Estratti da fanpage.it
Se a Vittorio Feltri i ciclisti piacciono "solo quando vengono investiti" – sue testuali parole pronunciate ieri a Milano in occasione di un convegno – il 22 aprile del 2017 il direttore editoriale de Il Giornale e consigliere regionale lombardo di Fratelli D'Italia deve aver aver provato un moto di intimo piacere per la morte di Michele Scarponi, travolto da un furgone mentre si allenava in preparazione del Giro D'Italia nella sua Filottrano, in provincia di Ancona.
E così deve essere successo anche il 30 novembre 2022 quando Davide Rebellin è stato investito e ucciso a Montebello Vicentino da un camionista tedesco poi datosi alla fuga senza prestare soccorso.
A ben guardare, se a Vittorio Feltri i ciclisti piacciono "solo quando vengono investiti", nel solo 2023 ha provato un po' di gioia almeno 212 volte. Tanti infatti ne sono morti sulle strade italiane – e 39 solo nella "sua" Lombardia – secondo il report annuale dell'Asaps, l'Associazione dei sostenitori della Polizia stradale; un dato, quello del 2023, che rischia di essere confermato e forse anche superato nel 2024 con almeno 154 ciclisti morti (al 22 settembre), numero che però si aggiorna di settimana in settimana.
vittorio feltri - consiglio regionale lombardia
Ciascuno di loro, ognuno di questi lenzuoli bianchi distesi sull'asfalto accanto al telaio accartocciato di una bici, era un padre, una madre, un figlio, un fratello o una sorella. Un ragazzo o una ragazza che andavano al lavoro o a scuola, che magari pedalavano per gioco, come Francesco Lignola, 11 anni, investito e ucciso un anno fa a Senigallia. Oppure marito e moglie che si allenavano nel tempo libero, come Marco Torcianti e Sara Ragni, travolti anche loro e uccisi lo scorso agosto.
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Nessuno di loro comunque era un "ingombro" o un ostacolo frapposto tra un automobilista e la sua destinazione finale. Per questo le parole di Feltri sono orribili: perché legittimano la prevaricazione sugli utenti deboli della strada, perché sono un insulto alla memoria di quelle vite perse. E perché sono una ferita inflitta a famiglie che soffrono e spesso cercano di ottenere almeno giustizia.
"Le parole di Feltri sono orribili, ci hanno rovinato la giornata", confida a Fanpage.it Marco, fratello di Michele Scarponi e segretario generale della Fondazione che porta il suo nome. "A pronunciarle è stato un uomo che ricopre una carica istituzionale, un giornalista che dovrebbe sapere quanto le parole sappiano essere pesanti come pietre, che quelle parole possono essere violente quando, come in questo caso, vengono sputate addosso a persone che come noi hanno perso dei cari sulla strada".
Probabilmente Vittorio Feltri non lo sapeva, ma quelle parole violente le ha pronunciate il giorno in cui, se fosse ancora vivo, Michele Scarponi avrebbe compiuto 45 anni: "Eravamo tutti a Jesi. Stavamo ricordando Michele in occasione del suo compleanno: era un giorno di aneddoti, risate, racconti di vita, un giorno difficile ma dolce, di abbracci e lacrime. Stavamo ricevendo i messaggi di chi l'aveva conosciuto, i saluti di tanti amici.
È in quel momento che ci sono state comunicate le frasi di Feltri, siamo sprofondati nello sconforto. Ho veramente pensato che quelle parole avessero ucciso mio fratello Michele una seconda volta, come se noi fossimo stati violentati in maniera indegna da una persona senza un minimo di sensibilità".