ALESSANDRO DI MATTEO,CARLO BERTINI per la Stampa
«Salvini ha accettato lo schema di Enrico, serve un accordo su due fronti: Quirinale e governo». Un dirigente dem bene informato sintetizza così la novità che sarebbe maturata in queste ore, frutto di colloqui anche tra lo stesso segretario e il leader della Lega. Salvini si sarebbe deciso anche dopo l'avviso "uber alles" del segretario Pd sulle conseguenze che avrebbe sul governo una forzatura sul nome Silvio Berlusconi al Colle. Neanche la Lega si può permettere, una crisi, viste le pressioni dei ceti produttivi del nord, zoccolo duro dell'elettorato del Carroccio. E del resto, anche fonti leghiste confermano che la linea è di «cercare un accordo complessivo», come dice un dirigente del partito.
Il problema da superare è l'ostinazione del Cavaliere, che sarebbe convinto di poter contare sui 505 grandi elettori necessari a partire dalla quarta votazione. Anche ieri Antonio Tajani su Repubblica ha ripetuto che «l'ipotesi A è Berlusconi e l'ipotesi B è la prima lettera del suo cognome». Una determinazione che verrà verificata al vertice del centrodestra della prossima settimana, quando gli alleati chiederanno al leader di Fi di dire una parola chiara almeno durante la riunione, perché magari pubblicamente per motivi tattici si prenderà ancora tempo per annunciare la decisione. E al Pd sono convinti che in quell'occasione riemergeranno le tensioni fra Lega e Forza Italia.
Lo scetticismo degli alleati, però, è forte. Un deputato della Lega conferma: «Noi lavoriamo per un patto che tiene insieme Quirinale-Governo, non c'è dubbio. E Salvini - assicura - sarebbe contento di avere Giorgetti premier, vorrebbe dire avere la Lega alla guida di palazzo Chigi». Il fatto che questo comporti l'accantonamento della candidatura di Berlusconi è nelle cose, aggiunge «Ma oggettivamente come si può pensare di eleggere Berlusconi? Immagino che anche lui sia consapevole che non è possibile. E se non è consapevole, ci penserà Gianni Letta a spiegarglielo».
Enrico Letta, Giorgia Meloni, Patrizia de Luise, Luigi Contu, Giuseppe Conte, Matteo Salvini - FOTO ANSA
E gli stessi dubbi sulle chance del Cavaliere si ascoltano tra le file di Fdi. «Lui è determinato - dice un dirigente del partito - e noi saremo leali nel sostenerlo. L'importante è che la stessa lealtà e la stessa unità ci sia anche se poi non dovessero esserci i numeri per eleggere Berlusconi».
Il timore, appunto, è che il Cavaliere possa reagire reclamando mani libere, in caso di fallimento della sua scalata al Quirinale. Di sicuro, il Pd è pronto alle barricate per stoppare l'eventualità del Cavaliere al Colle. Letta ripete che con una forzatura sul suo nome il governo cade, «ci sarebbe un big bang, la maggioranza non reggerebbe», dicono al Nazareno. Tanto che Andrea Cangini, Fi, lancia un appello: «I leader di partito da oggi in poi ragionino con grande senso di responsabilità e trovino il modo di siglare - chiunque sarà il presidente del Consiglio, e io auspico sia Draghi - un patto di fine legislatura serio, con l'impegno a rispettarlo con onore».
enrico letta matteo salvini meeting rimini
Ma Salvini si starebbe convincendo della necessità di un patto sul Colle e sul Governo, anche perché se fosse eletto Draghi avrebbe speranza di piantare una grande bandiera su palazzo Chigi, promuovendo al ruolo di premier Giancarlo Giorgetti, uno dei candidati del toto-nomi che gira nei palazzi.
Di Maio, che sta tenendo colloqui con tutti e che è il vero punto di riferimento del mondo M5s per gli altri partiti, è convinto di poter sostenere anche una salita di Draghi al Colle, perché il nuovo governo che verrà lo vedrebbe tra i ministri in campo. E sono diversi i nomi dei candidati a sostituire l'ex presidente della Bce come premier. Si potrebbe puntare su un tecnico - come Cartabia o Franco - ma i partiti stanno anche pensando di mettere un politico, in quel caso. Fabio Rampelli, Fdi, stoppa Dario Franceschini, «ipotesi che fa rabbrividire». Ma, oltre a Giorgetti, si parla anche di David Sassoli e dello stesso Di Maio.
Nel Pd, peraltro, Matteo Orfini ha annunciato che alla direzione del 13 gennaio proporrà di schierare il partito per il bis Mattarella fin dall'inizio. Enrico Borghi gli risponde che si deve partire dal metodo, ma Letta non ha vissuto la proposta come un atto ostile: Mattarella risponderebbe al profilo che il segretari Pd ha in mente, ma - è il ragionamento - non si può non tenere conto della volontà di lasciare più volte espressa dal capo dello Stato. In ogni caso, Letta alla direzione non farà nomi, indicherà un profilo e su quello chiederà un mandato a trattare.
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