Marco Giusti per Dagospia
Maggie Smith, che se ne è andata a 89 anni, era così brava, elegante, sofisticata, che avrebbe potuto recitare qualsiasi ruolo e qualsiasi testo. Del resto quando riesci per anni a tener testa a Laurence Olivier al National Theater e sei la sua Desdemona preferita nell’”Othello” di Shakespeare, puoi fare davvero di tutto, anche la Minerva McGranitt della lunga saga di Harry Potter o la Violet Crawley, Dowager Countess of Grantham di “Downton Abbey”.
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Nel corso della sua lunghissima e gloriosa carriera Maggie Smith ha vinto due Oscar, come protagonista in “La strana voglia di Jean” tratto dal romanzo di Muriel Sparks, e come non protagonista per “California Suite”, scritto da Neil Simon, dove fa proprio l’attrice inglese che arriva a Hollywood per ritirare l’Oscar. Ma ha vinto anche quattro Emmy, dei quali tre per “Downton Abbey”, tre Golden Globes, 5 Bafta. E nel 1990 Queen Elizabeth l’ha nominata Dame Maggie Smith. Difficile fare di meglio.
Io la adoravo da quando la scoprii protagonista di due film che in Italia non ebbero grande fortuna, “La strana voglia di Jean” o “The Prime of Jean Brodie” diretto da Ronald Neame, dove interpreta una professoressa scozzese pazza dell’Italia fascista di Mussolini e per questo ha non pochi problemi, un ruolo che si rimpallò fra teatro e cinema con Vanessa Redgrave, e “In viaggio con la zia”, meravigliosa commedia di George Cukor, tratta da un romanzo di Graham Greene, che lo detestava (ma ne aveva visto solo cinque minuti), dove ottiene il ruolo da protagonista dopo il rifiuto di Katherine Hepburn, che non era convinta della sceneggiatura) e dove gira per l’Europa con il suo amante che conserva dentro un’urna cinerario un bel po’ di fumo.
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Del resto tutta la sua carriera, tra teatro e cinema, era costruita su scelte mai ovvie. “Volevo essere un’attricE seria”, dirà, “ma non è andata a finire così. Sono stata Desdemona [con Olivier al National] con grande sconforto, terrorizzata tutto il tempo. Ma tutti erano terrorizzati da Laurence Olivier”. Nata a Ilford, nell’Essex, da madre scozzese, che faceva la segretaria, e padre patologo, si trasferisce presto con la famiglia a Oxford, seguendo il padre. Studia da subito teatro e negli anni ’50 la troviamo sia a teatro, che al cinema che in tv.
Ha un piccolo ruolo in “Child in the House” di Cy Endfield nel 1956, ma è protagonista di “Senza domani” di Basil Dearden e Seth Holt con George Nader. Considerata una giovane attrice emergente di granmde talento, al cinema non fa nessun tipo di gavetta. Figura da subito tra i protagonisti di film importanti come “International Hotel” di Anthony Asquith con Elizabeth Taylor e Richard Burton, Orson Welles e Margaret Rutheford e di “Frenesia del piacere” direttio da Jack Clayton, scritto da Harold Pinter con Anne Bancroft, Peter Finch e James Mason.
Nel 1965 ha il piacere di essere diretta da John Ford in “Il magnifico irlandese” con Rod Taylor e l’anno dopo da Joseph L. Makiewicz in “Masquerade” con Rex Harrison, Susan Hayward e Cliff Robertson, dove interpreta una delle tre donne, la più giovane, che girano attorno al protagonista. “Othello” diretto da Stuart Burge è la versione cinematografica del celebre Otello di Laurence Olivier e Frank Finlay, dove è Desdemona.
Quando lascerà la compagnia per la nascita del primo figlio nel 1967, avuto dal matrimonio con l’attore Robert Stephens, Laurence Olivier non la prenderà per nulla bene. I due film che le cambiano la carriera e ne fanno un’attrice di cinema sono appunto “La strana voglia di Jean”, per il quale vincerà l’Oscar da protagonista, e il successivo “In viaggio con la zia” di George Cukor. Ha un buon ruolo in un altro film poco visto in Italia, “Amore e dolore e tutto quel dannato pasticcio”, scritto e diretto da Alan J. Pakula, dove è una donna matura che ha una storia col più giovane Timothy Bottoms.
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L’Oscar le apre le porte di Hollywood e del grande cinema popolare. La troviamo nella commedia di Neil Simon con Truman Capote e David Niven “Invito a cena con delitto”, nel film a episodi scritto da Neil Simon “California Suite”, dove vince il suo secondo Oscar, in “Quartet” di James Ivory. Ma la troviamo anche in film come “Scontro di titani”, dove è la dea Tethys, scritto dal suo secondo marito, lo sceneggiatore Beverley Cross.
Alterna grandi ruoli nel cinema inglese, pensiamo a “Camera con vista” di James Ivory con Helena Bonham Carter dove interpreta la cugina Charlotte, a ruoli importati in America, “Hook” di Steven Spielberg, i due “Sister Act”. Lasciandosi sempre qualcosa di più esplosivo e meno commericale, peso al “Riccardo III” di Richard Loncraine con Ian McKellen o a "Washington Square” e “Il giardino segreto” diretti da Agnieszka Holland.
maggie smith in viaggio con la zia
Invecchiando diventa una sorta di Margareth Rutherford, più simpatica, molto ironica, e molto amata da tutto il pubblico, non solo da quello inglese. I ruoli che le daranno una popolarità senza fine sono quelli di Minerva McGranitt in “Harry Potter” e di Violet Crawley in "Downton Abbey”, ma la troviamo in tanti altri film. Anche in “The Lady In The Van”, uno dei suoi ruoli migliori degli ultimi anni. Il suo ultimo film dovrebbe essere “A German Life” di Jonathan Kent, scritto da cHristopher Hampton, biopic sulla segretaria di Goebbels.
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