Fulvio Abbate per mowmag.com
Lo scrittore Fulvio Abbate ha deciso di diffondere attraverso MOW il suo trattato dedicato a una categoria dell’essere sociale e professionale definita “amichettismo”, che inquadra il contesto letterario, mediatico, editoriale, radiofonico “di sinistra” e la sua conseguente ambizione. Un omaggio ai lettori che, attraverso la nostra testata, è scaricabile gratuitamente (di seguito il link)
Ciò che viene offerto ai lettori di MOW è il pdf gratuito del recentissimo trattato dello scrittore Fulvio Abbate, “L’amichettismo”, dedicato, appunto, a una categoria dell’essere sociale e professionale che lo stesso Abbate ha voluto sancire già da qualche anno con questo lemma ormai attestato nel dibattito e nella discussione pubblici. Dove l’amichettismo inquadra il contesto letterario, mediatico, editoriale, radiofonico, segnatamente “di sinistra”, nella sua prassi d’ambizione sistematica quotidiana. Si tratta di una seconda edizione ampiamente riveduta e corretta che fa seguito a una prima stesura diffusa dal suo stesso autore lo scorso mese in forma ristretta attraverso WeTrasfert. Buona lettura e diffusione.
Fulvio Abbate nei mesi scorsi è stato insignito dell’onorificenza di Officier des Art et des Lettres dal Ministero della Cultura Francese. Il suo recente romanzo, “Lo Stemma”, un anti-Gattopardo, che ha tema la mediocrità come talento, è pubblicato da La nave di Teseo.
L’AMICHETTISMO
Estratto del libro “L’Amichettismo” di Fulvio Abbate
L’amichettismo non possiede autentico pensiero sulle cose del mondo, si affida semmai alle emoticon, ai cuoricini. L’amichettismo, socialmente, umanamente parlando, mostra un insieme chiuso di relazioni per lo più interessate. Il pensiero del singolo, dell’individuo, della persona si ritrova così sostanzialmente, al suo interno, precluso; assente è ogni vera libertà, negata la stessa fantasia, resta il dominio del conformismo. Ogni dialettica e giudizio propri cancellati, in nome di una ricattatoria complicità che potremmo definire tardo-adolescenziale.
L’amichettismo non custodisce autentiche parole, preferisce semmai il silenzio della complicità, i sottintesi, gli atti di fede. “Giuro…”, “Ti giuro…”, “Per te, per noi, sempre ci sarai, ci saremo…”, ed ecco l’ennesimo “smile”, le ciglia accostate, la bocca socchiusa, le promesse di eterno, stupido, amore militante.
La lingua dell’amichettismo racconta un educandato ricattatorio, e mette fuori tutti gli altri. L’Altro, il mondo esterno al suo perimetro, al suo giardino fiorito di belle intenzioni percepito come sospetto, “nemico”, ombra minacciosa. 5 Nelle “comitive” del tempo analogico esisteva, sì, un dovere di piccina e candida complicità, primitiva solidarietà da “muretto”, “baretto”, “piazzetta”, “tavernetta”, “cantina”, tuttavia temporaneo, pronto a svanire con l’età adulta, così nel ritrovato disincanto dell’ironia infine conquistata.
L’amichettismo pretende invece un’adesione perenne, ideologica, propria del ricatto sentimentale, qualcosa di pervasivo, claustrale, un patto di potere illimitato, eterno. “Tu stai con noi, tu sei noi…” Ancora emoticon: cuore, cuoricino, faccina che stringe a sua volta l’ennesimo sospiro ipocrita, e un altro piccino cuore ancora.
Un patto prossimo al giuramento di sangue dei mafiosi, travestito da solidarietà edificante; talvolta presuntamente “politica”, “civile”. Ogni altra parola, ogni altro segno, ogni distinguo, ogni gesto, nulla di tutto ciò è ammesso, compreso, accettato in presenza dell’attitudine amichettistica. La libertà personale infine cessa, muore, spira, addirittura risulta imperdonabile. Il prezzo da pagare per sentirsi parte del medesimo contesto.
6 *** L’amichettismo ha la pretesa sovrana di mostrare il Lato A del Bene. Nel Lato B si trova l’Altro, l’estraneo, l’escluso, la persona sospetta. Colui che c’è modo di marchiare come “rosicone”, lessico plebeo eppure utilizzato anche dai “laureati”, dai lettori delle rubriche di Concita De Gregorio. Si tratta di una propensione che nulla ha di virile, semmai una manifesta femminilizzazione del consenso all’interno di un insieme umano ristretto e definito, impenetrabile al “diverso”, a chi non sia riconosciuto appartenente alla medesima “razza gentile”. WhatsApp cinto dal reticolato virtuale della solita complicità.
L’amichettismo, tendenzialmente, per sua natura, si è imposto in un contesto subculturale che per semplicità definiremo “di sinistra”, nella convinzione manichea, quasi carceraria, che l’altrove sia da guardare, appunto, con sospetto. In nome di un obiettivo etico superiore. Eppure non c’è mai un vero sentimento antifascista nell’amichettismo.
7 Le figure dell’amichettismo negano ogni autentico scambio di opinioni, idee, pensieri, note, chiose, impegnate come sono nel frattempo a montare di guardia alla trousse delle loro ragioni superiori indiscutibili. L’intelligenza, il pensiero critico, il liberatorio narcisismo individuale, personale, intimo, si ritrovano negati sotto un macigno in definitiva cattolico; la parola, la laicità sostituita da moine, ammiccamenti, espliciti e impliciti abbracci in presenza e perfino a distanza, sentimenti da fine quadrimestre in attesa della partenza per le vacanze della dialettica.
L’amichettismo, letterariamente parlando, assomiglia al tombolo da ricamo, all’imparaticcio a punto croce, evoca ancora strazianti, edificanti sospiri e ditalini, e tuttavia non c’è nulla di davvero profondamente erotico nella sua essenza. Piuttosto petting presuntamente intellettuale proprio di un’adolescenza estenuata ed estenuante: il possesso, l’atto di fede e appartenenza elevati all’ennesima potenza fucsia. Suo proprio colore simbolico, allegorico, “package”, la stessa confezione, la stessa tinta delle confezioni di candelette vaginali. Così nella convinzione della purezza, nell’incapacità di riconoscere il dissimile, nell’impossibilità di presentarsi al mondo, appunto, muovendo, ripeto, dal proprio sentire individuale.
8 L’amichettismo, si sappia, è una prerogativa, un’esclusiva della sinistra “con prenotazione obbligatoria”. A Destra, tra “fascisti”, tutto ciò si chiama invece atto di fede, rito del “Presente!”, “A noi!”, “Boia chi molla!”, e ancora baciamano a madama la marchesa, stretta di mano al generale di corpo d’armata, al notaio, al commercialista, inchino a sua eminenza. Il Rolex, si sappia, a dispetto dei luoghi comuni pronunciati dalla gente e dalla pubblicistica di destra, è prerogativa “borghese”, a sinistra si predilige semmai la linea Serra&Fonseca, prodotta da Michele Serra e moglie, Giovanna Zucconi.
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Così annunciato dallo stesso Serra nel bugiardino “d’autore” accluso nella confezione: “Un nuovo profumo, che è anche una nuova maniera di usare il profumo. Di vivere il profumo, di giocare con il profumo. Eau de Moi è una magnifica fragranza unisex. Eau de Moi racconta in maniera ipnotica una natura dalle vibrazioni ancestrali. È insieme rullo di tamburi e canto mistico, è opulenza e astrazione. È materia primigenia (i legni, le terre, il fuoco, il mare) ma ha anche la grazia del paesaggio italiano che le generazioni hanno trasformato in un’opera d’arte”.
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Sempre a sinistra, l’amichettismo viene coltivato come un fiore, un fiorellino, campanula di un dovere morale, idealizzato falansterio pervasivo dove il calore è comunque solo apparente, subordinato alle 9 gerarchie interne, nessun vero “soccorso rosso”, solo valore d’uso e di scambio nuovamente circonfuso di emoji. I guardiani, le guardiane, i portinai, le portinaie morali, le vigilesse, le custodi, le badesse, i badessi, le arpie, gli arpii dell’amichettismo giungono storicamente da una subcultura politica che per convenzione definiremo “buonista”, assente a ogni affermazione del conflitto. Negata è così la rivolta individuale, depotenziato in senso nuovamente sentimentale il nome stesso del filosofo Albert Camus, mai più “Mi rivolto, dunque siamo”.
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Tutto ciò possibilmente in funzione di un obiettivo d’ambizione professionale - “carriera”, direbbero i semplici - sovente letterario, spettacolare, mediatico, giornalistico, festivaliero indicato tuttavia come “etico”; una forma di puro controllo del territorio dell’ambizione. Non c’è mai vero scambio di informazioni nel contesto, nell’insieme, nel “imbuto magico”, nell’angolo-cottura e nell’angolo-bagno degli amichetti e delle amichette. Perfino l’idea di “sorellanza” mostra qualcosa di claustrale nella realtà quotidiana e relazionale dell’amichettismo, sempre pronto per l’ennesima volta a negare l’estro, la fantasia della persona; finanche l’eros.
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