1 - “I GIORNI DELLA CAGNA” – DI DANIELE AUTIERI
Settembre 2005, Caraibi. Un Jeanneau di 12 metri prende il mare, si lascia alle spalle l’uragano Katrina e inizia la traversata dell’Atlantico. A bordo, due uomini e 300 chili di coca piovuta dal cielo su gentile concessione del cartello di Maganguè. Un mese dopo gli skipper arrivano a Fiumicino dove li aspettano gli uomini della batteria di San Basilio, quelli che hanno comprato il carico e sono pronti a inondare di neve le strade di Roma.
Inizia così “I giorni della Cagna” (pagg. 498, Rizzoli), il romanzo scritto da Daniele Autieri che racconta la vicenda criminale di Claudio Accardi, un borghese qualunque, di buona famiglia e di scarse ambizioni, che un giorno decide di sfruttare il suo unico talento: andare per mare. Da quel momento Claudio è “lo skipper”, l’uomo capace di portare in solitaria carichi ingenti dal Sudamerica a Roma, e questo lo fa entrare nelle grazie e nelle confidenze dei boss.
Mafia romana, camorra, ‘ndrangheta, estremisti di destra: tutti lo vogliono e gli aprono le porte degli affari. Ma il denaro ha un prezzo e Claudio lo paga assistendo alla guerra sanguinaria che nel 2011 lascia oltre trenta cadaveri sulle strade di Roma. Da un lato le batterie (Tor Bella Monaca, guidata da Sandro e Bobo; Primavalle, nelle mani di Osso; San Basilio, controllata da Manolo); dall’altro le mafie, unite per ristabilire il loro potere.
Una guerra che non ferma gli affari: le truffe miliardarie con la complicità di grandi società; gli appalti pilotati e assegnati dalle aziende controllate dallo Stato; i denari nascosti nei paradisi fiscali.
E alle spalle di tutto il sogno di costruire un grande “partito criminale” (con la complicità di frange deviate dei servizi) che tuteli gli interessi delle mafie dall’interno del Parlamento, senza più bisogno di intermediari.
Perso nella sua corsa folle verso la ricchezza, Claudio Accardi diventa così testimone di una delle stagioni più buie della Repubblica, quella della truffa Fastweb-Telecom Sparkle, delle inchieste Finmeccanica, dei senatori eletti con i voti della ‘ndrangheta, e di una nuova criminalità che – mutuando l’esperienza eversiva dei Nuclei armati rivoluzionari – guarda alle istituzioni con l’intento, non di corromperle, ma di possederle. Figlio di questo parto violento è la Cagna: il patto segreto che in questi ultimi dieci anni mafia autoctona, mafia siciliana, camorra e ‘ndrangheta hanno siglato per prendersi Roma. E da lì, lo Stato.
2 - TRA COLOMBIA E FIUMICINO IL ROMANZO DI MAFIA CAPITALE. QUEI 500 KG DI COCAINA DA CUI TUTTO È COMINCIATO
Un brano del libro di Daniele Autieri “I giorni della cagna. La presa di Roma”
L’ufficio I è al secondo piano di un’anonima palazzina di via XXI Aprile, a pochi metri dal quartier generale della Guardia di Finanza. “I” sta per “informazioni”. Orecchie lunghe e ben addestrate raccolgono notizie in tutta Italia e le riportano in questo appartamentino di pochi metri quadrati dove vengono catalogate, analizzate e incrociate. Il senso è quello di prendere il polso al territorio, un po’ come fanno le cellule dei Servizi distaccate nelle province italiane: annusano, osservano, carpiscono, e quando serve segnalano. Negli anni l’archivio è cresciuto a dismisura e oggi buttare un occhio lì dentro significa conoscere i segreti di tutti. O quasi.
la cupola di mafia capitale carminati
Come ogni mattina, il Barbiere varca il portone dell’edificio alle 7.30 e passa un’ora seduto su una delle poltrone anatomiche della sala riunioni. Sorseggia un caffè americano, si confronta con il tenente di turno, studia le carte, analizza i dati, e alle 8.30 in punto si rimette in cammino per raggiungere via Cavour.
Un taxi lo lascia su via dei Fori imperiali, e da lì prosegue a piedi con la postura rigida e il passo svelto del militare. Raggiunta la bottega, guarda l’orologio con soddisfazione e apre la serranda. Poi entra, si chiude nello stanzino e indossa il camice bianco, tirando indietro con la gelatina lucida i pochi capelli rimasti. Il Sultano arriva sempre alle 9.30, ogni lunedì. Si sfila la giacca blu, siede sulla poltrona di pelle e si fa sistemare la barba.
"I contatti con gli amici dalla Calabria sono a buon punto" dice, "tra poco chiudiamo il triangolo".
"Da A a B a C", scandisce l’altro pensando ad alta voce, "ho sempre adorato la geometria".
"Un bel triangolo che ci porterà soldi a palate".
"Hai mai letto l’Antigone di Sofocle?" domande il Barbiere.
Il Sultano sorride. Tutti conoscono le citazioni di quell’uomo, ma lui, oltre al Mein Kampf e a Julius Evola, bazzica poco. Meglio tacere, allora.
"Il primato della politica", si spiega l’altro, "solo questo conta: il primato della politica".
Il Sultano rimane interdetto. "Che vuoi dire?" chiede.
"Il denaro si consuma, il potere invece si moltiplica. C’è uno spazio a Destra che aspetta di essere riempito e uomini fedeli pronti a rispondere alla chiamata alle armi".
"Prendersi il Parlamento, è questo che intendi?".
I due si scambiano un’occhiata complice. Il Barbiere strizza gli occhi e struscia una sull’altra le dita della mano sinistra.
"Non è forse questo il vostro sogno da quarant’anni? Prima le bombe, poi i militari, infine la P2. Quante volte c’avete provato?".
Il Sultano tenta di ignorarlo ma non è facile quando qualcuno calpesta la tua storia.
"Oddio", aggiunge il Barbiere per provocarlo, "a meno che non sia solo una questione di soldi…".
MAFIA CAPITALE - FERMO IMMAGINE DA UN VIDEO DEI ROS
L’uomo solleva lo sguardo e lo pianta nello specchio. Un riflesso obliquo e il passato è lì davanti: Renatino De Pedis, la strada, gli scontri in piazza, le armi, le bombe, le stragi.
Si porta la mano sull’addome, dove il dolore è più vivo, e mormora: «Non è mai stata una questione di soldi".