Giulia Cazzaniga per la Verità - Estratti
umberto smaila con jerry cala'
Umberto Smaila, cantante, attore, cabarettista, conduttore, imprenditore… La ha una sua classifica personale di cosa mettere dopo il suo nome e la virgola? «Beh, di tutte queste la meno concreta è forse imprenditore, nel senso che è vero che feci un accordo con altri imprenditori - veri - per aprire locali con il mio nome che facevano musica dal vivo, da Poltu Quatu a Sharm El Sheikh…» .
E poi? «Poi è arrivato il Covid, e le restrizioni hanno fatto il disastro che sappiamo, soprattutto nel settore musicale, mentre altri hanno potuto continuare a lavorare».
Dovesse invece sceglierne la preferita, di definizione?
«Direi che sono un artista polivalente. Da sempre un saltimbanco, per dirla in breve».
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Umberto Smaila è poi stato - soprattutto? -Colpo Grosso.
«Un successo incredibile, che poi ha vissuto uno snobismo retroattivo. Concita De Gregorio scrisse qualche anno fa che io e Antonio Ricci con Drive In fummo l'origine di molta superficialità odierna».
Si arrabbiò?
«Ricci sì e rispose per le rime, io lasciai perdere perché conserva gelosamente alcuni articoli dell'epoca. Uno di Beniamino Placido su Repubblica, ad esempio, e uno di Francesco Alberoni che pur se su un settimanale femminile difendeva la mia trasmissione».
Le ragazze Cin Cin sarebbero oggi proponibili?
«Ma neanche per idea, figuriamoci. Probabilmente ci saremmo auto-arrestati all'auto-censura. Perché guardi che il problema non è certo il femminismo, ma il conformismo. Allora eravamo più spensierati, e senza tanti presunti problemi».
massimo d alema umberto smaila
Presunti?
«Le assicuro che neanche le suffragette sarebbero arrivate a omologarsi in questo modo. Quando avevo 20 anni era vietato vietare. Ora è vietato tutto.Anzi, soprattutto è vietata una cosa».
Cioè?
«È vietato parlare, e di conseguenza è vietato pensare. Qualsiasi cosa io le dica verrà interpretata in modo sbilenco, ritagliata e messa all'indice. Se non stai attento, è un attimo che vieni considerato uno sbandato».
Le pesa?
WOODY ALLEN CON UMBERTO SMAILA JERRY CALA - NINI SALERNO - FRANCO OPPINI
«Mi spiace più che altro che con questo andazzo pure i comici rischiando di non far più ridere. Perché non possono dire nulla. La stessa intelligenza di sinistra la pensava diversamente, allora. Ricordo Dario Fo che prendeva in giro Fanfani chiamandolo “Fanfanolo”. Oggi si sarebbe beccato una querela. Oscurantismo culturale, altroché, ecco quel che stiamo vivendo. Sempre che io possa permettermi di dirlo».
Che cosa le manca?
«Sono della generazione che ha adorato Oscar Wilde, Hemingway, Truman Capote, gente che si beveva otto Bloody Mary e poi produceva opere meravigliose».
Ci si godeva di più la vita?
«Sobbalzai quando Umberto Eco scrisse che mentre Berlusconi faceva i suo partito lui andava a letto presto dopo aver letto la Critica della ragion pura di Kant. Gli risposi con un editoriale su Playboy, allora, citandogli Leonard Bernstein che dopo due pacchi di Marlboro e aver ballato in discoteca, gay conclamato, era diventato uno dei più grandi musicisti del Novecento».
Qualcuno ci riesce oggi?
«Per me - e dovrebbero dover letto in tanti, per capire cosa sta succedendo oggi nel mondo - è stato fondamentale leggere Houellebecq. Sottomissione, soprattutto».
Com'è che stiamo sfiorando l'intervista all'intellettuale?
«Me lo sto chiedendo anche io, stiamo volando troppo alti, e poi intellettuale no, eh, non scherziamo. Mi nutro di letture, ascolto le sinfonie di Gustav Mahler, e sono disposto a confrontarmi con chiunque, ma intellettuale è una parola che rifuggo, mi raccomando. Tra i miei più cari amici c'è Stefano Bonaga, che è un comunista fatto e finito, eppure tra noi c'è un dialogo meraviglioso perché lui ti sa parlare di LeBron James come del clavicembalo ben temperato. Non è uno scienziato della filosofia, e io voglio arricchirmi nel parlare con gente come lui».
Non intellettuale, quindi, ma ancora godereccio, Smaila?
jerry cala umberto smaila delitti e profumi
«Ah non glielo nascondo. Stasera mangerò dei tortellini in brodo. E conservo il vizio del sigaro, o meglio del Toscanello, riservandomi un Havana solo dopo le cene importanti, magari accompagnato da un Calvados come il commissario Maigret. Sempre con moderazione, eh, che poi tanto non ce n'è uno che mi abbia mai visto ubriaco in vita mia. Più che altro, sa cosa non vorrei mai perdere, nella vita?».
Cosa?
«La curiosità. La voglia di conoscere, divertindomi, anche con un po' di presunzione».
Nacque a metà del Novecento da esuli fiumani. Nei giorni di Sanremo qualche polemichetta l'ha riguardata, si temeva salisse sul palcoscenico a parlare di Foibe… «Sa che i miei facevano lo stesso lavoro dei genitori di Mussolini? Papà - Guerrino - era fabbro, mamma Giuseppina detta Mery era insegnante. È stata lei a scrivere della storia della mia famiglia in un libro (Fiume, la casa oltre il confine, edizioni Historica, ndr) e di recente sono stato ospite a Montecitorio a ricordare le Foibe».
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E la Meloni? Le piace?
«Più che altro trovo ingiuste le tante critiche. Mi stupisce che i portatori del concetto di patriarcato non le rendano onore al merito, e neppure chi conosce numeri e bilanci. Per il resto che posso dirle: non l'ho mai incontrata ma mi sembra simpatica. Ho allenato lo sguardo confrontandomi con il pubblico pagante in sala, a teatro: penso di saper capire molto dalle facce delle persone».
Al centrodestra quanto manca Berlusconi? E lei?
«Non lo frequentavo così spesso, ma abbiamo cantato insieme in alcune feste, e poi era il presidente del mio Milan, e ha persino risollevato il cinema e la tv nostrana, dando da mangiare a tanta gente. Lui era un anticonformista vero, pur con il suo tono di voce da frate minore e con il suo andare in chiesa. Uno che sapeva godersi davvero la vita».
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