1. DALLA PENNETTA AL PUGILE MAYWEATHER QUANDO CAMPIONI E ARTISTI DICONO BASTA
Alessandra Retico per “la Repubblica”
Flavia è felice, per questo dice addio. Addio alle armi, alle cose come sono state, alla fama e alla scena, addio prima che tutto cambi per cambiare tutto della vita. La Pennetta saluta il tennis a 33 anni, nel giorno più bello di una carriera che sottorete inizia presto e ti logora in fretta. Vince gli Us Open, mai nessuna italiana c’era riuscita prima, alza la coppa come sollevasse il peso del passato e il premio per il futuro: «Non c’era modo migliore per salutare, no che non sono triste».
pennetta trionfa agli us open, battuta vinci in due set 4
Da New York a Las Vegas, è il lungo giorno dei saluti: si inginocchia sul ring dopo aver vinto il suo 49° incontro su 49 disputati, Floyd Mayweather batte l’haitiano Berto e appende i guantoni al chiodo eguagliando la leggenda di Rocky Marciano. «Sono ormai vicino ai 40 anni, non mi è rimasto nulla da dimostrare nel pugilato. Ora voglio solo passare del tempo con la mia famiglia», ha spiegato il milionario pugile americano nell’arena luccicante del Nevada.
La letteratura del congedo è un genere trasversale con un linguaggio universale: la scelta di altro, di una seconda vita. Talvolta, della vita stessa. Robert B. Reich, il ministro di Clinton che rinunciò allo stra-stipendio per dedicarsi ai figli adolescenti. La modella Cara Delevingne musa di Karl Lagerfeld e di Burberry da 10mila euro al giorno, a 23 anni ha abbandonato le passerelle: «Non sono cresciuta come essere umano». Mina si è cancellata dal pubblico, e così Greta Garbo. I riflettori consumano, meglio uscire prima che tutto diventi buio. Via al culmine del successo, prima che il successo (degli altri) ti costringa alle corde.
Michel Platini a 32 anni quando il pallone tra i suoi piedi era stato per tre volte d’oro. Armin Zoeggeler lo slittinista a 40 anni dopo 6 medaglie in sei Giochi. Bjorn Borg a 27 anni dopo 11 titoli Slam, una coppa Davis e il governo da numero uno del mondo. Già due anni prima, nel 1981, ci pensò. Quando John McEnroe lo sconfisse in finale agli Us Open. «Sapevo che John sarebbe stato il numero uno. E io non volevo continuare da numero due».
Floyd Mayweather batte l’haitiano Berto age
Provò a rientrare nel circuito nel ‘91 con i suoi arnesi di legno, perse molto prima di capire che non c’era più posto per la sua grandezza vintage. L’enciclopedia del tennis è piena di commiati nei tormenti: la francese Amélie Mauresmo, 2 Slam, via a 30 anni «perché non ho più stimoli». Li ha ritrovati allenando lo scozzese Andy Murray.
Floyd Mayweather batte l’haitiano Berto age
L’altra francese Marion Bartoli, seguita da un papà assillante e burbero, fuori a 29 anni due mesi dopo aver trionfato a Wimbledon. Per il martirio sottorete, imprescindibile la storia di piacere e disgusto di Andre Agassi (da leggere in Open), dove lasciare e rimanere sono lo stesso dolore.
Nel nuoto, l’acqua è colma d’amore e d’ossido. Camille Muffat non ne poteva più: la francese oro a Londra 2012, si è ritirata a 24 anni per vivere all’asciutto. È morta a marzo in un incidente in elicottero in Argentina durante un reality show. L’australiano Ian Thorpe, 5 titoli olimpici e 11 mondiali, 23 record del mondo, a 22 anni non ne poteva già più. Ha provato, senza riuscirci, a tornare mille volte.
Basta l’ha detto Mark Spitz che era un fanciullo da leggenda: 7 ori ai Giochi di Monaco di Baviera, a 22 anni. Trionfò e lasciò. Michael Phelps l’ha battuto per record, non nelle certezze: 8 ori a Pechino 2008, 18 olimpici in tutto, l’americano disse solennemente goodbye dopo Londra 2012, poi rieccolo 18 mesi dopo.
Non poterne più e non poterne fare a meno: Schumacher e Michael Jordan. Non vedere l’ora di avere altra vita, anzi la vita: le regine dei tuffi Tania Cagnotto e delle vasche Federica Pellegrini sono campionesse in scadenza, entrambe hanno fissato la data della licenza dall’acqua dopo Rio 2016. Per prendere il largo davvero.
2. UN FIGLIO SÌ, LE OLIMPIADI FORSE ADESSO LA MIA VITA È PERFETTA” - PENNETTA DOPO IL TRIONFO A NEW YORK: “RESTERÒ NEL TENNIS PER TRASMETTERE LA MIA ESPERIENZA”
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
Il cambio di scena è immediato. I turisti della domenica stanno scattando le foto dalla terrazza del Rockefeller Center verso Central Park, l’Empire, Ground Zero, quando vedono una ragazza uscire dall’ascensore in tacchi a spillo, vestito blu elettrico mozzafiato, e una coppa in mano. «Ma chi è?». Flavia Pennetta. «Quella che ha vinto gli Open?». Smartphone e macchine fotografiche si girano all’istante verso l’interno della terrazza, mentre lei sorride con la simpatia che ha contraddistinto la partecipazione di tutte le tenniste italiane agli Open.
Come hai festeggiato sabato sera?
«Ero abbastanza stanca, quindi abbiamo optato per una cena tranquilla e una buona bottiglia di vino in un ristorante, con il mio team e Fabio. Eravamo in quattro e siamo stati benissimo. Pensavo che finalmente la notte avrei dormito, e invece sono rimasta più sveglia che il giorno prima della finale».
Dopo la vittoria hai detto che lasci il tennis a fine stagione. La decisione è definitiva, o potresti arrivare fino alle Olimpiadi dell’anno prossimo?
«Ora non ci sto pensando. Voglio vivere questo momento al massimo. Poi penseremo al futuro, magari fra qualche giorno. Mio padre vorrebbe che continuassi fino al 2050».
Perché hai deciso di lasciare?
«È diventato molto duro per me competere. Giochiamo 24 settimane all’anno, per farcela devi combattere ogni settimana, e sento di non avere più questa forza. Il tennis è meraviglioso, ma anche esigente. Da giovane devi fare molte rinunce, perdi molte cose. Ora però, con questa vittoria, la mia vita è perfetta».
Quando lo hai detto a Roberta Vinci?
«Dopo la partita, mentre eravamo sedute sulla sedia. Lei ha risposto di scatto: che?! Ma poi ha aggiunto: no, fai bene, è giusto così, perfetto».
Il premier Renzi ha detto che tu e Roberta non avete solo scritto una straordinaria pagina sportiva e umana, ma anche dato un esempio all’Italia.
«Sono contenta per le sue parole, e perché ha trovato il tempo per non perdersi questo momento storico per lo sport italiano. Ho ringraziato molto lui, il presidente del Coni e quello della Federazione, il fatto che siano venuti è stato un gesto meraviglioso. Se poi posso essere d’ispirazione, ben venga. Sabato è stata una grande giornata per l’Italia. Con tutti i problemi che ci sono, le difficoltà quotidiane, è stata una boccata d’ossigeno. In fondo questo era il nostro sogno, la nostra speranza, e con Roberta abbiamo dimostrato che i desideri si possono realizzare. È stato un messaggio di forza, che poi chiunque può adattare alla propria vita».
Con questa vittoria hai scavalcato Francesca Schiavone e sei diventata la numero uno del tennis italiano?
«No, non mi pare il caso di fare graduatorie. In questi anni l’Italia ha avuto quattro atlete che sono arrivate a giocare una finale dello Slam, dando al nostro tennis qualcosa che chissà quanto ci vorrà per averlo di nuovo. O magari no, magari arriverà presto. Quattro ragazze che si sono spronate a vicenda. In alcuni casi hanno fatto anche a capocciate, sono volati i vaffa..., ma il risultato è quello che avete visto».
Continuerai a giocare in doppio con la Errani?
«Spero torni a giocare con Roberta, in particolare alle Olimpiadi. Si meritano di avere questa opportunità, e io mi farei subito da parte».
In futuro potresti fare l’allenatrice?
«Non credo di essere una brava maestra, non saprei come impostare un bambino...».
Nemmeno tuo figlio?
«A quello ci penserà Fabio - risponde lei con un sorriso, ammiccando al fidanzato Fognini che le sta accanto, con cui si sposerà presto -. Però non vedo la mia vita senza il tennis. Mi piace. Qualcosa si può pensare, magari sui metodi di allenamento. In Italia abbiamo una base molto buona, un buonissimo insegnamento della tecnica. Sarebbe un peccato non trovare il modo di trasmettere l’esperienza meravigliosa che ho vissuto».