renzi sulla webtax anti google
Giovanni Rossi per “il Giorno” – Quotidiano.net
«Andreotti, Moro e Berlinguer, nelle foto degli anni Settanta, avevano le facce di chi era contento di servire la propria chiesa politica e il proprio Paese. Invece i politici di oggi, paparazzati o autoimmortalati sui social, hanno gli sguardi di chi sta a divertirsi a spese degli italiani».
Roberto D' Agostino, 69 anni di eclettico vissuto, è l' ideatore e fondatore di Dagospia, il sito (nato nel Duemila) che per primo ha cavalcato l' informazione on line in Italia senza padrinati di rango. Un caso di scuola: linguaggio alternativo, iconografia dirompente, fotomontaggi dissacranti, gli occhi e la penna ficcati nel ventre della società.
Disintermediare il rapporto coi cittadini. Più i rischi o più i vantaggi?
«Più i vantaggi, ma a patto di conoscere la cornice, il contesto, le potenzialità. Anche i rischi certo. È stata la vittoria di Obama a sdoganare l' uso dei social media in politica».
beppe grillo davide casaleggio
In Italia?
«Manca la cultura. Solo Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo hanno percepito la rivoluzione digitale. M5S è il primo movimento politico di un Paese occidentale nato dal mouse, senza giornali o televisioni o sedi di partito alle spalle, e per questo è osservato attentamente anche dall' estero. Gli altri si sono messi a rincorrere. Spesso senza strategia né conoscenza. Perché il web è molto più di un ciclostile elettronico».
I partiti potrebbero far scuola di tweet.
«L' Italia è un condominio allargato, non un paese largo lungo e profondo come gli Stati Uniti dove internet ha davvero consentito al farmer del Midwest di entrare in rapporto diretto con il Presidente. Qui resistono altre logiche».
IL TWEET DI SALVINI CONTRO CROZZA
Il politico italiano medio?
«Miope e narcisista. Un po' ridanciano. In parte sospettoso del nuovo media, in parte smanioso di esserci. Senza una seria cifra stilistica. Oppure delegando in eccesso allo staff. Il contrario di Trump, che quel che twitta è roba sua, a costo di qualche gaffe. E questo i suoi elettori lo sentono. È persino più avanti di Obama che, una volta eletto per merito della Rete, dei nerd, dei guru della Silicon Valley, ha virato su modelli "pettinati" e meno interattivi».
In ogni caso una rivoluzione politica?
«Sono tempi durissimi. In pochi anni siamo passati dal Medioevo della comunicazione al Rinascimento digitale. Ogni presunta certezza può far la fine dei gettoni telefonici: sparire per sempre».
Il medium più adatto?
«Twitter, che pure è il più in crisi. I 140 caratteri sono un binario eccellente per imparare, per non sbrodolare. Facebook è più complesso e antico. Instagram è una trappola che richiede straordinaria sensibilità estetica. Farsi male da soli è un attimo: tipo fermarsi alle foto, incuranti dell' effetto-santino. Meglio minivideo di 15/20 secondi. E un sano autodosaggio».
Matteo Renzi social?
«Troppo yé-yé. Tante parole, troppe promesse. In questi casi i romani dicono: 'Questo ha scoperto la forchetta da una settimana'. Funziona meglio Matteo Salvini».
Fare i parlamentari, essere social. Non è un invito a farsi odiare?
«La centrifuga delle news h 24, in un rapporto diretto con i cittadini, è pesante. Chi accetta la sfida deve trovare una cifra di autenticità e di interattività. Sono convinto che tra qualche anno, anche grazie al web, ci saranno parlamentari più preparati».
Nella Capitale tentatrice?
«La città eterna è dura per tutti - persino per Papa Francesco.
Lo diceva Flaiano: 'Roma non confonde mai la cronaca con la Storia'. Neppure sul web».