Fabio Amendolara per “La Verità”
«In questa storia sulla graticola ci finiscono sempre quelli che Denise Pipitone l'hanno cercata con tutte le forze e mi riferisco a ex pm, giornalisti e non solo», denuncia alla Verità Milo Infante, conduttore della trasmissione Ore 14, che va in onda su Rai 2 e che da tempo si occupa della scomparsa di Denise, la bimba di Mazara del Vallo scomparsa nel 2004. Il giornalista sente di essere finito nel grande calderone degli indagati che, in qualche modo, hanno toccato una delle storie più controverse della cronaca italiana da quando ha ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Caltanissetta.
E, così, il 16 marzo ha postato sul suo profilo Instagram la foto del documento giudiziario appena notificato, accompagnandola con un post in cui ha ricordato a tutti: «Se qualcuno pensa che sia sufficiente per fermarci sbaglia. Continueremo a cercare Denise [...]. Denise va cercata, non archiviata».
Ieri, deputati e senatori Lega in Vigilanza Rai si sono schierati con il giornalista: «Pur rispettando il lavoro delle Procure, riteniamo che sarebbe più utile indagare sulla scomparsa di Denis Pipitone, piuttosto che sui giornalisti coraggiosi e ostinati che non vogliono lasciare aperta questa drammatica ferita italiana».
E hanno sottolineato che «l'ennesimo procedimento per diffamazione contro i giornalisti rischia solo di essere interpretato come un tentativo di tappare la bocca alla libertà di stampa». Ma la questione si è ingarbugliata ancora di più proprio ieri mattina, quando sulle agenzie di stampa è comparsa la notizia, rilanciata subito dai siti web dei giornali della vulgata, che la Procura di Marsala, titolare dell'inchiesta sulla scomparsa di Denise, smentiva Infante, precisando «di non aver mai inviato alcuna comunicazione giudiziaria» al giornalista.
Cosa c'entra questa smentita della Procura di Marsala?
«Io non ho mai detto o scritto che a indagarmi era la Procura di Marsala. Basta fare questo mestiere da più di tre giorni per capire che, se a indagare è un'altra Procura, è perché chi ha querelato è un magistrato (la Procura di Caltanissetta, infatti, è competente nei procedimenti che coinvolgono i magistrati del distretto della Corte d'appello di Palermo, al quale appartiene la Procura di Marsala, nda). Ai colleghi esperti in veline e copia e incolla mi sento di dire che bastava fare domande per ottenere delle risposte.
Queste sono fake news che non fanno bene al giornalismo. Alcuni colleghi in questa vicenda hanno dato ancora una volta prova di superficialità».
Mettiamo un po' di ordine su come si sono svolti i fatti.
«Il 16 marzo ho reso noto, non in trasmissione, ma in modo privato (tramite il profilo Instagram, nda) di essere indagato. Successivamente, il 29 marzo, durante la trasmissione che conduco, il giornalista Angelo Maria Perrino, che era ospite, ha alzato la mano e ha detto «mi hanno indagato a Caltanissetta per la vicenda di Denise Pipitone».
A quel punto io, ma anche un altro collega che era in studio, abbiamo detto: «Siamo indagati anche noi». Quindi, nessun mistero. E mi sembra tutto anche molto lineare. Nessuno di noi ha mai parlato di Marsala, anche perché non è facile sbagliarsi. È scritto sull'avviso di garanzia che mi è stato notificato che a indagare è Caltanissetta».
Ma visto che sembra tutto così semplice, come si è creato il cortocircuito sulla Procura di Marsala? È una costruzione?
«La notizia della smentita da parte della Procura di Marsala credo sia semplicemente frutto di cattivo giornalismo. Anche perché, non c'è nulla da smentire. Si tratta di una notizia sbagliata e approssimativa».
Per quale reato si procede?
«L'ipotesi è di diffamazione, peraltro aggravata. Detto questo, devo precisare di non avere mai fatto una critica ai magistrati di Marsala. Ho solo chiesto che si occupino di ritrovare la piccola Denise Pipitone».
Chi si è sentito chiamato in causa?
«Diciamo che qualcuno si è sentito toccato, ma d'altra parte è un diritto quello di querelare. Il motivo specifico della querela, al momento, non lo conosco, però posso dire che proprio non riesco a vedere su cosa potrebbe reggersi la diffamazione che mi viene contestata. Bisognerà capire.
Ma, ripeto, ci sono diversi giornalisti, ospiti del mio programma, indagati a Caltanissetta. E resta il fatto che Denise bisognerebbe cercarla invece di utilizzare il tempo delle Procure per denunciare e cercare di colpire chi da sempre tiene un faro acceso».
Quali sono le puntate incriminate? E perché?
«Le trasmissioni sono quelle successive all'ultima richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Marsala. E, appunto, voglio ricordare che proprio quella richiesta di archiviazione, in più di un passaggio, appare come un atto d'accusa nei confronti della stampa.
Questo lo posso affermare a gran voce e nessuno può dire il contrario. Si fa riferimento all'invadenza delle televisioni e all'invasione di campo da parte dei giornali».
I pm, stando a quanto riportano i quotidiani, hanno lamentato che «l'influenza dei media è a tale punto che essi non si limitano a raccontare gli eventi, piuttosto, spesso, in una gara a chi arriva prima tra diverse testate giornalistiche, a provocarli. E tali eventi hanno pure una sgradevole referenza sulle indagini in corso».
«Bisogna cercarla, questa bambina. Se volete la gente che applaude ogni volta che fate degli arresti, questo non è il nostro tipo di giornalismo. Finché non troveranno Denise, noi continueremo a dire che devono cercarla.
Ovviamente non devono dare conto solo a noi, bisogna dare risposte concrete ai genitori, che lottano da soli in questa vicenda. La cosa davvero grave è che Denise non la sta cercando nessuno. In compenso abbiamo i giornalisti querelati per diffamazione». Proprio il 16 marzo, però, avete incassato la solidarietà di Piera Maggio, la mamma di Denise. «Certo, lamentando il sospetto che qualcuno voglia far cadere nuovamente tutto nell'oblio e anche che le stavano facendo terra bruciata intorno».
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