Michele Serra per “la Repubblica”
Prima di prendere parte al dibattito "popolo versus élite", sollevato dal denso intervento di Baricco su Repubblica, avrei bisogno di un chiarimento. Anzi, più che di un chiarimento si tratta di una pre-condizione. Senza la quale sono i termini di partenza del dibattito che mi sfuggono; figuratevi dunque le sue conclusioni.
La domanda è questa: perché io, che ho cominciato da zero (stenografo), mi mantengo con il mio lavoro da quando ho 21 anni e ho sempre pagato le tasse (molte) sarei "élite", e un imprenditore leghista che fattura dieci volte più di me e magari qualche tassa non la paga, sarebbe invece "popolo"? Perché un insegnante di liceo che guadagna 2.000 euro al mese (quando ci arriva) dovrebbe sentirsi classe dirigente, e un tassista che ne guadagna altrettanti, o qualcuno in più, è autorizzato a sentirsi "popolo"?
E perché mai un ministro che non ha mai fatto un lavoro diverso dalla politica, prende lo stipendio da europarlamentare e vive con tutti i benefit (che non contesto) dello Stato, può definirsi "dalla parte del popolo", mentre io che ho sempre dovuto pagare di tasca mia ogni passo, ogni gesto, ogni dettaglio della mia vita, farei parte dell' élite?
Non sono domande provocatorie. Sono domande strutturali. Se la risposta dovesse essere, come io penso, che tanto la qualifica di "popolo" quanto quella di "élite" sono banalizzazioni (nella migliore delle ipotesi) o contraffazioni ideologiche (nella peggiore), questo dibattito andrebbe ripensato daccapo.