Francesco Curridori per "Lettera43.it"
Sotto quel tetto ci vogliono stare in pochi. E la polemica in casa Rai si infiamma. Attorno al limite di 240 mila euro per i compensi di manager, giornalisti e artisti che vanno in onda sulla tivù pubblica si è scatenato un fuoco incrociato tra le "vittime" e la dirigenza, con Bruno Vespa capofila della corrente ribelle. La presidente Monica Maggioni è intervenuta con una lettera sul Corriere della sera in cui si è detta sconcertata per la «deriva populista» che sta prendendo il dibattito e «che rischia di minare il valore del servizio pubblico».
CRITICHE DAL MONDO CATTOLICO. I vertici attuali di Viale Mazzini sembrano aver disatteso le aspettative iniziali e Michele Anzaldi, deputato del Partito democratico, renziano e membro della Commissione di Vigilanza Rai, spiega a Lettera43.it: «Non si è visto nessun cambio di rotta, l’informazione che rappresenta il fulcro del servizio pubblico è diminuita, i successi come I Medici, voluti dal grande Bernabei, Sanremo e Montalbano derivano dalle gestioni passate, e sono arrivate pure le dure critiche del mondo cattolico e dell’Osservatore Romano».
DOMANDA. La discussione sul taglio degli stipendi sta provocando tensioni anche tra il Pd e gli alleati del Nuovo centrodestra. Come si trova la sintesi?
RISPOSTA. Lo valuteranno i soggetti istituzionali coinvolti se ci saranno i presupposti per intervenire. Ma davvero il problema della Rai sono i mega salari di qualche decina di artisti e giornalisti? Servivano i compensi dei vip per vedere schierati sui giornali dg, presidente e consiglieri?
D. I vertici Rai hanno deluso?
R. Sono stati nominati durante il governo Renzi, che ha tagliato i maxi stipendi dei dirigenti pubblici, e da loro ci si attendeva un segnale. Invece sono andati avanti con assunzioni esterne e alla fine è intervenuto il parlamento.
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D. Chi ha ragione? La convince il ragionamento fatto dalla Maggioni sul Corriere?
R. La presidente dice solo ora che bisogna pensare a una serie di meccanismi per l'immissione di nuovi talenti che sfuggano al potere degli agenti. Bene, e allora perché non prendono subito un impegno preciso?
D. Come?
R. Il cda dica che da oggi la Rai si rifiuta di trattare con gli agenti, di sottoporsi all’intermediazione di procuratori e società che con i super cachet hanno contribuito a dopare il sistema.
D. Sanremo è stato un successo?
R. Sì, di critica e di pubblico. Complimenti a Carlo Conti e a Maria De Filippi. Ma era proprio necessario regalare cinque serate a Maurizio Crozza per lanciare la sua nuova trasmissione su una tivù concorrente?
D. Le sue copertine non le sono piaciute?
R. Erano le solite, senza alcuna innovazione rispetto a Ballarò e DiMartedì, per ridicolizzare Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e Sergio Mattarella di fronte a milioni di italiani. Cosa c’entra questo con Sanremo?
D. Perché è fallito il piano di Carlo Verdelli?
R. Tecnicamente perché è stato rigettato dal consiglio di amministrazione e dal direttore generale. Nella sostanza perché la Rai attuale sembra non avere in mente alcuna direttrice di marcia sull’informazione. Non ci sono idee diverse dallo smantellamento e dalla chiusura degli spazi informativi. Conduttori e direttori agiscono come repubbliche indipendenti.
D. Questa situazione come si ripercuote sugli utenti del servizio pubblico?
R. Se i telespettatori sono fortunati, come nei telegiornali, si riesce ad avere un’informazione equilibrata, altrimenti si scade in situazioni ai limiti della propaganda che mirano a favorire alcuni soggetti politici al di fuori da ogni regola deontologica. Ma i cittadini che pagano il canone non possono certamente affidarsi alla fortuna.
D. L'informazione Rai è in crisi. Lei l'ha criticata anche in occasione dei grandi eventi come il terremoto. Come si risolve questa situazione?
CAMPO DALL ORTO E MONICA MAGGIONI
R. Non tocca a me indicare soluzioni specifiche. Di certo ci vorrebbe quel progetto complessivo che finora è mancato. La prima decisione dei vertici attuali, una volta insediati, è stata quella di azzerare il Piano News di Gubitosi.
D. Di cosa si trattava?
R. Per quanto possa essere stato discutibile e imperfetto aveva passato il vaglio del precedente cda e della Vigilanza all’unanimità, grazie anche a una cifra ben precisa: 70 milioni di euro di risparmi annui.
D. Da allora non è cambiato nulla?
R. È passato più di un anno, ma ancora non si è vista nessuna nuova idea. A ogni visita internazionale dei vertici dello Stato ci sono sempre i soliti 3-4 microfoni Rai per servizi fotocopia: quanti erano a Malta l’ultima volta? E quando c’è un evento tragico, come un terremoto, telecamere e informazione Rai arrivano sempre dopo quelle private.
D. Ormai La7 sembra aver assunto il ruolo di servizio pubblico con un palinsesto ricco di informazione, mentre la Rai ne subisce la concorrenza, soprattutto dopo la chiusura di Ballarò e l'addio di Nicola Porro a Virus. Perché non si sono trovate alternative?
R. Perché ci si è affidati all’improvvisazione e all’arroganza. Sono stati assunti dall’esterno nuovi direttori di rete come Dallatana e Bignardi che hanno eliminato i due spazi di informazione in prima serata.
D. Scelte fallimentari?
R. Ballarò è stato rimpiazzato da un flop (Politics di Gianluca Semprini, ndr) che ha dato la prima serata del martedì a La7, mentre dopo Virus si sono fatti vari tentativi prima di tornare all’informazione. Servivano due direttori da oltre 300 mila euro ognuno per una gestione simile? Almeno rispettino il tetto dei 240 mila.
D. Calcio, Formula 1 e Olimpiadi sono tutti eventi che sono stati coperti prevalentemente dalle tivù private. Perché il cittadino che paga il canone deve spendere in altri abbonamenti per vedere lo sport?
R. In un mercato così concorrenziale come quello sportivo è difficile pensare che il canone possa bastare a coprire eventi che costano sempre di più. È chiaro che la Rai dovrà tentare di fare di tutto per mantenere le partite della Nazionale, sul calcio e non solo. Certo, viene da chiedersi perché determinati eventi portino introiti alle tivù private mentre la Rai li faccia in perdita, con spese enormi e risorse in campo a volte ben al di sopra del necessario.
D. A proposito del canone, qual è la sua posizione sulla riforma voluta da Renzi? Funziona? Sta diminuendo l'evasione?
R. Il canone in bolletta ha rappresentato un grande successo del governo Renzi. Per la prima volta nella storia della televisione italiana è sceso in maniera molto sensibile, passando da 113 a 110 euro e nel 2017 a 90 euro. Paghiamo meno, ma paghiamo tutti. Evasione azzerata, risorse certe per il servizio pubblico. Questo dovrebbe portare la Rai a sentire ancora di più la responsabilità del suo ruolo.