Estratto dell'articolo di Mario Luzzatto Fegiz per il "Corriere della Sera"
Era commozione vera quella che si percepiva nel pomeriggio del 29 gennaio 2009 nella Chiesa di Sant’Eusebio di Agrate negli occhi di Adriano Celentano e Claudia Mori, di Roby Facchinetti, Gianni Morandi, Mike Bongiorno, Memo Remigi, Nicola Di Bari, Shel Shapiro, Mario Lavezzi, Valerio Merola, e tanti altri fra i quali il ministro Tremaglia, il presidente della provincia Penati, i sindaci di Reggio Calabria e di Fiumara.
Il funerale di Mino Reitano, che era mancato due giorni prima a soli 64 anni per un cancro all’intestino, diede la misura concreta e precisa della popolarità di un personaggio profondamente radicato nella coscienza collettiva della gente comune, e anche profondamente stimato dai colleghi. […] Giuseppina, 45 anni, la figlia maggiore, custode dell’eredità artistica del padre insieme alla madre e all’altra sorella Grazia Benedetta, (44 anni, vive ancora nei pressi di Agrate nel villaggio costruito da Mino nel 1969).
È vero che era amico dei Beatles?
«Papà aveva un bellissimo rapporto con i Beatles non ancora famosi. Suonavano negli stessi locali di Amburgo. Quando McCartney arrivò come super ospite a Sanremo 1988 gli venne annunciato che c’era in gara anche una sua vecchia conoscenza, Mino Reitano. Reitano who? Non conosco nessun Reitano. Poi l’equivoco fu chiarito. Reitano si esibiva con lo pseudonimo di Benjamin. All’inizio partì da solo per la Germania, poi fu raggiunto dai fratelli. Benjamin and his brothers. Si esibivano in vari locali di Amburgo. I Beatles non si chiamavano ancora Beatles. Pete Best suonava la batteria (poi sostituito da Ringo Starr). A Harrison, Paul, Lennon, il nome Mino Reitano non diceva nulla. Lo chiamavano Benjamin. Beniamino».
mino reitano e patrizia vernola con le figlie
Che rapporto aveva con suo padre?
«Ho deciso di occuparmi a tempo pieno di papà tutelando l’immenso patrimonio musicale di Mino Reitano autore o interprete di successi come “Una chitarra cento illusioni”, “Io per lei” (dei Camaleonti), “Una ragione di più”. Autore per molti colleghi ma anche, appunto, interprete molto originale. In casa si masticava molta musica e papà è stato un grande maestro. Ma non ho mai desiderato salire sul palco. Ho sempre lavorato per lui dietro le quinte».
[…] I rapporti con i colleghi?
«Tutto lo ricordano in bene. Amore e rispetto del prossimo. Rapporti stretti con Morandi, Ranieri, Little Tony, Celentano. Adriano veniva per giocare a pallone nel nostro campo di calcio. A sorpresa è arrivato al funerale con Claudia. Del resto era facile diventare suoi amici. Dolce, affabile, simpatico, non sgomitava. I colleghi amavano stare con lui».
La critica lo prendeva in giro. Nel mirino la canzone «Italia».
«Ha citato l’unica canzone che lo vede solo interprete. Il testo e la musica sono di Umberto Balsamo. Lui ha pagato lo scotto di essere un cantante nazionalpopolare. Consapevolmente».
Come nascevano le sue canzoni?
«Lui aveva ispirazioni immediate. Girava con un registratore mangiacassette e lo teneva sempre pronto. Non appena gli veniva una melodia lui registrava. In seconda battuta andava al pianoforte, magari in piena notte, e sviluppava la melodia a volte con un testo maccheronico».
[…] Era un buono vero. Perché fu osteggiato?
«Forse proprio per la sua bontà. Un ragazzo semplice che però aveva tanto da comunicare a livello vocale e di composizione. Questa sua normalità fornì lo spunto a qualcuno per prenderlo in giro. E lui rispondeva creando grande musica fino alla fine».
In cosa consisteva la sua unicità?
«Stiamo di fronte a uno dei più grandi artisti popolari italiani. Coniugava ricchezza di estensione vocale e di armonici con la capacità umana di saper coinvolgere il pubblico. Essere uno di loro. Era cresciuto in grande povertà. La sua grande umanità veniva percepita dalle platee».
Politica?
«Era molto rispettoso delle idee altrui. Pur non avendo studiato assorbiva molto dai mondi che frequentava allargando la mente».
L’ha mai visto arrabbiato?
«Raramente, ma sì. Si arrabbiava di fronte a certe critiche secondo lui ingiuste. Ma non dava in escandescenze. Si chiudeva in se stesso. Rabbia silenziosa. Si sentiva ferito e stava muto. Lui dava se stesso come uomo e come artista. Alla fine forse si chiedeva se era valsa la pena di tutto questo altruismo».
[…] Il rapporto con la sua terra d’origine?
«Si sentiva ambasciatore di Calabria nel mondo come dimostra l’album “Omaggio alla mia terra”. Sa una cosa? Credo che Mino sia stato capito davvero solo dopo la sua scomparsa».
giuseppina reitano mino reitano beatles e mino reitano amburgo 1962 giuseppina reitano