Stefano Pistolini per “il Venerdì - la Repubblica”
Sono storie lontane come quelle dei cowboy. Parlano di pazzi che si consideravano guerrieri della strada, a zonzo per l' America su un bus battezzato Oltre, decorato come la torta per un compleanno psichedelico. Si facevano chiamare Merry Pranksters, gli Allegri Burloni, e mettevano nell' impresa un insopprimibile edonismo e la loro attrazione per i guai, la scomunica del sé precostituito e aspirazioni letterarie variamente legate a un' idea frenetica dell' esperienza - fare, provare, assaggiare, eccitarsi, scavalcare, sperimentare, spingersi, appunto, «oltre», fino alla fine.
Se ne riparla con la ripubblicazione di The Electric Kool-Aid Acid Test (Taschen), noto in Italia come L' Acid Test al Rinfresko Elettriko, firmato nel 1968 da Tom Wolfe all' apice della militanza - al fianco di Gay Talese e Hunter Thompson - sotto le insegne del New Journalism e del credo secondo cui fiction e non-fiction, documentazione e racconto, si potessero fondere in un unico stile, capace di coinvolgere appieno il lettore (Emile Zola era da costoro venerato come il vero anticipatore).
All' epoca Wolfe è un trentenne giornalista rampante, che si sta costruendo una reputazione grazie alla sua scrittura originale, fatta di ritmo, rumori, allitterazioni, treni di parole che s' inseguono per restituire gli irrequieti scenari che esplora, al soldo del New York Herald Tribune.
Per mettere seriamente alla prova i principi del New Journalism, Wolfe sceglie una storia bizzarra: nel 1964 si unisce ai Merry Pranksters e al loro fondatore Ken Kesey nel viaggio attraverso l' America - capolinea l' Esposizione Mondiale di New York - durante il quale viene fatto sistematico uso di Lsd (ancora perfettamente legale) disciolto nel succo d' arancia (il Kool Aid del titolo), nel tentativo di conseguire, oltre a un bel po' di cromatiche allucinazioni, l' intersoggettività, ovvero la completa connessione psichica tra i partecipanti all' avventura.
Kesey è già un personaggio: il suo Qualcuno volò sul nido del cuculo, scritto nel '59 sotto l' influenza del peyote e pubblicato nel '62, è stato un successo editoriale e teatrale. Coi soldi guadagnati, Kesey ha comprato una casa a La Honda, California, e ne ha fatto la propria base operativa. Missione: spalancare le porte della mente dei seguaci, amministrare il verbo psichedelico, condividere la rivoluzionaria esperienza lisergica.
Kesey inizia in casa, organizzando eventi di stimolazione sensoriale a base di suoni e luci. Poi progetta il viaggio: una spedizione evangelica nel nome dell' Lsd. Compra il bus, mette insieme la «band» e parte per quel vagabondaggio americano punteggiato di Acid Test, le sessioni di trip allucinogeno collettivo che costituiscono il clou dell' esperienza, disseminata d' incontri straordinari: gli Hells Angels, i Grateful Dead, Allen Ginsberg. I Merry Pranksters sono peraltro un' accolita notevole: alla guida del bus c' è niente meno che Neal Cassady, l' antico compare di Jack Kerouac nelle scorribande erotico-letterarie di Sulla strada.
La Mountain Girl è una robusta amazzone capace di stregare chiunque coi suoi modi gentili. Ma soprattutto c' è Kesey, il profeta: «Qualcuno deve incaricarsi di segnare la strada che altri seguiranno» scrive Wolfe, introducendolo come un mistico, un Gesù che fonda una nuova religione, armato solo del suo magnetismo, dei suoi sermoni e dei discepoli.
Wolfe lo segue nell' impresa e qualche tempo dopo racconta la saga di questo drappello di pazzi e soprattutto la storia di Kesey e delle sue elettriche disgrazie, gli arresti, la fuga in Messico, il processo, la condanna. Grazie a lui, Kesey diventa una scintillante icona pop d' oltreoceano, negli stessi giorni in cui in Europa sta esplodendo il '68. La critica accoglie The Electric Kool-Aid Acid Test trionfalmente, per come coniuga la spericolata innovazione nel linguaggio letterario e un reportage accurato e affettuoso sulle origini di quel movimento hippie che presto avrebbe trionfato a Woodstock, salvo eclissarsi rapidamente.
partecipante all acid test graduation
Il «Nuovo Giornalismo» di Wolfe, pur dissolvendo la distanza tra autore e soggetto, si dimostra in costante controllo della narrazione. L' esperienza psichedelica lo coinvolge il giusto (confesserà di non aver mai partecipato attivamente agli Acid Test. E di aver assaggiato l' Lsd una sola volta, a casa e con effetti disastrosi), ma Wolfe si dimostra capace di afferrarne l' impatto su un momento storico nel quale, secondo lui, la vera istanza innovativa non è la politica, ma il radicale rinnovamento nel costume e nei consumi, a cominciare dalle mode introdotte dai giovani.
Quasi mezzo secolo dopo, a 85 anni suonati, Wolfe ha appena pubblicato un nuovo romanzo, The Kingdom of Speech, e la coincidenza di questo sintomo di vitalità con la riproposizione del suo esordio-capolavoro è entusiasmante.
Perché lui non è cambiato, anzi è rimasto ironicamente uguale a se stesso: un dandy della Virginia col perenne vezzo di vestire uno dei suoi quaranta completi bianchi con cappello e bastone, a sottolineare il proprio snobistico e divertito distacco dalle umane temperie. Continuando a scrivere magnificamente, da osservatore satirico e privo di sociologismi, da inesauribile trasmettitore di energia americana e da pirotecnico inventore di slogan e definizioni, come il «radicalismo chic» o il «Decennio dell' Io».
La sua carriera è passata da un successo all' altro, per esempio scarnificando lo yuppismo, l' arrivismo e il cinismo della neo-borghesia metropolitana, nel capolavoro Il falò delle vanità. O fotografando magistralmente, nel reportage The Right Stuff, l' entusiasmo e l'innocenza della conquista del cosmo, culminata nel giorno della parata celebrativa di John Glenn e dei colleghi astronauti per le strade di Manhattan. E oggi Wolfe è un padre letterario per il nuovo secolo, che ebbe il suo primo, strepitoso guizzo proprio allorché fece branco con la torma trasgressiva dei Merry Pranksters.
La ripubblicazione dell' Acid Test, oltre a celebrare quella vertiginosa storicizzazione di un momento culturale, offre l' opportunità di penetrare ancora meglio nell' hardware del New Journalism: nel volume trovano posto gli appunti di lavoro di Wolfe, le sue connessioni, le prime versioni delle sue torrenziali descrizioni, le messe a punto di titoli e nomignoli, le tracce della sua emotività e soprattutto il vasto, indispensabile campionario fotografico scattato da Lawrence Schiller, suo compagno di spedizione.
Peccato che solo pochi eletti disposti a spendere 300 euro per questa edizione deluxe, potranno rivisitare quel canone in via di definizione. Concepito e applicato osservando non da lontano, ma da vicinissimo, alla ricerca della suggestione, dell' apparizione, del perfetto beat, in un crescendo di particolari, flash, segmenti, scintille.
Wolfe sale sul bus chiamato Oltre, assapora quell' effimera rivoluzione e affina un nuovo piano del racconto.
Si eleva a pioniere culturale, indossando, tra i figli dei fiori, panciotto e ghette, e guardandosi attorno con aria sfottente.
Perché, nella sua testa, passato, presente e futuro si mescolano senza disturbarsi, tanto più se si parla di America. Quel che conta è l' atteggiamento con cui ci si predispone alla sfida della rappresentazione.
Pronti a entrare a far parte del flusso degli eventi, preservando quel prodigioso equilibrio che per un attimo fece del giornalista il nuovo eroe dei tempi. Colui che vive e partecipa all' esperienza. Ma che dispone della visione e della disciplina necessaria per trasformarla in arte.