Lettera di Francesco Rutelli a “La Stampa”
francesco rutelli foto di bacco
Caro direttore, lo spiritoso articolo di Alberto Mattioli pubblicato ieri dal suo giornale - che leggo quotidianamente con sincero apprezzamento - mi consente di fornire un chiarimento, che confido metta fine a questa piccola storia che dura da circa quindici anni, a proposito del presunto “appello” in lingua inglese che avrei rivolto ai turisti stranieri perché venissero in Italia (anche alla luce del vostro sommario, che lo colloca in un “concentrato grottesco di luoghi comuni”).
Ebbene: io non ho mai pubblicato da nessuna parte un simile appello. Non era programmato io lo facessi; nessuno ha potuto né potrebbe trovarne traccia. Salvo, naturalmente, sul web, poiché si tratta di uno dei primi, ancorché rozzi, fake in circolazione. All’impiedi, dopo avere registrato un “promo” in italiano, ho detto - senza un testo, o tantomeno un “gobbo”, come scrive Mattioli - alcune frasi colloquiali in inglese che qualcuno si è procurato, ha riprodotto e messo online in versione pirata e “rallentata”.
Già che ci siamo, poiché ho dedicato tutta la mia vita a promuovere il mio Paese e la sua Capitale e i loro valori culturali ed economici, mi permetta di dire che il mio inglese è pratico, funzionale, non certo professionale (meglio il mio francese). L’ho usato senza prendere lezioni nell’ultimo mezzo secolo, e non pretendo di dare lezioni a chicchessia.
Un briciolo di onestà intellettuale potrebbe spingere chi ne voglia scrivere a verificare che da almeno trent’anni presiedo organismi internazionali in lingua inglese; che nel 2000, facendo da Cicerone in Campidoglio alla Regina Elisabetta e al Principe Filippo essi mi hanno adorabilmente “ricompensato” con la nomina onoraria a Knight Commander of the Order of the British Empire (difficilmente lo avrebbero fatto se avessi proceduto in modo grottesco); che ho potuto parlare liberamente e senza interpreti con migliaia di persone nel mondo (inclusi Biden e Trump).
francesco rutelli foto di bacco (2)
Non più tardi dell’altroieri ho svolto a braccio l’introduzione alla Conferenza “Transforming Biocities” dell’European Forest Institute e, alla fine, un universitario mi ha avvicinato dicendo: «Ma io avevo visto il video che la prende in giro, non pensavo se la cavasse così in inglese». «Sono cose che capitano - gli ho risposto - ai personaggi pubblici». Dubito che questa lettera riesca a soppiantare un video che a suo tempo fu virale. Ma almeno, caro direttore, la lasciamo agli atti.
ARTICOLI CORRELATI