Giuseppina Manin per il ‘Corriere della Sera’
Immaginate un Bernard-Henri Lévy più grasso e pacioso. Per il resto, stessa camicia bianca aperta sul petto, stessa chioma argentata e svolazzante. E stesse prese di posizioni radicali, da gauche caviar.
«Ogni riferimento non è casuale ma scherzoso sì» ammette Christian Clavier, icona della commedia francese dai tempi de Les Bronzés e Asterix fino al successo strepitoso di Non sposate le mie figlie , dove lui interpretava un borghese cattolico alle prese con tre generi «scomodi», un musulmano, un ateo e un ebreo. E ora, per una par condicio cinematografica, ecco che Clavier da conservatore benestante si trasforma in intellettuale engagé, sempre in tv a battagliare per i diseredati ma con il suo nuovo libro ben in vista.
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Il cui titolo, Benvenuti a casa mia , è anche quello del film di Philippe de Chauveron, dall' 8 marzo nei cinema. Dove Clavier nei panni di Fougerole, scrittore di successo con moglie aspirante artista (Elsa Zylberstein), si ritrova invischiato in un rovente dibattito sui migranti.
Sfidato da un astioso interlocutore a metter in pratica la tesi del libro, bisogna accogliere tutti a braccia aperte, per non perdere la faccia Fougerole si impegna a ospitare chiunque si presentasse alla sua villa con piscina. Detto fatto, la sera stessa a suonare il campanello arriva il barbuto Babik (Ary Abittan) e la sua pittoresca famiglia Rom. Vano ogni tentativo di sviarli, il ricatto è inesorabile: «Se no andiamo a raccontare tutto in tv».
«A denti stretti Fougerole si ritrova a dover metter in pratica le sue teorie - racconta Clavier -. Vano ogni tentativo di convertire gli scomodi ospiti alle regole sociali. All' invito, niente più elemosina, niente più furti, Babik risponde stupito: "E allora, cosa facciamo?"» Brutti, sporchi, maleducati.
Rom con i denti d' oro, refrattari all' igiene e alla proprietà privata... Uscito in Francia durante la scorsa campagna elettorale in clima di grande tensione, il film si è tirato addosso dure polemiche, accusato di razzismo, di ribadire cliché grossolani.
«È una commedia, mica un documentario sui Rom o un film politico - lo difende Clavier -. I difetti e i pregiudizi sono accentuati per far ridere. Voi italiani, maestri della commedia di costume, lo sapete bene. Con il politicamente corretto a oltranza, gran parte dei capolavori della comicità, da Dino Risi a Monicelli, non sarebbero mai apparsi sugli schermi».
E poi in Benvenuti a casa mia i Rom non sono i soli a venir messi in caricatura. «Ci si fa beffe anche di altri: dell' intellettuale falsamente impegnato, del giovanotto del Front National molto macho e molto gay, dei ragazzi disconnessi dalla realtà... Insomma si ride di tutto e di tutti, e questo credo sia il diritto-dovere del comico. Ma purtroppo viviamo in un' epoca moralista, sempre più intollerante verso l'umorismo».
Tanti i bersagli, nessuno si è ritenuto offeso. «Tanto meno i Rom. Quelli veri, coinvolti nelle riprese, si sono divertiti moltissimo perché gli stereotipi su di loro erano talmente eccessivi che a nessuno è venuto in mente che potessero essere presi per veri. I luoghi comuni sono necessari per innescare lo scontro tra due culture, due mondi contrapposti, sospettosi l' uno dell' altro. Che alla fine, proprio per aver affrontato quei preconcetti, riescono a intendersi. E persino a trovarsi simpatici a vicenda».
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