IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - SE NE VA A 82 ANNI PETER BOGDANOVICH, IL SOFISTICATO REGISTA DI “PAPER MOON”, “L’ULTIMO SPETTACOLO”, “MA ANCHE ATTENTO CRITICO E APPASSIONATO DI CINEMA COME DIMOSTRANO I SUOI LIBRI-INTERVISTA DEDICATI A JOHN FORD, E, SOPRATTUTTO, ORSON WELLES. NON HA MAI AVUTO IL SANGUE E LA FORZA DI MARTIN SCORSESE O LA GENIALITÀ DI REGIA DI BRIAN DE PALMA, MA HA SAPUTO INSERIRE NEL NUOVO CINEMA AMERICANO DEGLI ANNI ’70 MOLTA NOUVELLE VAGUE FRANCESE - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

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Se ne va a 82 anni Peter Bogdanovich, il sofisticato regista di “Paper Moon”, “L’ultimo spettacolo”, “Saint Jack”, “What’s Up, Doc?”, ma anche attento critico e appassionato di cinema come dimostrano i suoi libri-intervistata dedicati a colonne come John Ford, Howard Hawks e, soprattutto, Orson Welles.

 

Non ha mai avuto il sangue e la forza di Martin Scorsese o la grandezza narrativa di Francis Coppola o la genialità di regia di Brian De Palma, ma ha saputo inserire nel nuovo cinema americano degli anni ’70 molta Nouvelle Vague francese, un grande gusto e tutto quello che aveva appreso dalle sue buonissime frequentazioni da cinéphile. Nato a Kingston, NY, figlio di una pianista serbo e di una pittrice austriaca, Peter Bogdanovich studia recitazione alla scuola di Stella Adler, ma sviluppa presto una passione assolutamente appassionata per il grande cinema americano degli anni d’oro. Assieme alla moglie, la geniale scenografo e sceneggiatrice Polly Platt, decide di partire per Hollywood a metà degli anni ’60. Come Coppola e Scorsese, cresce alla corte di Roger Corman nelle produzioni di serie B. Corman lo prende come assistente regista di “Wild Angels”, gli produce l’opera prima, “Targets”.

 

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Ma è solo con il suo primo vero film, “L’ultimo spettacolo”, tratto da un testo di Larry McMurtry, che riesce a imporsi all’attenzione internazionale. E’ una sorta di canto d’amore per il cinema che, al tempo stesso, lancia una serie di nuovi volti, Jeff Bridges, Ellen Burstyn, Randy Quaid, la bellissima Cybille Sheperd, per la quale lascerà la moglie Polly Platt, e recupererà un vecchio attore e stuntman dei film di John Ford, Ben Johnson, al quale darà nuova vita. Grazie a “L’ultimo spettacolo”, raffinato bianco e nero firmato da Robert Surtees, otterrà un biglietto per Roma per scrivere e dirigere un film prodotto da Sergio Leone.

 

Ma i rapporti tra il John Ford italiano e il Bertolucci americano non andranno affatto bene e Leone rimanderà presto a casa il genio americano con un biglietto di sola andata. In America, Bogdanovich, gira dei grandi successi, “What’s Up, Doc?” con Barbra Streisand e Ryan O’Neal, omaggio allo slapstick e alle commedie di Howard Hawks, ma anche il più sentimentale “Paper Moon” con Ryan e Tatum O’Neil. Spinto dall’amicizia di Orson Welles tornerà in Italia per dirigere una sua versione di “Daisy Miller”con Cybille Shepherd e le musiche del nostro Angelo Francesco Lavagnino, già collaboratore storico di Welles. Tenterà anche il musical col fallimentare “At Long Last Love” con Burt Reynolds, Cybille Shepherd e il nostro Duilio Del Prete. Nella seconda metà degli anni ’70 non otterrà gli stessi successi con cui aveva iniziato.

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Funzionerà meglio il noir “Saint Jack” con Ben Gazzara rispetto a “Nickelodeon”, che non vediamo da tempo. Girerà il notevolissimo “E tutti risero”, ultima apparizione cinematografica di Audrey Hepburn, con un grande cast corale, dove troviamo anche la stellina Dorothy Stratton, che gli farà perdere la testa. Quando il fidanzato della Stratton, geloso, ucciderà la ragazza, Bogdanovich entrerà in una profonda depressione. Alla Stratten dedicherà un libro e un film. Girerà un film interessante ma sfortunato come “Mask” nel 1985, il sequel di “L’ultimo spettacolo”, “Texasville”. Si alternerà tra piccoli film, regie per le serie tv, anche notevoli come “I Soprano”, tornerà allo slapstick con “Tutto può accadere a Broadway”, al documentario cinefilo, “The Great Buster”, visto a Venezia qualche anno fa. Leggo che stava per iniziare un film, “One Lucky Moon” con la sua adorata Cybille Shepherd. Ma credo che sia rimasto allo stato di progetto.

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