Mario Luzzatto Fegiz per “Sette - Corriere della Sera”
«Ho capito che non è finita anche quando i titoli di coda sono già passati», proclama una lucida e vivace Loredana Bertè. La maschera tragica di qualche anno fa è sparita; al suo posto una serena consapevolezza. Ma il dolore e la rabbia covano sotto la cenere e sublimano in una forte progettualità. Il suo libro ‘’Traslocando’’ edito da Rizzoli è alla terza ristampa, ma la partita con il grande pubblico sul terreno musicale si gioca in questi giorni con un album dal titolo emblematico ‘’Amici non ne ho... ma amiche sì’’, 17 cover di successi del repertorio Bertè realizzate in duetto con altrettante colleghe fra le quali Patty Pravo (Mi manchi), Fiorella Mannoia (motore del progetto – con Il mare d’inverno e In alto mare), Elisa (E la luna bussò), Alessandra Amoroso (Sei Bellissima), Paola Turci (Luna).
LOREDANA BERTE TRASLOCANDO BIOGRAFIA loredana berte
L’album contiene due canzoni inedite destinate a far rumore: ‘’È andata così’’ scritta da Ligabue, molto rock, che offre un disincantato bilancio sintetico della travagliata e affollata vita dell’artista, e un’altra, davvero incredibile, intitolata ‘’Il mio funerale’’, ironico brano scritto da lei e da un autore sconosciuto, tal Maburno, sui colleghi che sistematicamente piangono a uso delle telecamere ai funerali. «Vi son di quelli» dice Loredana «che non se ne perdono uno e beatificano l’artista appena deceduto». Esilaranti i versi in cui immagina le proprie esequie: «La mia foto in prima pagina, nome a carattere cubitali... non ve lo perdete! Unica data! Non c’è replica!».
loredana berte, platinette e aida cooper
Com’è nato il progetto dei duetti? «Da un’idea di Fiorella Mannoia con la quale condivido, oltre che stima e amicizia, l’astio contro Renato Zero, che ha avuto dei comportamenti discografico-finanziari scorretti nei nostri confronti (per usare un eufemismo). Insomma, niente di meglio di un comune nemico per suggellare l’alleanza e festeggiare così quarant’anni di carriera. Fino ad adesso le coalizioni musicali, tipo quella di Morandi e Baglioni in Capitani Coraggiosi, erano una prerogativa maschile. Per la verità, un uomo nel progetto c’è: Carlo di Francesco, che ha cesellato gli arrangiamenti. Fra i più belli quello di E la luna bussò affidato a Elisa. Fu un reggae ante litteram per il quale abbiamo fatto arrivare dalla Giamaica il percussionista di Bob Marley».
Dal suo ultimo libro si ha l’impressione che lei tende a vedere il mondo solo attraverso le proprie ferite.
«È vero. Tanti anni fa ho litigato con la vita e così, in conflitto con lei, ho vissuto tutti questi anni. No, non ho fatto la pace con il mondo. Purtroppo il tempo non cancella tutto, anzi non cancella niente. Ma i bilanci si fanno alla fine. Io vivo questo momento non come una fine, ma come un nuovo inizio. Ho voglia di fare un sacco di cose, per esempio doppiare un film di Tim Burton, che ne so, La sposa cadavere che era il mio preferito».
Un’infanzia davvero infelice, genitori cattivi, un padre descritto come un mostro, gli inizi al Piper Club, un rapporto complesso di amore odio con la sorella Mia Martini morta prematuramente il 12 maggio 1995, una forte personalità passionale e trasgressiva. Nella sua vita due figure maschili fortemente negative: suo padre e Borg. È riuscita a superare queste laceranti esperienze? E c’è qualche uomo che si salva?
«Direi nessuno, a parte Mario Lavezzi. Zero è stata la delusione più grande. Ormai crede di essere Dio».
Qual è stato il suo percorso umano e artistico?
«Ho cominciato a lavorare nelle cantine, quando il Teatro Sistina non ci voleva. Bill Conti e Tito Schipa jr mi portavano in giro per le case discografiche (inutilmente perchè ci cacciavano). Poi andai a Città del Messico e, mentre mi trovavo lì, appresi che stavano mettendo assieme un cast per una versione italiana di Hair. Così decisi di tornare a Roma, non prima di avere fatto una capatina a New York per vedere la versione originale del musical. Imparai la parte a memoria, arrivai al provino preparatissima e mi affidarono il ruolo di Jeanie (che in una scena appare completamente nuda)».
«Per gli uomini che ho amato» ricorda Loredana «ho sempre fatto follie. Io amavo le sorprese e decisi di farne una al mio ragazzo di allora, Roberto Berger. Io volavo spesso a Boston dove lui studiava (o faceva finta). Decisi di fargli una sorpresa per il suo compleanno e mi presentai a casa sua infiocchettata come un pacco regalo. Mi ero conciata così sul taxi, con l’autista che mi prendeva per matta. Ma lui non c’era, o meglio probabilmente era con un’altra. Scoprii anche che era ricchissimo, mentre io tiravo la cinghia per volare da lui. Non mi rimase che prendere la mia valigia, disfarmi dei fiocchetti e tornare all’aeroporto. Mai fare sorprese».
In questi anni difficili chi le è stato vicino?
«Nessuno. La mia famiglia è stata l’agenzia che cura le mie serate».
Trasloca spesso?
«Sì, ma inutilmente. Io in qualche modo attiro sempre rumori, calcinacci e risse condominiali: nella casa di via Ariosto a Milano mi allagavano e mi assordavano i vicini del piano di sopra, in una casa di via Compagnoni c’era davanti un cantiere stradale sempre aperto. E indovini dove abito adesso? Proprio davanti al cantiere principale della linea 4 della metropolitana. In passato mi ribellavo spaccando tutto con una mazza da baseball. Adesso metto le cuffiette a tutto volume e sopporto».
Com’è nata la collaborazione con Luciano Ligabue per il brano È andata così?
«Io non l’avevo mai conosciuto. Ha fatto tutto Fiorella Mannoia. Lui ha accettato di scrivere il brano a condizione di potermi parlare personalmente. E l’incontro c’è stato nell’hotel di Roma dove lui trascorre le vacanze estive. Mi sembra una scelta intelligente invece di farsi deportare in qualche minuscolo atollo della Maldive. Piscina e musei. Ha scritto il brano, l’ho inciso e lui, dopo avermi abbracciato, mi ha detto una cosa bellissima: “Nel tuo canto si avverte la presenza di Mimì”».
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Che cosa pensa dei talent show?
«Ho partecipato ad Amici e ci ritornerò fra poco. Per me è stata una grande sorpresa. Non pensavo di essere all’altezza, perché è difficile giudicare questi ragazzi. Amici mi piace perché include nella gara anche il ballo. Io sono sempre stata innamorata della danza ed ero pure amica di Bob Fosse. Ho fatto un provino e Maria De Filippi mi ha detto che funzionavo. È un lavoro faticoso, che implica attenzione e gusto per la ricerca. Cerco, anche in caso di bocciatura, di non infierire. Certo, se ti capita uno come Mattia Briga, un figlio di papà presuntuoso che non sapeva fare niente, allora mi arrabbio. Si rifiutava di cantare brani di Celentano, diceva che è roba vecchia. Sì, vecchia, gli dicevo io: 250 milioni di copie vendute in tutto il mondo, colui che ha inventato perfino una lingua inglese maccheronica. Tu a questo gli puoi pulire le scarpe».
Lei è sempre stata una lettrice di giornali, spettatrice di radio e tv. Ha un’idea politica?
«No perché non esiste politica, ma solo una massa di venditori di materassi, sì, tanti Mastrota. Sono tutti in tv e nessuno che lavora. Odio i talk show, per colpa dei quali un film annunciato per le 23 parte alle 0.30 perché Quarto Grado sfora di un’ora e mezzo. Una truffa per lo spettatore, come cambiare in corsa l’orario ferroviario».
Lei è rock?
«Io sono nata rock, io sono la quintessenza del rock, ma rock nello stile di vita, no a chiacchiere. Con quell’inferno di famiglia in cui sono cresciuta, rock voleva dire indipendenza».
Nel libro Traslocando lei fornisce descrizioni crude, giudizi spietati e taglienti.
«Ho scritto una prima versione con la pancia, poi l’ho riscritto in bella copia con la testa e con il cuore. Ma nudo e crudo alla Bukowski. Oggi ho qualche acciacco, dopo che mi sono rotta il femore tre anni fa. Ho avuto una vita piena e intensa, ho scopato sotto centinaia di cieli azzurri e i miei 65 anni me li sono guadagnati. Però non me li sento. L’anagrafe non corrisponde a quello che sono io dentro. Ho ancora tante curiosità inappagate».
Ha ancora voglia d’innamorarsi?
«No, perché trovo così ovvi gli uomini, costruiti più sull’apparire che sull’essere. L’unico che è riuscito a stupirmi nel bene e nel male è stato Borg».
Rimorsi e rimpianti.
«Rimorso? Non aver mai detto più spesso a Mimì: “Ti voglio bene”, non aver preso quel telefonino che lei mi voleva regalare e che forse avrebbe potuto rendermi raggiungibile al momento buono. Rimpianti? Non aver fatto più guai di quelli che ho combinato».
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«Siamo di passaggio, l’intelligenza dovrebbe farci capire l’essenza di questo nostro stato transitorio terreno. Io spero ardentemente che ci sia un’altra vita dove re-incontrare mia sorella Mia Martini. Io credo che debba esistere una seconda possibilità, un girone di ritorno, per rimediare agli errori fatti in quello di andata».