Francesca Angeleri per torino.corriere.it - Estratti
Sono passati dieci anni dalla morte di Giorgio Faletti. È un tempo strano questo, in cui lui non abita più questa terra. È strano perché sembra insieme tantissimo e pochissimo. Ci ricordiamo la sua voce, i suoi personaggi televisivi, le sue canzoni, i suoi libri. La magia di Faletti. Che a un certo punto ha ingranato tutto, riuscendo a fare, con profondità e leggerezza assolute, ogni cosa che desiderava fare. Al suo fianco, in vita e in morte, Roberta Bellesini.
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4 luglio 2014 — 4 luglio 2024. Quante cose sono accadute?
«In questi anni abbiamo fatto tantissime cose. E non è stato facile, soprattutto i primi tempi. Sono stati fondamentali gli amici, con i loro consigli e il loro appoggio. Il mondo di Giorgio non era il mio, non ero abituata a muovermici. La prima cosa che abbiamo portato a termine è stato L’ultimo giorno di sole, lo spettacolo su cui stava lavorando. Ci si è dedicato anima e corpo finché ne ha avute le forze. La regia l’avrebbe fatta lui, oltre ad avere scritto testi e musiche. Anche la protagonista, Chiara Buratti, era stata scelta da lui».
Per il decennale avete messo in piedi una seconda versione de L’ultimo giorno di sole. Cosa è accaduto?
«Questa sera saremmo dovuti andare in scena al Castello Sforzesco di Milano, ma purtroppo Chiara non sta bene ed è in ospedale. Aspettiamo che si riprenda per ripartire con le date. Abbiamo lavorato tanto negli scorsi mesi quindi ci dispiace moltissimo. Sul monologo ci siamo concentrate io e Chiara, gli arrangiamenti sono di Andrea Mirò. Ci sono molti musicisti eccezionali, tra cui anche il bassista di Iggy Pop. La regia è di Tommaso Massimo Rotella, mentre nella prima versione era di Fausto Brizzi, grande amico di Giorgio».
La Nave di Teseo ha deciso di ripubblicare Porco il mondo che ciò sotto i piedi! È la frase giusta per questi tempi?
Ride: «Ho molto apprezzato questa loro decisione, anche perché si tratta del vero esordio letterario di Giorgio. Già due anni fa, a distanza di 20 anni dall’uscita di Io uccido, sempre con Elisabetta Sgarbi avevamo fatto uscire la graphic novel tratta dal romanzo. L’idea di riportare in auge questo libro è molto legata a Giorgio, perché la sua carriera è partita proprio dai suoi personaggi, dal Drive In».
Erano tutti divertentissimi, ma tra loro ce n’era uno che fosse il suo preferito?
«Lui diceva sempre che i personaggi li interpretava, ma che da Vito Catozzo era posseduto. Quando avevamo a cena degli amici, per esempio, inevitabilmente capitava che si presentasse a tavola Vito Catozzo. Scherzava: “Vito si impossessa di me”».
roberta bellesini e giorgio faletti 8
È difficile essere la sua memoria storica?
«Lo è nella misura in cui hai paura di non farlo correttamente. All’inizio cercavo di ricordarmi tutto alla perfezione, le sue frasi, i pensieri, le indicazioni… poi ho compreso che non dovevo avere l’ansia, perché tutto ciò che Giorgio voleva raccontare era già nelle sue parole».
Cosa le manca di lui?
«La quotidianità. Il modo che avevamo sempre di prenderci in giro, di ridere. O quando io arrivavo dall’ufficio e lui aveva sperimentato qualcosa di nuovo in cucina…».
Ci si riesce a rifare una vita con un bagaglio così intenso?
«Si riesce se si incontra qualcuno abbastanza intelligente da comprenderlo questo bagaglio. Da tre anni sto con un’altra persona, non viviamo insieme perché lui viaggia molto per lavoro. Non ne ho mai parlato prima, sono timida. Anche Giorgio lo era, la vita privata la nominava il meno possibile».
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