Piergiorgio Odifreddi per "la Stampa"
La mia prima reazione alla notizia che Benigni concelebrerà con Bergoglio è stata un sobbalzo sulla sedia. Che la trama del film Il Pap'occhio sia diventata realtà? Che il papa abbia davvero convocato un comico (il regista Arbore nella finzione del 1980, l'attore Benigni nella realtà del 2024) per inscenare uno spettacolo per la televisione vaticana?
Che il Padreterno stia veramente preparandosi a intervenire, arrivando con una Panda targata "Paradiso 0001" in Piazza San Pietro, come d'altronde già fa regolarmente il suo attuale vicario? Che Benigni rischi alla fine di essere inghiottito dall'Inferno, dopo aver troppo giocato con il fuoco dell'aldilà nelle conferenze-spettacolo del tour Tutto Dante?
La mia seconda reazione, nello stile di una delle prime esternazioni di Francesco, è stata invece: «Chi sono io per giudicare?» . Perché mai, se un professore ateo e anticlericale come me ha potuto frequentare un professore credente e papa come Ratzinger, arrivando a pubblicare due libri insieme a lui, un uomo di spettacolo ateo e anticlericale come Benigni non potrebbe frequentare un uomo di spettacolo credente e papa come Bergoglio, arrivando appunto a fare un evento insieme a lui?
A ben pensarci, si tratta del coronamento di un duplice percorso, compiuto individualmente dai due protagonisti, che li ha portati a incontrarsi a metà strada.
Una convergente metamorfosi, che ha tramutato il papa in un attore religioso, e l'attore in un papa laico.
Francesco è stato criticato fin dagli inizi, dai suoi fedeli, per aver evitato il più possibile di fare il papa, alla maniera tradizionale dei suoi predecessori, ed essersi profuso invece in atteggiamenti spettacolari e prese di posizione controverse.
Per esempio, la sbandierata scelta "pauperista" della residenza in Santa Marta e delle utilitarie, le continue interviste ai giornali e alle televisioni, i libri autobiografici, le partecipazioni a eventi politici come i forum sulla famiglia e la natalità, le finte e insostanziali aperture nei confronti della comunione ai divorziati e delle nozze gay, la pessima scelta di vari collaboratori, addirittura le risse pubbliche con i subordinati.
Tutto questo ha spesso creato sconcerto e confusione nei fedeli e nel clero, e non a caso da tempo si parla di un possibile scisma nella chiesa tedesca.
Benigni, dal canto suo, è ormai lontano anni luce dall'attore dissacrante e antisistema dei suoi primi film e delle sue prime partecipazioni televisive. La frequentazione e la declamazione di Dante l'ha portato naturalmente a mescolare sacro e profano, e a tendere sempre più verso il primo, allontanandosi sempre più dal secondo. Da tempo le sue frequentazioni, le sue platee e i suoi argomenti sono diventati istituzionali: non più il capo dell'opposizione (Berlinguer), i festival dell'Unità e le variazioni linguistiche sul tema della vagina, ma il presidente del Consiglio (Renzi), i festival di Sanremo e l'elogio della Costituzione.
Al tempo del Covid, i due futuri comprimari hanno già effettuato separatamente le prove generali del loro prossimo comune spettacolo: papa Francesco apparendo da solo in Piazza San Pietro, al cospetto unicamente del Padreterno, e Benigni recitando da solo in Quirinale, al cospetto unicamente del Presidente della Repubblica. Il tutto, naturalmente, trasmesso in televisione, a beneficio dei fedeli spettatori e degli spettatori fedeli.
Godiamoci dunque lo spettacolo del 26 maggio, cercando di ricordare chi dei due comprimari è il papa e chi l'attore, e sperando di riuscire a distinguere lo spettacolo dalla predica. Anche se io scommetto che nessuno dei due ricorderà lo scandalo planetario della pedofilia ecclesiastica cattolica, che la Giornata Mondiale dei Bambini ha anche lo scopo di far dimenticare.
papa francesco roberto benigni 1 IL PAP'OCCHIO IL PAP'OCCHIO IL PAP'OCCHIO roberto benigni pap'occhio pap'occhio renzo arbore pap'occhio pierluigi odifreddi