Massimiliano Lenzi per “Il Tempo”
Molto passato, un presente nostalgico e poco futuro. Le tre età della televisione italiana, nel 2015, ancora non tornano tra di loro, troppo ancorati come siamo al vecchio modo generalista di produrre ed editare contenuti e così poco proiettati verso l'era dell'on demand, che negli Stati Uniti - paese con oltre trecento milioni di abitanti e quindi un mercato cinque volte e passa quello italiano - è già una realtà, al punto da aver rivoluzionato il sistema e messo in crisi network tradizionali come, ad esempio, la Cnn, la tv via cavo che fino al secolo scorso era considerata un vero e proprio modello di innovazione.
Eppure qualcosa, anche nella pigra Italia, si sta muovendo. L'arrivo di Netflix (la società statunitense, produttrice di "House of Cards", nata nel 1997, per offrire un servizio di noleggio di DVD e videogiochi via Internet e che, dal 2008, offre un servizio di streaming online on demand, accessibile tramite un apposito abbonamento) previsto per la fine del 2015 sembra infatti aver scosso i principali operatori televisivi nazionali, Rai, Mediaset e La7 al punto da far emergere sinergie per far fronte alla rivoluzione televisiva in arrivo.
Il segnale di questa sveglia nazionale si chiama TivùOn, l’on demand gratuito di Rai, Mediaset e La7. Dopo il lancio delle offerte online delle pay-tv (in particolare di Mediaset Premium e di Sky), ecco allora che la cara e vecchia tv generalista italiana si è decisa ad organizzarsi, un esperimento di partenza per rispondere alle sfide del futuro. Cosa sarà dunque la TivùOn in gestazione?
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Si tratta di un nuovo servizio per le smart tv che raccoglierà in un unico ambiente condiviso i contenuti delle reti Rai, Mediaset e La7, che verranno proposti in modalità on demand gratuita. Al centro del progetto che, dal punto di vista temporale dovrebbe prendere vita entro il 2015 (guarda caso la stessa scadenza, salvo cambiamenti, segnata per lo sbarco di Netflix), ci sarà Tivù, la società creata nel 2008 da Rai, Mediaset e Telecom con il duplice obiettivo di promuovere la diffusione dell’offerta televisiva digitale terrestre gratuita sul territorio nazionale e lanciare tivùsat, la prima piattaforma digitale satellitare gratuita.
Di recente, tra l'altro, Tivù, di cui è presidente Alessandro Picardi, ha lanciato pure il servizio tivùlink sul satellite. La settimana scorsa a Firenze, promossa da Rai Com, la società della Rai che si occupa della valorizzazione e della commercializzazione dei prodotti della tv del servizio pubblico (guidata da Luigi De Siervo), si è tenuta una tre giorni di dibattito, gli "Screenings", sul futuro del mercato audiovisivo. Tra i temi affrontati anche l'on demand e la televisione delle convergenze.
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Gli interrogativi, oggi, per gli operatori italiani sono pochi ma sostanziali: come non perdere mercato e peso produttivo contro i nuovi network, come Netflix ad esempio? Come superare i ritardi delle infrastrutture di rete? Come sviluppare le convergenze multimediali? Come produrre innovazione editoriale in tv? Domande a cui, a suo modo, TivùOn comincia ad essere una prima, iniziale risposta anche se resta da capire, ma lo vedremo presto, se i contenuti editoriali che Rai, Mediaset e La7 metteranno a disposizione in questa loro alleanza, saranno originali per l'on demand o repliche dalla generalista.
Un nodo decisivo, questo, anche in considerazione del fatto che una delle ragioni del modello vincente Netflix è appunto l'originalità della produzione (vedi, per ripetere, "House of Cards").
Nella tre giorni di Firenze, un punto interessante lo ha toccato Emilio Pucci, direttore di e-Media, riguarda all'on demand ed al consumo di banda, visto che si va ormai verso una progressiva convergenza tra televisione, telefonia e banda larga. "C’è una ipermedialità spinta – ha spiegato Pucci – e perciò acquistano sempre maggiore importanza gli ambienti extra-editoriali, gli indicizzatori di contenuti e di utenti".
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Negli Usa, ad esempio il consumo della banda larga è così distribuito: Netflix 32%, YouTube 13%, pagine web 9%, BitTorrent 5%, altre applicazioni 41%. In Europa il quadro è diverso, non essendoci ancora Netflix: YouTube 20%, pagine web 16%, BitTorrent 14%, Facebook 8%, altre applicazioni 42%. Cosa ci fanno capire questi dati? Che nel Vecchio Continente ed in Italia ci sono, nel settore, spazi di mercato enormi, ancora liberi od aggredibili. Spazi, in mancanza di concorrenti, destinati ad essere fagocitati dall'arrivo di Netflix. Rai, Mediaset e La7 sembrano cominciare a capirlo. Meglio tardi che mai.