Marco Giusti per Dagospia
Ci sembrava di averlo visto da sempre Camillo Milli, più noto come il mitico commendator Borlotti presidente della Longobarda nei due film della saga “L’allenatore nel pallone”, che se ne è andato ieri a 93 anni.
Ci sembrava di averlo visto da sempre, perché lo avevamo visto proprio da sempre, almeno noi cresciuti con Carosello, dove faceva la sua figura vestito da cameriere in mezzo a due miti come Ernesto Calindri e Franco Volpi nelle scenette del “Dura Minga” del China Martini (“Fino dai tempi dei garibaldini….”).
Prima ancora della riscoperta come Commendator Borlotti a fianco di Lino Banfi, Camillo Milli era da anni una delle colonne, assieme a Lina Volonghi e a Eros Pagni, del Teatro Stabile di Genova.
Chi ha abitato per tanti anni a Genova come me lo sa bene. Era uno dei volti più simpatici e rassicuranti del teatro genovese. Anche se era nato a Milano, come Camillo Migliori, figlio di un avvocato nonché deputato della Democrazia Cristiana torinese, e anche se aveva studiato recitazione al Piccolo esordendo nel 1951 sotto la regia di Giorgio Strehler, i suoi cavalli di battaglia teatrali erano in gran parte legati al teatro veneziano di Carlo Goldoni rivisti a Genova.
Era impareggiabile in “Una delle ultime sere di Carnevale” come Sior Zamaria a fianco, appunto di Lina Volonghi e Eros Pagni sotto la regia di Luigi Squarzina, ma lo ricordo anche ne “I due gemelli veneziani”, sempre nella versione di Squarzina a Genova a fianco di Alberto Lionello. Era totalmente realistico.
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Ma era realistico anche al cinema nei ruoli di cardinale, basterebbe la sua apparizione già molto vecchio in “Habemus Papam” di Nanni Moretti, alto prelato nei film di Luigi Magni, “In nome del Papa re” e “In nome del popolo sovrano”, segretario particolare del papa, come in “Il Marchese del Grillo” di Mario Monicelli, ufficiale, grottesco, come nei geniali “Vogliamo i colonnelli” di Monicelli o nell’episodio “La bomba”, sempre diretto da Monicelli in “Signori e signore buona notte”, dove fa il suo esordio in scena con un clamoroso salto mortale. O direttore generale, Duca Conte Barambani nelle saghe fantozziane.
Quando entrava in scena col suo faccione tondo ma gli occhi furbissimi, il suo fisico massiccio ma i movimenti lievi da grande attore goldoniano, erano risate sicure. Lo ricordo, credo nell’unica intervista televisiva che gli sia mai stata fatta, a Stracult, come un signore gentile, adorabile, umile, di grande tradizione teatrale, con un grandissimo e sincero rispetto per i suoi registi e i suoi colleghi.
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Ha fatto il cinema nei momenti di pausa dal teatro, che era la sua vera passione. Scordo gli esordi nei primi anni ’50, “Ragazze d’oggi” di Luigi Zampa nel 1953, “La donna del giorno” del 1957, “Souvenir d’Italia” di Antonio Pietrangeli, riconoscibilissimo, perché ha avuto lo stesso fisico e lo stesso aspetto sia da giovane che da vecchio.
Lo troviamo anche in “Le bambole”. E negli stessi anni, tra la fine degli anni ’50 e la prima metà degli anni ’60 fece moltissima pubblicità e moltissimi sceneggiati tv. Lo troviamo fin da “I dialoghi delle Carmelitane” diretto da Tatiana Pavlova nel 1956, o ”Le fatiche di Arlecchino” con la regia di Alessandro Fersen, ma anche, più tardi, in “Pene d’amore perdute” con Franco Enriquez.
HAROLD BRADLEY CAMILLO MILLI - HABEMUS PAPAM
Poteva recitare di tutto, da Goldoni a Shakespeare a Molière fino a Dario Fo. Fu Mario Monicelli a capirne la grande forza comica e grottesca negli anni ’70 con “Vogliamo i colonnelli”, dove è uno dei golpisti di Ugo Tognazzi, mentre Luigi Magni ne capì l’aspetto da grande prete ambiguo.
Con il ruolo del commendator Borlotti di “L’allenatore nel pallone” avrà fama eterna tra gli adoratori del cinema stracult, ma fu un grande piacere anche ritrovarlo in salute, divertente, ironico, in “Habemus Papam” di Nanni Moretti accanto a Peter Boom, Harold Bradley e altri campioni del nostro cinema.
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