Estratto dell’articolo di Federico Pontiggia per “il Fatto Quotidiano”
QUENTIN TARANTINO CON UNA PISTOLA
Gli spari sopra sono per noi. Non è Vasco Rossi, ma Quentin Tarantino: “Uno dei motivi per cui non ho una pistola è che se avessi una pistola e un ragazzino di dodici anni entrasse in questa casa, lo ucciderei”. Non possiamo tranquillizzarvi, sopra tutto lì dove batte il cuore, ché il regista più famoso al mondo dopo Spielberg e Scorsese non sta bluffando: “Non ha il diritto (il ragazzo, ndr) di entrare in casa mia. Devo presumere il peggio. Non lo bloccherei fino all’arrivo degli agenti, non sparerei per ferirlo. Scaricherei la pistola fino a quando non muore”. […]
perche e divertente - interviste a quentin tarantino
Da memore figlio unico, Quentin ha “bisogno di stare solo”, e quando non gira o vede un film gli piace leggere: “È quasi come il sesso in una relazione: devi continuare a farlo, sennò non lo fai più”. Problema, rischia(mo) che non faccia più cinema, avendo prima dichiarato a più riprese che si fermerà a dieci lungometraggi e poi mollato l’inteso decimo, The Movie Critic: “Non voglio diventare un vecchio regista. Molte delle giovani leve del cinema degli anni Settanta sono invecchiate e si vede nelle loro opere. I registi non migliorano invecchiando. Penso davvero che dirigere sia un gioco per giovani”.
Che ha in mente o, meglio, chi ha nel mirino l’appena sessantunenne Quentin? “Se dico che i film di Martin Scorsese stanno diventando un po’, diciamo così, geriatrici, lui può rispondere: ‘Fanculo, amico! Sto facendo quello che voglio fare, sto seguendo la mia musa’, e ha ragione al cento per cento. Io sono nella mia chiesa a pregare il mio Dio e lui è nella sua chiesa a pregare il suo. C’è stato un tempo in cui eravamo nella stessa chiesa, e mi manca”. Amen, e due.
MARTIN SCORSESE QUENTIN TARANTINO
Per un italoamericano che rimbrotta, due italiani che adora: “Sergio Leone è il mio regista preferito in assoluto. Stranamente, per quanto lo ami, il mio lavoro assomiglia più a quello di Sergio Corbucci. È lui l’altro maestro, per quanto mi riguarda”. Corbucci di cui per Django Unchained mutuerà non solo il “West brutale” e la “violenza surreale”, ma l’immaginario dei cowboy che rappresentano “davvero il fascismo (il che ha senso, visto che l’Italia era uscita da poco dalla dittatura di Mussolini) in una storia americana affine, quella della schiavitù nel sud antebellico!”. E – avoja con Trump – sono sempre spari sopra.
QUENTIN TARANTINO CON UNA PISTOLA
Nella raccolta di interviste, curate da Gerald Peary e tradotte da Sara Bilotti per minimum fax, Perché è divertente (in libreria da venerdì), c’è spazio anche per un passaggio critico sulla critica: “Online ci sono alcuni bravi critici, ma ci sono anche certi fan-boy che dicono cose del tipo: ‘Oh, questo fa schifo al cazzo’”. […]
Eppure, critico Tarantino sente, e sa, di esserlo: “Dentro di me c’è un critico, e anche un comico, che vuole uscire fuori e risultare divertente nei talk show, non un regista del cazzo noioso ed egocentrico. Vuole uscire e spaccare, cazzo!”. Amen, e quattro.
Per dirla con Terrence Malick, quella di Tarantino era (è?) rabbia giovane: “Prima di avere successo avevo tanta rabbia addosso, perché sentivo di essere bravo quanto lo sono ora e non mi veniva riconosciuto. Non parlo delle stronzate da star, solo del rispetto per quello che faccio”. Sarebbero venuti i film – acclamati se non idolatrati, da Pulp Fiction a Le Iene, da Jackie Brown a Bastardi senza gloria – a rabbonirlo, i festival a svezzarlo al mondo: “Non ho mai lasciato la contea di Los Angeles prima di compiere trent’anni. Non sono mai andato da nessuna parte. Quando poi ci sono andato (al Sundance Film Festival, ndr) era la prima volta che vedevo la neve”.
QUENTIN TARANTINO CON UNA PISTOLA
La fama non avrebbe atteso, e “la cosa più strana di essere una celebrità è che incontri altre celebrità che non conosci affatto, ma che invece trovi familiari. È come se le conoscessi già, perché sai così tante cose di loro”. Michelle Pfeiffer vorrebbe tanto conoscerla, Mickey Rourke lo ama, ma “trovo difficile entusiasmarmi per qualcuno che dice: ‘Ah, fanculo la recitazione, non conta un cazzo per me’”, tra gli attori della sua generazione predilige Tim Roth, “per la sua versatilità e ferocia”; Sean Penn, “per il carisma da sesso e violenza”. […]
Anche Quentin Tarantino è all’altezza, delle proprie ambizioni e delle proprie ossessioni, a partire dalla violenza: “La trovo parecchio divertente. Fa parte di questo mondo e sono attratto dalla brutalità della violenza nella vita reale: sei in un ristorante e un uomo e sua moglie stanno discutendo, quando all’improvviso l’uomo si infuria così tanto con lei che prende una forchetta e gliela conficca in una guancia. Mi interessa l’atto, l’esplosione e le sue conseguenze. Cosa facciamo dopo?”.
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