Gaia Cesare per “il Giornale”
Come se non bastasse aver paragonato le adozioni omosessuali alla pedofilia (il presidente del Parlamento ungherese, László Kövér, a maggio). Come se non fosse bastata la campagna mediatica contro Billy Elliot, che ha portato alla cancellazione di 15 date del musical sul ragazzino gay a Budapest. «Rischia di trasformare i piccoli ungheresi in omosessuali», ha scritto cinque mesi fa il quotidiano conservatore Magyar Idok, vicino al governo.
Adesso l' Ungheria decide di abbandonare l' Eurovision Song Contest, l' appuntamento musicale annuale organizzato dall' Unione Europa. E la ragione (ufficiosa) della marcia indietro per l' appuntamento del 2020 è che si tratta di un evento «troppo gay». Una spiegazione non ufficiale, ovviamente, ma fornita al sito ungherese index.hu da fonti interne che lavorano nei media del Paese e confermata al britannico Guardian da altre fonti della tv di Stato Mtva.
Vicina all' alba del primo decennio dell' ultraconservatore Viktor Orbán al governo, l' Ungheria è stata esplicitamente condannata dal Parlamento europeo l' anno scorso per «evidente rischio di violazione grave dei valori» europei. Di mezzo ci sono le politiche contro i migranti, dopo la costruzione di due barriere ai confini, per impedirne l' accesso. Ma anche la retorica e le mosse anti-aborto e contro la comunità gay, intensificatesi dal 2011, da quando Orbán e il suo partito Fidesz hanno approvato la nuova Costituzione, incentrata su un nazionalismo di ferro, la difesa della famiglia come unione fra un uomo e una donna, cioè contro i matrimoni omosessuali, e della «vita del feto, dal concepimento» in funzione anti-aborto.
Ora il salto di qualità, nei confronti di un appuntamento musicale e mediatico come l' Eurovision che nel 2014 ha visto trionfare Conchita Wurst, drag queen austriaca, e l' anno scorso l' italiano Mahmood, deciso a non voler parlare della sua sessualità: «Specificare significa già creare una distinzione», ha detto la star italiana.
Il portavoce di Orbán ha definito «fake news» le notizie sull' addio al festival perché «troppo gay» e la tv di Stato Mtva non ha voluto spiegare le ragioni della retromarcia. Ma il direttore del settimanale Magyar Demokrata, András Bencsik, di estrema destra e filogovernativo, durante un' ospitata televisiva ha esplicitato il legame, definendo l' appuntamento musicale «una flottiglia omosessuale», una sorta di corazzata gay: «La distruzione del gusto pubblico, durante questo evento, avviene con travestiti che urlano e donne barbute», ha detto riferendosi all' eccentrica Conchita Wurst e probabilmente anche all' artista francese Bilal Hassani, che l' anno scorso era all' Eurovision, a rappresentare la Francia, dopo il coming out avvenuto alla vigilia del Gay Pride di Parigi del 2017.
«La notizia della mancata partecipazione dell' Ungheria non mi sorprende - ha confermato al Guardian una fonte di Mtva - Fa parte della cultura della tv pubblica, che da sempre scoraggia la copertura positiva dei diritti della comunità Lgbt, compreso il Gay pride di Budapest».
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