Marco Giusti per Dagospia
Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, Frederic Forrest, attore di culto amato da Francis Coppola, Jack Nicholson, Wim Wenders, scomparso a 87 anni a Santa Monica, passa da un sogno da star di prima grandezza, grazie alla sua partecipazione a film come “Apocalypse Now” di Coppola, dove è le Chef del barcone (ricorderete la battuta: Mai uscire dalla barca!”), “La conversazione”, sempre di Coppola, dove ha un piccolo ruolo, ma importantissimo, l’uomo spiato da Gene Hackman, “The Rose” di Mark Rydell, dove venne candidato all’Oscar, al dimenticatoio per essere stato il protagonista di due sfortunati incredibili flop autoriali che segnarono la crisi (o la fine) della New Hollywood,
cioè “Un sogno lungo un giorno” o “One From the Heart”, musical capolavoro ultrasperimentale di Coppola, dove Forrest, uomo qualunque in quel di Las Vegas si innamora di Nastassja Kinski, e “Hammett” di Wim Wenders, prodotto da Coppola, omaggio al genere noir, che venne così odiato dai produttori al punto da costringere Wenders a girarne una seconda versione, che è quella che si vide.
Già nel 1985 Forrest diventa un attore un po’ imbarazzante. Al punto da finire tra gli attori americani da esportazione in Italia come Petronius nel polpettone “Quo Vadis?” diretto da Franco Rossi.
E scivolare poi in un anonimato che gli offrirà solo raramente qualche ruolo interessante solo grazie ai vecchi amici che lo avevano lanciato. E dire che aveva incominciato davvero bene. Nato in Texas nel 1936, appare nel 1966 tra i protagonisti dell’opera teatrale di Megan Terry, portata anche al cinema, “Viet Rock”, che spiana la strada a “Hair”. Ma è solo nel 1972, dopo piccole apparizioni televisive, a fare il suo vero e proprio esordio al cinema da coprotagonista di “Quando le leggende muoiono” di Stuart Millar, piccolo film intelligente con Richard Widmark vecchio insegnante di rodeo tratto da un romanzo di Robert Dozier che mette davvero in luce le qualità di Frederic Forrest.
Il suo aspetto bello e triste da angelo caduto che lo accompagnerà per tutta la vita. Lo ritroviamo come Tony Fargo, fratello adddirittura di Al Lettieri nel curioso mafia movie “Il boss è morto” di Robert Fleischer con Anthony Quinn protagonista, uscito subito dopo “Il Padrino”. Dopo essere stato fratello di Al Lettieri è fratello di Stacy Keach in un altro film che mi piacerebbe molto rivedere, “The Gravy Train” o “I fratelli Dion”, diretto da Jack Starrett, che sostituì Terrence Malick in un film che era stato pensato per Martin Scorsese. Anche se Starrett non ha la stessa statura di Scorsese e di Malick, il film offrì a Forrest un buon ruolo da coprotagonista. Nello stesso periodo lo chiama Coppola prima per “La conversazione” e poi per “Apocalypse Now”, che uscirà solo nel 1979.
Nel frattempo Forrest girerà "Missouri" di Arthur Penn con Marlon Brando e il suo amico Jack Nicholson, verrà candidato all’Oscar per la sua partecipazione a “The Rose”, biopic di Janis Joplin diretto da Mark Rydell. Nei primissimo anni ’80, Forrest diventa il protagonista ideale di Coppola sia per “One From the Heart” sia, da produttore, per “Hammett” di Wim Wenders, dove dividerà le scena, nella prima versione con Brian Keith e Ronee Blakley, e nella seconda con Peter Boyle e Marilu Henner, che sposerà sul set del film nel 1980. Il non funzionamento dei due film porterà Coppola alla bancarotta e Forrest in una sorta di inferno per attori che non ce l’hanno fatta. Girerà ancora dei buoni film, “Tucker” di Coppola nel 1988, “Music Box” nel 1989, “Il grande inganno” di Jack Nicholson nel 1990, “Un giorno di ordinaria follia” nel 1993, ma senza riuscire a ricostruire davvero la sua carriera.
Lo vorrà anche Johnny Depp per il suo film da regista, “Il coraggioso” con Marlon Brando. Proprio dal fallimento della sua carriera, per ogni cinefilo cresciuto con la New Hollywood, Frederic Forrest diventa una sorta di attore feticcio. E il suo film di punta, “One From the Heart”, con le canzoni di Tom Waits e Nastassia Kinski che si muove sul filo, è ancora oggi qualcosa di irresistibile.