta. Ero fermo in macchina, bloccato da uno dei tanti cantieri di Milano.
C’erano questi giganteschi manifesti. Quel faccino era vicino a whisky, automobili, collant, mi ha fatto ancora più effetto per questo. Qualche settimana dopo, in Toscana, ho scritto questa canzone. Ho registrato a Bologna, tutti lavorando gratis».
Immaginava che a picchiare il figlio fosse un padre alcolista…
«Era una delle possibilità. Il problema dell’alcol mi sembrava uno dei più evidenti. Ma ci sono altri motivi. Più l’infelicità aumenta più questo rischio c’è, la frustrazione gioca brutti scherzi. Non è casuale che, sotto le feste, i casi aumentino, c’è il Natale, a volte l’impossibilità di fare dei regali, la moglie ti fa magari capire che sei uno sfigato…».
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Come ricorda la Milano della sua infanzia, la via dove abitava?
«Abitavo in una strada non molto bella, allora era periferia, via Massarenti, zona piazzale Brescia, che oggi è tutt’altro che periferia. Davanti a casa mia non c’era niente, solo un campo dove trovavamo grossi pneumatici di camion, con mio fratello andavamo in cerca di lucertole e poi abbiamo scoperto l’oratorio di San Protaso, di via Osoppo e lì è stata una svolta».
Come la trova oggi la città?
«La vedo peggiorata, purtroppo, sempre nei soliti posti, mi piacerebbe che le periferie fossero un po’ più animate, illuminate. Se vedo miglioramenti, è dove c’è la ricchezza e questo mi dà un po’ fastidio. Se intendiamo che City Life, con i suoi grattacieli o la torre dell’Unicredit siano un miglioramento, ciò è molto opinabile».
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