Elvira Serra per il Corriere della Sera
I primi ricordi con suo padre?
«Le piccole magie per farmi accettare una puntura. Faceva comparire una moneta dietro il mio orecchio, una volta perfino un pulcino. La cosa più incredibile era quando si infilava una sigaretta accesa nella bocca, e poi l'apriva con la cicca ancora incandescente».
Momenti solo vostri?
«Le pernacchie sulla pancia, le penniche distesa a pelle di leone su di lui, le sue smorfie per farmi ridere, la barba che odorava di pulito. Il profumo inconfondibile, Eau d'Orange Verte di Hermès. Ho continuato a sentirlo anche dopo che se ne è andato».
Lo useranno in tanti...
«No, era lui. Mi è successo mentre scendevo dal furgone con cui trasporto i miei quadri. Ero sola e ho sentito quel profumo fortissimo».
Cristiana Pedersoli, Cri Cri per il suo papà, ha avuto un padre XXXL. Che non era soltanto la taglia dei suoi indumenti, ma anche la misura della sua celebrità (quando Benigni vinse l'Oscar con La vita è bella , il settimanale Time lo definì l'attore italiano più famoso al mondo).
Bud Spencer, al secolo Carlo Pedersoli, attore, imprenditore, atleta, cantante, pilota d'aerei, armatore, marito e padre, ha lasciato questa terra il 27 giugno di quattro anni fa alle 10.30 del mattino, circondato dalle persone che amava. Il 17 uscirà in libreria Bud. Un gigante per papà (Giunti, 160 pp., 16,50 euro) scritto dalla secondogenita Cristiana, 57 anni, pittrice e scultrice. Prima di lei c'è Giuseppe («Peppotto»); dopo, Diamante («Didda»).
Quando si è accorta che suo padre non era solo «suo»?
«Quando sono andata a scuola e ho visto l'emozione negli occhi dei miei compagni di classe».
Era gelosa?
«No, mai stata. Ricordo invece una volta in cui mio padre andò a incontrare gli operai della Fiat e ci portò con sé. Mio fratello, vedendolo assediato, cominciò a prenderlo a pugni sulla pancia».
I film li conoscerà a memoria. Il suo preferito?
« Piedone lo Sbirro , perché è il personaggio che lo rappresenta totalmente per la sua umanità, la difesa dei deboli, il senso di giustizia, l'empatia, la napoletanità. E poi anche per la musica. Una volta sono andata da un ferramenta a Morlupo, dove abbiamo la casa di famiglia, e appena sono entrata, dalla radio è uscita la colonna sonora».
Sembra che suo padre non smetta di comunicare con lei.
«La cosa più significativa è successa un paio di mesi dopo che non c'era più. Un fan continuava a scrivermi dicendo che papà voleva che cercassi tra i cassetti di una credenza in radica con una ribaltina. La descrizione era molto precisa, ma io non avevo un mobile del genere e non ricordavo che ci fosse a casa dei miei genitori...».
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E invece...
«Insisteva e infine, nella camera da letto di mia madre, ho trovato l'armadio. Nei cassetti c'era un astuccio con una foto di mio padre abbracciato a sua madre, nonna Rina. Voleva dirmi che erano insieme e stava bene...».
Terence Hill?
«È come uno zio. Quando avevo dieci anni ero innamorata di lui, era di una bellezza incredibile, con modi sempre gentili e affabili. Lui e papà erano agli antipodi, ma erano due gentiluomini e il fatto di essere entrambi credenti li univa. Ogni tanto viene a cena a casa di mamma, ci lega un affetto profondo».
Nel libro scrive che il giorno del funerale è stato uno dei più belli della sua vita.
«So che può sembrare brutto. Ma c'era così tanto amore, quel giorno, eravamo tutti così orgogliosi di stringere le mani di migliaia di sconosciuti per i quali papà era stato importante. Uno si presentò in tuta e scarpette: era arrivato in bici da Napoli».
Suo padre è sepolto al Verano: lo vanno ancora a trovare?
«È nella cappella di mio nonno materno (Giuseppe Amato, produttore della Dolce vita , ndr ). I suoi fan continuano a lasciare lettere stupende, scatole di fagioli, magliette da tutto il mondo. Alcuni doni li lasciamo lì, altri li conserva affettuosamente mamma».
Perché questo libro?
«Avevo bisogno di mettere per iscritto il mio papà e i miei ricordi, perché la figura di Bud Spencer era troppo predominante. Volevo raccontare che era altro. Era mio padre».
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