Paola Italiano per la Stampa - Estratti
Ha appena compiuto 60 anni e di vite alle spalle ne ha più di una. Marco Masini aprì il sipario sugli Anni 90, i miti sorridenti da windsurf svanivano e ci scoprivamo «tutti un po' più infelici».
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Masini, bizzarra scelta un concept album in tempi di tormentoni mordi e fuggi, no?
«È una cosa che si faceva negli Anni 70, volevo dare un senso vintage. Amore è in senso universale, non solo lei e lui, intendo l'amore per sé, per un figlio, un padre, un animale, un angolo della nostra adolescenza».
marco masini carlo conti panariello pieraccioni
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Perché?
«Devi combattere con paletti, regole, minutaggi, radiofonicità. Veniamo da un mondo in cui le storie si potevano raccontare in 5 minuti, non è più così e ci si deve adeguare, cercando di mantenere quel senso di viaggio interiore che mi ha rappresentato negli Anni 90».
Chi era quel ragazzo degli Anni 90 e chi è oggi?
«Uno che voleva cambiare il mondo e poi si è accorto che il mondo non l'ha cambiato. Ma è più consapevole e maturo».
Quindi i 60 anni li ha presi bene.
«Beh, il baricentro dell'anagrafe oggi si è spostato: io guardavo mio padre a 40 anni e mi sembrava un vecchio. Oggi sembriamo più giovani, ma poi gli anni sono quelli».
Nei nuovi pezzi ci sono molti riferimenti all'infanzia: che bimbo era il piccolo Marco?
«Un'infanzia guidata dalla musica. A 4 anni i miei genitori mi regalarono un organetto Bontempi, la mattina di Natale ho cominciato a suonare a orecchio, senza mai aver visto una tastiera: capirono che sarebbe stato un incubo. A Sanremo '90 feci capire che l'incubo si era trasformato in sogno, anche se mia madre non riuscì a vederlo: morì quando avevo 17 anni. L'organetto però mi aveva portato lontano, anche se mio padre non l'aveva vissuta benissimo».
Cosa non gli andava bene?
«Avrebbe voluto per me un lavoro sicuro, magari statale».
Lei invece, per dirla con versi suoi, era il figlio che non voleva consigli e rispondeva tra i denti "vaffanculo".
«Tanti consigli non li ho ascoltati non tanto per ribellione, quanto per amore incondizionato verso la musica. Vivevo la mia gioventù con l'entusiasmo e l'emozione del concertino che avrei fatto alla Casa del popolo, o per il piano bar il venerdì sera all'Hotel Croce di Malta di Firenze. Sono passato da tre stranieri con il whisky a guardarmi senza capire nulla a migliaia di fan nei palasport».
Ma Carlo Conti lo conobbe prima del successo, giusto?
«Nell'82, avevo 17 anni. Ai tempi facevo musica dance e mi ero messo in proprio: registravo, realizzavo e scrivevo pezzi, sigle per discoteche, jingle per le radio di Firenze. E conobbi molte persone tra le quali Carlo. Un giorno mi chiese di fare un pezzo suo che si chiamava It's ok it's all right, cantato da lui: purtroppo per lui allora l'autotune non era stato inventato».
Era tanto tremendo?
«Siamo stati quasi tre giorni a cercare di farlo cantare. Ma alla fine da lì è nata un'amicizia.E Carlo è stato poi una sorta di impresario per me, mi ha sponsorizzato, mi chiamava e mi diceva: "C'è da fare la sigla per un'altra discoteca"».
Lo imita perfettamente.
«Siamo diventati amici di quelli che si sentono e si vedono quasi tutti i giorni».
Quindi c'è una probabilità che accompagni il suo amico Conti a Sanremo?
«È capacissimo a guidare».
Suona come un no.
«Lo accompagno allo stadio, ma a Sanremo ci va da solo».
Disperato nacque in inglese, perché?
«Ai tempi scrivevamo prima la musica, i testi nascevano in inglese, ma un inglese finto. Come Prisencolinensinainciusol di Celentan: buttò giù una traccia guida e decise che era più forte del testo in italiano».
Celentano è un personaggio importante nella sua biografia, raccontò i pregiudizi di cui era vittima.
«Mi chiamò per raccontare in tv la mia storia e cantai un pezzo di Mia Martini, erano storie erano molto simili. Per me Adriano è un mito assoluto, una leggenda e lo ringrazierò per sempre per aver dedicato il suo tempo alla mia storia».
Scusi, ma lei per caso lo ha sentito ultimamente?
«No, da allora ci siamo risentiti un paio di volte, ma non siamo diventati amici stretti. Non c'è quel tipo di rapporto».
A 60 anni c'è un desiderio che deve ancora realizzare?
«Vedere la mia Fiorentina vincere uno scudetto».