Giovanni Sofia per www.tag43.it
Una dichiarazione d’amore da intonare a pieni polmoni, da urlare a squarciagola. È il destino di numerosi brani, un modo alternativo per resistere ai naturali acciacchi del tempo. Qui non si parla di basi trasformate in cori, ma di testi originali trasferiti su curve e gradinate e diventati negli anni manifesto d’appartenenza.
L’ingresso in campo del Liverpool è una scarica di adrenalina, mentre sullo sfondo comincia una festa tutta rossa di bandiere e sciarpe tese. You’ll never walk alone è forse la canzone ascoltata allo stadio più famosa in assoluto, sicuramente una delle più toccanti.
C’è stato chi, magari prima della pandemia, un volo per l’Inghilterra l’ha prenotato esclusivamente per ascoltare il ruggito della Kop. Difficile dargli torto, questione emozioni che attraversano i chilometri e qualche volta il mare.
Uniscono in una manciata di note le tribune inglesi a quelle Scozzesi e tedesche. Già, perché Tu non sarai mai sola è un giuramento ripetuto all’infinito, sulle terrace del Celtic Park come dal muro giallo del Borussia Dortmund.
La storia di You’ll never walk alone
Scritta nel 1945, per il musical Carousel dagli statunitensi Richard Rodgers e Oscar Hammerstein, veniva eseguita in due momenti dello spettacolo: quando la protagonista rimaneva vedova a causa del suicidio del marito e per incoraggiare la figlia della coppia alla vigilia dell’ultimo anno di scuola.
Da Elvis a Frank Sinatra, la reinterpretarono in molti, compresi i Gerry and the Pacemaker, attraverso i quali la canzone sbarcò finalmente nel Regno Unito. Fu il gruppo britannico, infatti, a dare al brano una connotazione popolare, consentendogli di scavalcare i cancelli dello stadio.
La tradizione di attingere al cantautorato per sostenere la propria squadra del cuore è storia tipicamente inglese e da Liverpool corre veloce fino a Manchester, sponda City.
Manchester City, You are my wonderwall
Qui, identità è sinonimo di Oasis, fa rima con Wonderwall e i fratelli Noel e Liam Gallagher, divisi su tutto, ma non nella fede per gli Sky Blues. A Londra, il Chelsea negli scorsi mesi ha festeggiato la Champions con i Madness e One step beyond, ma è senza dubbio dei cugini poveri del West Ham la colonna sonora più bella della Capitale.
I’m forever blowing bubbles fu scritta nel 1918 e registrata l’anno successivo per il musical di Broadway The passing Show. La melodia è di John Kellette, mentre la paternità delle parole, a distanza di oltre un secolo resta avvolta nelle nubi. O meglio, nelle bolle di sapone, sparate in aria ogni weekend, mentre le casse prendono a pompare e le pinte volano in aria.
Immagini immortalate magistralmente nel film Hooligans e nei sogni a tinte british di ogni appassionato. «La scorsa primavera sono stato espulso da Harvard ma quello che stavo per imparare nessuna università di prestigio avrebbe potuto insegnarmelo», ripeteva Matt Buckner, scioccato dall’impatto col tifo britannico.
Sull’altra sponda del mare del Nord, è Bob Marley a recitare da protagonista assoluto. Nella città dei coffee shop e del quartiere a luci rosse per eccellenza, Three little birds anima le tribune durante le partite dell’Ajax.
Roma divisa tra Antonello Venditti e Lucio Battisti
Amsterdam chiama l’Italia risponde. Sulle rive del Tevere, il giallorosso è terreno fertile per Antonello Venditti e Lando Fiorini. La società dei magnaccioni si alterna al ritmo romantico di Grazie Roma, che ci fa sentire uniti anche se non ci conosciamo
Lucio Battisti e I Giardini di marzo sono incaricati, invece, di celebrare le vittorie della Lazio. Cieli immensi e immenso amore, magari bianchi e azzurri, come le maglie delle aquile capitoline.
Colore simile, ritmo più vivace a Napoli. O surdatu nnamoratu risale al 1915 e in origine descriveva l’animo triste dei giovani chiamati al fronte, adesso, finita la guerra, è emblema delle spedizioni vittoriose dei partenopei in giro per i campi della penisola e dell’Europa.
tifosi del napoli fuori dallo stadio
Tradizione popolare e sofferenza ritornano in Vitti na crozza (Ho visto un teschio). Lalallaleru lalleru lalleru Lalleru lalleru lalleru lallà, e via di balli sfrenati su e giù per gli stadi della Sicilia. Trentuno anni, un battito di ciglia, sono bastati a Rino Gaetano per ritagliarsi un posto nell’Olimpo della musica italiana. Genio ribelle, nacque a Crotone, dove le sue parole non smettono di scaldare ugole e cuori.
In fondo nel calcio come nella vita spesso Non c’erano soldi, ma tanta speranza. L’Eurovision delle curve è chiuso dalla Nazionale. Seven nations army, per tutti Popopo, ha accompagnato il trionfale mondiale del 2006. Per riascoltarla, basta schiacciare il tasto play o, in alternativa, andare allo stadio.