Roberta Scorranese per il “Corriere della Sera” - Estratti
Sessant’anni insieme con Amedeo Pagani.
Se lei dovesse racchiudere in una parola questo amore come lo definirebbe?
«Culo».
Barbara Alberti, siamo sul «Corriere della Sera».
«Va bene: una enorme fortuna. Una vita insieme, anche se per una decina di anni, in passato, ci siamo lasciati».
Separati o divorziati?
«Non ricordo».
Ma come?
«Se avessimo divorziato me lo ricorderei, o almeno ricorderei la trafila legale. Chissà».
Ma l’amore resisteva.
«Resistono altre cose più grandi, come il piacere di stare insieme».
Condividete due spazi diversi di questa bella casa, quartiere Trieste, a Roma.
«Ma soprattutto leggiamo ad alta voce, ogni giorno. Abbiamo provato con la Bibbia ma ci siamo fermati perché ci abbiamo trovato cose durissime, troppo anche per noi».
E che cosa state leggendo adesso?
«Una cosa meravigliosa, le “Metamorfosi” di Ovidio. Giove che ne combina di ogni, la gelosia di Giunone, il sesso, la passione, la magia».
Avete due figli, ormai grandi, Samuela e Malcom.
«Sono arrivati tutti e due nei periodi di tempo in cui io prendevo la pillola, vatti a fidare degli anticoncezionali».
Che genitori siete stati?
«Matti. Giravamo il mondo, la prima è venuta sempre con noi, il secondo è rimasto più a casa. Bambinaie e camerieri, ma erano altri tempi».
Che tempi?
«Tempi folli, in cui se ci mettevamo in testa di fare un film (Pagani è un produttore, Alberti ha scritto numerosi soggetti, ndr ) eravamo pronti a tutto. Anche a venderci la casa. Ma era un modo diverso di fare le cose, appassionato, senza riserve. Oggi sarebbe assurdo, oggi tutto è marketing e mercato spicciolo».
Guadagnavate tanto?
«Un mese eravamo ricchi, quello dopo ci manteneva il droghiere dell’angolo. Ma quando il cinema pagava, pagava sul serio. Questa casa, per dire, l’abbiamo pagata facendo uno dei film con Bud Spencer e Terence Hill, “Più forte ragazzi”».
Be’, erano successi indiscutibili al botteghino.
«Sì, ma ci diedero i soldi sull’unghia, facendo un calcolo di progressione aritmetica per prevedere gli incassi».
Avevano fiducia in voi.
«Si aveva fiducia nei giovani, mica come oggi che li mandano al diavolo. Il mondo era giovane, la vita era giovane. Age e Scarpelli, Sonego, tutti i grandi sceneggiatori accoglievano i giovani e li aiutavano».
Perché vi siete lasciati con Amedeo, a un certo punto?
«Perché io l’ho tradito».
Con chi?
«E secondo lei io adesso glielo dico?».
Ma lei è mai stata tradita?
«Sì, tanto tempo fa da un mio ex. È andata che una sera lui mi dice che va a giocare a carte a casa di Lina Wertmüller, ma io chiamo Lina e di lui manco l’ombra. L’ho messo gentilmente alla porta».
Lei, Barbara, le corna non le sopporta proprio.
«Mi fanno diventare matta».
Si è mai innamorata di una donna?
«Magari».
È così difficile?
«Il fatto è che l’amore è per i coraggiosi, tutto il resto è coppia».
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Chi la conosce bene sa che, da giovane, lei ha perso la testa per un bellissimo gay.
«Sì, ma non dirò altro, nemmeno sotto tortura».
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Però c’è un mercato che preme molto per incentivare il sesso dopo gli 80.
«Ridicolo. Ma che senso ha spingere affinché si faccia sesso da vecchi? Lo fanno solo perché hanno capito che noi vecchi abbiamo i mezzi per consumare e allora incentivano l’eros. Lasciateci in pace».
È un appello?
«Prima c’era il confessore che ti chiedeva: “Quante volte lo hai fatto?”. E dovevi dire la penitenza. Oggi c’è il sessuologo che ti chiede: “Quante volte non lo hai fatto?”. E se non sei nella norma, dice che sei malato».
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Non siamo liberi, negli anni Settanta lo eravate?
«C’era una allegra promiscuità che non scandalizzava nessuno. Noi, in casa, accoglievamo amici che restavano anche per giorni. Me ne ricordo uno, che mi faceva tanto ridere, arrivava qui con decine di persone e si chiacchierava e rideva da mattina a sera. Il suo nome era Franco Battiato».
Uno dei peggiori pregiudizi sulle donne è che mancano di senso dell’umorismo.
«Uh, se non ne avessimo avuto ci saremmo estinte da secoli». Con tutto quello che abbiamo dovuto sopportare? «Sì, però un vantaggio lo abbiamo: a letto non dobbiamo dimostrare nulla, non c’è l’ansia da prestazione».
Presto sarà tra i co-conduttori di «Rebus», su Rai3.
«La televisione, se fatta bene, mi piace e fa per me».
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