Anticipazione da OGGI
copertina oggi - 11 aprile 2024
Mentre colleziona record di ascolti su Rai 2 con «Belve», Francesca Fagnani si racconta in esclusiva a OGGI, che le dedica la copertina del numero in edicola da domani. «Ho paura di non essere all’altezza di quello che mi sta succedendo. Ho è un’ansia che mi porta a lavorare il triplo. Ho visto salire e scendere rapidamente persone ben più importanti di me e questo mi ricorda sempre che “successo”, in fondo, è un participio passato», dice la giornalista a OGGI commentando gli ottimi risultati – in tv e sui social - della sua trasmissione.
Dove ha appena intervistato Fedez («Ho visto un Fedez libero, con una grande autonomia di pensiero. Dà la sensazione di essere in una fase di recupero del se stesso delle origini, sembra in un momento di libertà psicologica molto forte. E la libertà, quando la ritrovi, è sempre inebriante»), facendolo piangere.
Era già successo con Matteo Salvini: «Erano lacrime autentiche. Succede spesso su quella domanda finale: “Se potesse riportare in vita qualcuno e dirgli qualcosa chi sarebbe e cosa gli direbbe?”. È una domanda che faccio sempre perché me lo sono chiesta io per prima». A quella domanda lei risponderebbe di voler rivedere sua mamma, mancata nel 2015: «Lei e zia Lella, la tata che prima ha cresciuto lei e per un po’ anche me. A zia Lella vorrei chiedere scusa per certe crudeli stupidaggini che si fanno da bambini.
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A mia mamma vorrei poter dire che la amo. Non gliel’ho detto abbastanza. E vorrei scusarmi per il tempo non dedicato; quando sei giovane non ci pensi».
Si dice infastidita per le domande sulla sua relazione con Enrico Mentana e parla per la prima volta del suo primo libro, «Mala», in libreria dal 30 aprile. «È sulla criminalità romana. A Roma ci sono figure che comandano la città da 40 anni. Come Michele Senese, al vertice di un cartello del narcotraffico in cui sono cresciute figure importantissime. O come Ciccio D’Agati, da decenni referente di Cosa Nostra a Roma.
Nel libro cerco di ricostruire l’organigramma di questo cartello», dice a OGGI, e ricostruisce anche gli esordi della sua carriera, con Giovanni Minoli e Michele Santoro. «A parte il tacco, che è un abito di scena, non c’è differenze tra la “me” di “Belve” e quella delle inchieste sulla criminalità. Il giornalismo prende rivoli diversi che in comune hanno il metodo. Mi approccio allo studio dei personaggi che intervisto con la stessa cura con cui studio gli atti di un processo».
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