MAMMA LI TURCHI (ENZO PAOLO) - “SONO FIGLIO DEL DOPOGUERRA, ERAVAMO TUTTI POVERI. SONO CRESCIUTO GRAZIE A UNA PROSTITUTA. LA DANZA MI HA SALVATO, CARMEN RUSSO MI HA CAMBIATO LA VITA” – RAFFAELLA CARRA’ E IL TUCA TUCA, NUREYEV "MISOGINO", L’ISOLA DEI FAMOSI 2005 E LE EMORROIDI (“SONO STATO MALISSIMO, STAVO MORENDO”) - IL BALLERINO, A QUASI 75 ANNI, STA TORNANDO CON UN NUOVO MUSICAL - “NON SI PUÒ SMETTERE DI FARE QUESTO LAVORO”

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Silvia Fumarola per repubblica.it - Estratti

 

 

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Per milioni di italiani è ‘il ballerino di Raffaella Carrà’, il partner biondo del Tuca tuca: Enzo Paolo Turchi, classe 1949, danzatore e coreografo, è un pezzo di storia della tv. Simpatico e schietto, è orgogliosamente sentimentale: “Carmen (Russo) mi ha cambiato la vita”, spiega, “senza di lei e mia figlia Maria non posso stare, sono la mia famiglia. La mia fortuna è stata incontrarla”.

 

 

È cresciuto nella Napoli del dopoguerra, racconta l’infanzia da romanzo di Dickens con semplicità e la consapevolezza di chi ce l’ha fatta. Il 16 agosto porta alla Versiliana il musical Flashdance, di cui cura la regia e le coreografie (produzione Luna di miele). “Non si può smettere di fare questo lavoro, perché non è un mestiere. È una passione che dà da vivere”.

 

 

Viene da una famiglia di artisti?

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“Diciamo di sì. Mio nonno era primo oboe al Teatro San Carlo di Napoli, l’altro nonno timpanista. Ho vissuto un’infanzia disastrata, la danza mi ha salvato la vita. In tempo di guerra due sorelline sono morte, uccise da un carro armato. Mia madre impazzì dal dolore, ma le dicevano: ‘Fai altri due figli, così dimentichi’. Così siamo nati io e mia sorella Lydia (prima ballerina anche lei e insegnante di danza, è stata la maestra di Lorella Cuccarini, ndr). Mio padre l’avrò visto tre volte. Mia madre spariva per giorni e giorni, a quattro anni vivevo da solo con Lydia. L’altra sorella più grande emigrò. Però mamma ci iscrisse al San Carlo”.

 

Le piaceva la danza?

“C’era il talento e anche l’amore per la vita, volevamo migliorare. Il treno passa una volta sola, però devi andare alla stazione. Eravamo piccoli, abbiamo imparato la disciplina vera”.

 

 

Com’era Napoli?

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“Bella. Le persone volevano crescere e ricostruire. Non avevamo niente, solo la voglia di sopravvivere. Il problema era il mangiare. (...) Eravamo tutti poveri, non avevamo niente da mangiare. Ci aiutava una persona. Non era un supereroe, non era Spiderman. Era una signora che faceva la prostituta e faceva la spesa per tutto il quartiere, generosissima. Avrebbe meritato un premio. Con l’arrivo degli americani molte donne purtroppo si sono prostituite, il dopoguerra a Napoli è stato duro”.

 

 

Come si rivede piccolo allievo del Teatro San Carlo?

“La mia vera famiglia sono stati i ballerini più grandi: se stavo male mi curavano loro. Stavo sempre per strada da solo, non lo dicevo perché avevo paura. Cercavo di far vedere che anche la mia era una famiglia normale, ma aspettavo qualcosa da chi aveva di più: anche un paio di scarpe usate dagli altri bambini. Una vergogna continua, ma piena di orgoglio”.

 

Però fa carriera.

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“A 17 anni ero primo ballerino. Ricordo i viaggi a Rio dei Janeiro, a San Paolo del Brasile, ho iniziato a lavorare in Olanda nel 1968 con la tv a colori, altra bella esperienza. Torno al San Carlo e c’era Gino Landi che doveva fare un’operetta. Mi scelse per Doppia coppia con Alighiero Noschese, Bice Valori e Polo Panelli, Sylvie Vartan. Primo successo. Poi mi chiama Raffaella, nasce un bel rapporto solo che parto per il servizio militare e rinuncio alla prima Canzonissima”.

 

 

Poi però diventa protagonista nel 1971.

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“Fu un grande successo, diventiamo una coppia televisiva, con un affetto da parte del pubblico… Come Raffaella non c’è nessuna. Sono diventato famoso col Tuca tuca, che era considerato scandaloso. Avevo vinto una borsa di studio al Bolshoi, non andai. Ma Rudolf Nureyev era amico mio, venne al San Carlo a fare Romeo e Giulietta. Ero un ragazzino: per la scena in cui muore mi scelse come controfigura. Eravamo uguali fisicamente. Quando anni dopo venne a Roma mi chiamò per fare danza moderna. Era molto simpatico e un po’ misogino. A tavola, se c’erano le donne, chiedeva il segno zodiacale”.

 

E invece com’era il suo rapporto con le donne?

“Mi additavano, avevo un certo successo. Venendo dalla scuola della strada capisci subito chi è più forte e io ho capito subito che sono le donne. Altro che parità, i maschi hanno perso. Stanno scoprendo che sono più deboli e valgono meno”.

 

 

 

Raffaella era forte, aveva personalità. In cosa era diversa?

“Era veramente speciale. Pensi che noi – il destino – ci eravamo conosciuti a Napoli. Lei aveva 17 anni, faceva la fatina nello spettacolo, io ero un bambino, cantavo nel coro. Da adulti insieme abbiamo girato il mondo. Mi ha insegnato la disciplina, a non arrendermi. Le devo molto. Ero scapestrato, venivo dalla strada, ho avuto una scuola che hanno avuto in pochi: quella della sopravvivenza”.

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Ha rischiato di finire male?

“La strada porta ad avere soldi facili, mi hanno proposto tante volte di fare il palo. All’epoca c’era il contrabbando di sigarette, molto più pulito dello spaccio. Vivo con il terrore della droga, avendo una figlia. I giovani sono diventati merce per gli spacciatori, mi dispiace moltissimo vedere questi ragazzi che poi vanno pure loro a drogarsi. Ho visto gente intelligente, perbene, distrutta dalle sostanze”.

 

 

Tornando ai successi con Raffa, è vero che si arrabbiò quando lei si legò a Lola Falana?

“Non mi parlò più, ormai ballavo più con Lola – con cui sono stato insieme un anno – che con lei. Ci lasciammo, e intanto ero andato a lavorare in Spagna. Un giorno Raffaella mi chiamò: ‘Sei cambiato?’. Ero cambiato. Presi l’aereo e tornai in Italia, ricominciammo a ballare insieme”.

 

I ricordi più belli?

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“Passavamo le nottate a parlare di come costruire un nuovo spettacolo, eravamo fratelli. Quando facevamo le tournée non potevamo uscire, c’era l’assedio dei fan. Eravamo costretti a stare chiusi negli alberghi e nei camerini. E lì ho conosciuto la vera Raffaella, mi confidava i dubbi e le paure. Non dava l’amicizia a tutti: aveva capito che su dieci persone, nove le stavano intorno perché era la Carrà”.

 

Nel 1982 incontra Carmen Russo: ha capito subito che era la donna del destino?

“No. L’unica che lo disse e ci azzeccò fu Raffaella: ‘Finalmente hai trovato la ragazza giusta per te’. Sono 42 anni che stiamo insieme. In Carmen ho trovato quello che mi è mancato: l’amore come donna, la mamma che non ho avuto. Mi ha dato la forza e alla fine mi ha dato Maria. È la mia famiglia, è tutto per me”.

 

(…)

Il rapporto con la televisione?

“Non è più quella di una volta, è cambiato tutto. Ho fatto un reality in Argentina, che ho vinto, tra quiz e pericoli: mi piaceva. Poi ho partecipato la prima volta all’Isola dei famosi nel 2005, sono stato malissimo, stavo morendo. Mi ricordano per le emorroidi.

 

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D’accordo nascondere i problemi, devi entrare nelle case con il sorriso ma nessuno sa quanto sono stato male. La seconda volta sono rimasto nove settimane e sono dimagrito 14 chili. La sfida della sopravvivenza mi piace, anche il Grande fratello mi diverte. Si mescolano le categorie umane e si amplifica tutto. Continuo a fare le coreografie e vado ospite”.

 

Perché non si riesce più a fare un bel varietà?

“È cambiato il pubblico, il gusto, non si rischia. Bisogna attualizzarlo, avere le idee, ci vuole la cura, dalle luci ai costumi alle coreografia. Con Fiorello alle 7 del mattino ha funzionato perché è geniale, e guardi che belle cose si è inventato Luca Tommassini. Il coreografo ha un valore, una volta veniva dopo il regista. La verità è che fare le coreografie è un mestiere, e non è per tutti”.

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