Marco Giusti per Dagospia
Il cinema italiano perde una delle sue star degli anni ’60, Franca Bettoja, 88 anni, simpatica, intelligente, colta, solare figlia della buona borghesia romana, una delle protagoniste della Dolce Vita romana, ma forse più amica di registi, attori, attrici che non davvero interessata a far fortuna col cinema.
La lunga amicizia prima e poi il matrimonio nel 1973 con Ugo Tognazzi, col quale ebbe due figli, Gianmarco e Maria Sole, che ha molto seguito da sempre, influirono probabilmente nella decisione di lasciare il cinema, ma già aveva con il lavoro di attrice un atteggiamento alquanto realistico e disincantato. Nata a Roma nel 1936, dopo gli studi al Liceo Artistico, e quelli da ballerina classica, esordì in piccoli ruoli nella seconda metà degli anni ’50 nei generi più diversi, “Un palco all’opera”, “Gli amanti del deserto” diretto da Goffredo Alessandrini, Leon Klimovsky e Fernando Cerchio, “La trovatella di Pompei” di Giacomo Gentilomo.
Il film che le dette allora più notorietà fu certamente “L’uomo di paglia”, dramma sociale di Pietro Germi, dove interpretava Rita, l’amante del ferroviere sposato dello stesso Germi, che uscirà di scena con un suicidio. Un ruolo che, al di là del valore del film, la mise davvero in luce e le aprì la prota delle coproduzioni con la Francia.
La troviamo infatti a fianco di Pierre Fresnay nel successivo “le insaziabili” di Leo Joannon, “La mano calda” di Gérard Oury accanto a Jacques Charrier, allora compagno di Brigitte Bardot, e di Macha Meril, I dialoghi delle Carnelitane” di Philippe Agostini con Jeanne Moreau, Alioda Valli. Appare nel poco nopto “Le notti dei teddy boys”, diretto da Leopoldo Savona, ma scritto da Tommaso Chiaretti, Elio Petri, Franco Giraldi.
franca bettoja l'uomo di paglia
Il pubblico del tempo la notò nel 1960 in uno dei primi grandi sceneggiati della Rai, “La pisana”, tratto dal romanzo di Ippolito Nievo, diretto da Giacomo Vaccari, con Lidia Alfonsi protagonista, che fu un grande tormentone dei primi anni della tv italiana. La troviamo anche in “Cavalcata selvaggia” di Piero Pierotti, considerato nei flani “il primo western italiano”, “Ultimatum alla vita” di renato Polselli.
Ma il genere dove brillò forse di più fu l’avventuroso, lo storico, anche perché riusciva a tener testa, conoscendo l’inglese, agli attori americani. La ricordiamo in “Orazi e Curiazi” di Terence Young con Alan Ladd, un film che ebbe non pochi problemi come mi ricordò lei stessa in una memorabile intervista.
“Sulla carta era un film bello e importante. Mi chiamò la Metro Goldwyn Mayer, fissandomi un appuntamento con Terence Young all’Excelsior. Young mi disse che sembravo Ava Gardner. Poi c’era Alan Ladd, che veniva da un successo come La ragazza sul delfino, girato in Italia con Sophia Loren. E mi proposero una cifra talmente alta che accettai. Perché non lo avrei dovuto fare? La Metro, Alan Ladd, Terence Young…
Così siamo partiti per il Montenegro, a Titograd, dove si dovevano fare le scene di battaglia e gli esterni. Mi accorsi però che fuori c’era la neve e mi domandavo come avremmo potuto girare con quel freddo. Infatti tutte le mattine, mi preparavano, mi mettevano la corona da regina e poi mi dicevano che non si poteva girare per la neve. In due mesi passati a Titograd non abbiamo girato quasi mai. Non so perché. Rimanevamo chiusi in albergo. Alan Ladd era davvero odioso, viziato, maleducato. Era molto amico di Terence Young e giocavano tutto il giorno a poker a casa sua.
E i montenegrini a quel tempo odiavano gli italiani. Non era una situazione simpatica. Alla fine ci hanno detto: Si sospende il film e si torna in Italia. E siamo partiti tutti. Sono passati quattro-cinque mesi e abbiamo ripreso il film a Roma, a Grottarossa, dove c’erano degli studi dove ricostruirono la Roma antica. Ladd seguitò a essere un nano odioso. Per girare le scene con me doveva salire su una cassa di birra. Mi diceva cose sgradevoli, che non parlavo bene l’inglese come Sophia Loren.
Poi si toglieva la dentiera per le scene d’amore. Non so perché mi facesse questo. Robert Keith, invece, era un signore, una persona meravigliosa, come Franco Fabrizi, mio grande amico. Credo che a nessuno importasse molto del film. Dovevamo dire delle battute imbarazzanti e ridicole. Chiedevo spiegazioni a Terence Young che si voltava dall’altra parte.”
vincent price franca bettoja l’ultimo uomo della terra
Lanciata, la troviamo anche ne “I normanni” di Giuseppe Vari con Cameron Mitchell e Geneviève Grad, “Apocalisse sul fiume giallo” di Renzo Merusi con Anita Ekberg, “Il leone di San Marco” di Luigi Capuano con Gordon Scott. Con Capuano girò anche due Sandokan, “Sandokan alla riscossa” e “Sandokan contro il leopardo di Sarawak” con Ray Danton e Guy Madison. Strepitosa è la sua partecipazione al fantascientifico diretto da Sidney Salkow “L’ultimo uomo della terra”, non solo uno dei più celebri fantascientifici italiani, ma la prima e più potente versione del racconto di Richard Matheson “I Am a Legend”, sceneggiato dallo stesso autore, che darà vita a una serie impressionante di remake.
Vanta anche la presenza del grande Vincent Price come protagonista nei panni dell’ultimo uomo della terra a Los Angeles, ma è Roma, l’Eur e si vede benissimo. Con Ugo Tognazzi la ricordiamo nel grottesco “Il fischio al naso”, diretto dallo stesso Tognazzi, tratto da un romanzo di Dino Buzzati. Dalla fine degli anni ’60 smise praticamente di recitare.
maria sole, gianmarco e ricky tognazzi, e franca bettoja
La ricordiamo però nel divertente “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa” di Ettore Scola a fianco di Alberto Sordi come signora bene romana. E, dopo il matrimonio con Tognazzi, interpreta il ruolo di Raggio di Luna nel curioso “Non toccate la donna bianca” di Marco Ferreri. Il suo ultimo film fu “Teste rasate” di Claudio Fragasso con suo figlio Gianmarco Tognazzi.
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