Estratto dell’articolo di Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
La fatica in tv sembra meno fatica, anche se la fatica non conosce scorciatoie. In video, perché abbia senso, deve materializzarsi, prendere una forma, presentarsi a noi sotto forma dell’eccezionale. Non ricordo di aver visto in tv una corsa come il Mondiale di ciclismo su strada che domenica si è corso a Glasgow.
In sette ore è successo di tutto, prima che Mathieu van der Poel tagliasse il traguardo in solitaria: dalla protesta ambientalista di cinque attivisti che si sono letteralmente incollati sullo stretto asfalto della campagna scozzese alla caduta di Matteo Trentin contro una transenna, dagli scatti continui, senza un attimo di respiro, alla scivolata di van der Poel a pochi chilometri dal traguardo che ha impresso alla corsa un finale thriller.
[…] lo spettacolo offerto dalla corsa su strada è una di quelle pagine che la tv iscriverà nel suo albo d’oro: fatica, appunto, imprevedibilità, colpi di scena, cadute, azzardi, il coraggio di Alberto Bettiol e la certezza di un finale che si trova solo nei canti epici, quando a vincere, nonostante tutto, è il migliore.
Per gli italiani è un momento poco fortunato: non per le cadute, non per gli imprevisti, non per le tattiche sbagliate ma per il fatto di non avere un campione all’altezza di un ciclismo che sta toccando vette impensabili: Wout van Aert, Tadej Pogacar, Jonas Vingegaard, Remco Evenepoel, Mads Pedersen, solo per citarne alcuni.
Per non fare impossibili paragoni con il passato del ciclismo, sembra di rivivere i momenti in cui nel tennis si sfidavano Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic.
Se ci si rivolge a un pubblico di appassionati, come fa Eurosport, va benissimo la telecronaca di Luca Gregorio, Riccardo Magrini e Moreno Moser, ma se ci si rivolge a un pubblico più generalista il racconto di Stefano Rizzato e Alessandro Petacchi su Rai2 è parso non in grado di cogliere il meraviglioso che stava succedendo, non solo in termini sportivi. Non è un ciclismo d’altri tempi, è il ciclismo del nostro tempo: un ciclismo che solo la tv può narrare in forme nuove dall’inizio alla fine.
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