Carlo Piano per “il Secolo XIX” - Estratti
BRIATORE TWIGA BAIA BENIAMIN VENTIMIGLIA
Avvertenza: il seguente articolo è sconsigliato ai minorenni e potrebbe comunque ferire la sensibilità delle lettrici e dei lettori. L’autore se ne scusa preventivamente ma non è riuscito - nonostante l’impegno - a svolgerlo in altro modo.
Antefatto
Squilla a vuoto il numero del Twiga Baia Beniamin. Saranno occupati nel ballo del qua qua che è tornato cool dopo l’interpretazione di Travolta. Sono disperato.
Scovo un contatto nelle pieghe del profilo Instagram twigaworld e scrivo una mail.
“Buonasera, vorrei sapere le modalità per prenotare una giornata al Twiga Ventimiglia per una persona a luglio. Ho provato a telefonare ma non risponde nessuno.
Grazie. Carlo Piano”
La risposta - sbrigativa e poco esauriente - arriva alle dieci della mattina dopo.
“Buongiorno Sig. Piano,
Twiga Baia Beniamin non ha servizio di spiaggia privata. Vi è servizio di ristorazione solo per il pranzo.
Cordialmente
Fabiana”
Niente tenda alla Gheddafi e lettino king size? Non sono uno che molla tanto facilmente. Nuovo messaggio.
“Grazie Fabiana,
allora prenoto a pranzo ore 13 giovedì 11 luglio per una persona.
A presto.
TWIGA BAIA BENIAMIN VENTIMIGLIA
Carlo Piano”
Tre ore più tardi lampeggia una notifica sul mio smartphone.
“Buongiorno Sig. Piano,
purtroppo, non possiamo accettare una prenotazione per una sola persona.
Baia Beniamin”
Diamine. Ne deduco che i single non sono graditi, sospetto però che il motivo non sia di ordine sociologico quanto piuttosto che spendono la metà di una coppia. Sono i precetti economici che Briatore impartiva nel suo talent televisivo The Apprentice. Gli apprendisti imparavano più dall’esperienza del Boss che da un master alla Bocconi.
Confido tuttavia che riuscirò a trovare qualcuno che mi segua al Twiga. Altro invio di posta elettronica.
TWIGA BAIA BENIAMIN VENTIMIGLIA
“Va bene,
allora facciamo per due sempre 11 luglio.
Grazie”
Nemmeno un’ora dopo la sospirata conferma in inglese.
“Your reservation at Twiga Baia Beniamin.
Thursday, July, 11, 2024, 2 guests – 12:30 PM”.
Veramente avevo detto alle tredici. Fa lo stesso. Segue ulteriore dispaccio in cui mi viene chiesto se andiamo in barca e avverte che “il party con la musica forte inizierà intorno alle 14.30/15.00!”. Ritmi, canzoni, donne di sogno, banane e lamponi. Chi lo cantava? Sono l’uomo più happy del mondo.
Svolgimento
Il giorno è giunto. È la festa di San Benedetto da Norcia. Trentadue gradi. Un caldo che squaglia anche le carte di credito. Sfoggio al polso il Rolex che mio padre mi ha regalato alla laurea e ho messo un paio di occhiali con montatura miele che celebrano Flavio Briatore. Camicia di lino bianco e bermuda blu. Mocassini senza calze. Sono stato dal barbiere. Lo specchio del bagno vorrebbe baciarmi.
(...)
TWIGA BAIA BENIAMIN VENTIMIGLIA
Cosa sentono i miei timpani? Non ci credo. Le casse diffondono la musica sinistrorsa di Bella ciao, seppur in versione strumentale, come fossimo a una convention arcobaleno della Schlein. Ma il Twiga non è fieramente di destra? La Russa e la Santanchè sono stati informati? Lo sa il ministro Sangiuliano?
Un treno della Sncf sferraglia verso Mentone sul binario alle nostre spalle – a meno di cento metri dalle tavole imbandite -coprendo la melodia partigiana e lasciandoci nel dilemma politico. Metteranno anche Bandiera rossa?
TWIGA BAIA BENIAMIN VENTIMIGLIA
C’è ancora poca gente attovagliata: due fidanzatini italiani, che sembrano quelli di Peynet, si fissano negli occhi come se il loro amore fosse eterno, un signore francese con il panama in testa borbotta con il figlio adolescente che indossa la maglia di Thuram. Ci deve essere stato qualche problema con la pagella.
“Benvenuti, gradite dell’acqua? Gassata o liscia?” ci sorride Emiliano da Roma, che ha lavorato al Twiga di Londra per dieci anni e poi è rimpatriato perché “me lo ha chiesto Flavio in persona”.
La bottiglia d’acqua costa dieci euro. Scorriamo con circospezione da monoreddito il menù scartando a priori la paella da centodieci euro a porzione, la bistecca di wagyu australiano (che sarebbe un bue in verità nativo del Giappone) del valore di centosessanta euro e l’astice alla griglia il cui prezzo schizza in base alla quantità desiderata.
(...)
“E da bere? Vino o champagne cosa gradisce, signor Piano?” Mi chiede Emiliano. Oddio il vino. Cerco di guadagnare tempo e ributto di là la palla: “Speravo d’incontrare qualche personaggio famoso al Twiga…”.
“E allora deve tornare nel fine settimana”, risponde con uno sguardo gonfio di promesse.
Lo champagne meno caro viene centossessanta euro e si sale fino a venticinquemila per un boccione di Cristal rosé. Nella carta non sono menzionate bottiglie di vino bianco ligure e così scegliamo due calici di Gavi dei Gavi etichetta nera da ventidue euro caduno. Certo che però un occhio ai viticoltori del territorio sarebbe stato carino.
La musica cambia genere e si passa a L’appuntamento della Vanoni: “Amore, fai presto, io non resisto. Se tu non arrivi, non esisto…”. Un brivido graffia il cuore.
Il tonno crudo su letto di purea è freschissimo, mentre il palato di Manrico Gatti giudica deliziosa la frittura. Gli credo.
Le paste sono servite al dente, in dose da camionista e abbondantemente condite. Forse anche troppo. Gli spaghetti impiattati a nido di rondine sono buoni ma unti. Manrico chiede altro pane per fare scarpetta nel sugo di pomodoro sfidando la generale disapprovazione. Lo fulmino con gli occhi ma se ne frega.
TWIGA BAIA BENIAMIN VENTIMIGLIA
Sanno essere generosi quelli del Twiga e ci offrono, a chiudere il pranzo, il caffè shakerato dal barman “che è un artista e lo fa proprio come piace al Boss”. I suoi gusti non si discutono: tanto che ha voluto inserire nel menù gli “Spaghetti Flavio” con aglio, olio, peperoncino e datterini. Solo venti euro ma ahimè oggi non sono disponibili.
Mentre sorseggiamo il nettare alla caffeina succede qualcosa di miracoloso. Un puntino bianco si avvicina dal mare. È un gommone carico di gente.
Non mi dire… dopo Bella ciao anche il pasto ai migranti? Neppure Fratoianni. Quando il tender attracca al pontile galleggiante del Twiga i sogni si dissolvono nella coscienza: ci sono a bordo un paio di uomini e una ventina di ragazze per la maggior parte sudamericane. Bellissime. Pelle color bronzo. Scollature da canyon. Cosce nervose. Sbarcano incespicando sui tacchi vertiginosi che poi affondano nella sabbia soffice. Sfoderano sorrisi ammiccanti.
“Chi sono queste signore?” sussurro incuriosito all’orecchio del cameriere Andrea.
“Sono ospiti venute per il pranzo”, glissa e prova a sfuggirmi trafelato verso la cucina.
Beh, questo già lo sapevo, dico tra me senza calarlo in parole. Lo afferro per il braccio.
“Ma dove le avete pescate. Nell’harem del sultano?”
La mascella del giovane waiter si irrigidisce: “Da Montecarlo. Sono clienti di Montecarlo”.
BRIATORE TWIGA BAIA BENIAMIN VENTIMIGLIA
Non sono soddisfatto e tantomeno convinto. Faccio due passi sulla spiaggia dove un fazzoletto d’arenile minuziosamente setacciato e tirato a lustro ospita i dodici lettini marchiati Twiga.
Un soggetto che sembra Gianluca Vacchi in astinenza da crioterapia solleva pigramente la testa dall’asciugamano e mi squadra. Il suo Rolex è il doppio del mio. Sorrido. Lui no. La spiaggia libera che circonda l’oasi a pagamento è cosparsa di mucchi d’alghe secche e ramaglie, qualche lattina accartocciata e un paio di boxer lisi che sciaguattano sulla battigia. Mi piacerebbe poterli intervistare.
Una signora con l’aria da professoressa liceale prende il sole sul materassino steso sui ciottoli: “Lei è del Twiga? Lo dica a Briatore che non è tollerabile distruggere la quiete con questo frastuono”. Dal suo punto di vista non ha tutti i torti.
TWIGA BAIA BENIAMIN VENTIMIGLIA
Torno al tavolo e in quello accanto si sono accomodate due delle ospiti monegasche appena approdate. Sono brasiliane e si chiamano Rafaela e Brenda. Natiche gonfiate dai polimeri e seni strizzati che tentano di divincolarsi dalla stretta del body. Borse di Chanel e Christian Dior. Zigomi impalcati e labbra a canotto. Spiluccano qualcosa dal piatto mentre origlio che un cameriere rammenta loro sottovoce: “Il vostro menù è quello che abbiamo fissato”.
Aspetto che si allontani.
“Perché non puoi scegliere cosa mangiare?” domando a quella con la faccia più simpatica, che si sta sparando un selfie a mezzo busto che è una minaccia per le mie coronarie.
“Ci hanno ingaggiate per ballare e fare un po’ di spettacolo. Non paghiamo. La sera noi lavoriamo nei locali di Monaco. Ci portano qui in barca”.
“Ma il Twiga vi dà qualcosa per il disturbo?” la incalzo da cronista di razza.
“Questi sono fatti miei. Se ci tieni offrimi qualcosa tu”.
La natura genovese mi spegne la voce.
Intanto ormeggia un secondo gommone, più piccolo, con a bordo una decina di ragazze. Sempre ospiti monegasche ma queste sono bionde, castane, rosse anche se introvabili, pelle di porcellana e occhi chiari.
TWIGA BAIA BENIAMIN VENTIMIGLIA
Hai capito quel volpone di Flavio. Crea la giusta atmosfera. Un grande. L’idea - senza nulla togliere al genio del Boss - ha però un precedente storico. Un tempo i francesi, per popolare le colonie d’oltremare, deportavano in vascello donne orfane e da maritare. Le spedivano a frotte. L’intento del governo di Parigi era diverso ma il sistema lo stesso.
Parte il djset e i bassi cominciano a pompare nel basso ventre. Ecco la musica forte. Sulle note di Flowers di Miley Cyrus le diportiste si mettono in moto dimenando curve che sono tornanti e agitando ventagli gialli. Impossibile distogliere lo sguardo. Con il ritmo di Ben Belen dei Gipsy Kings osano in pista anche i maschi e le signore più attempate che mulinano fazzoletti bianchi. Una tipa si è fatta innestare il viso di Barbie su un corpo da settantenne. Lo spacco sulla gamba floscia è temerario.
Le ragazze ormai sfrenate innalzano al cielo magnum di Ruinart come fossero la Coppa dei campioni. Non le stappano. Quando la musica scema i camerieri passano a ritirarle quasi strappandole dalle mani. Costano cinquecento euro l’una. Non scherziamo. Si cimenta nella danza anche un sorprendentemente agile Gatti scattando foto a più non posso. Non potevo trovare compagnia migliore.
Quando attacca a sfondare i timpani I will survive debuttano nell’arena due palestrati travestiti da bagnini di Baywatch e una stanga che impersona Pamela Anderson. Bella è bella ma non le assomiglia. Ha i capelli neri e scarso davanzale.
TWIGA BAIA BENIAMIN VENTIMIGLIA
I fidanzatini di Peynet continuano a tenersi per mano nel crescendo di un sirtaki che purtroppo silenzia lo sciabordio delle onde contro gli scogli. Ci starebbe bene come colonna sonora di una scena romantica.
Brenda si lascia piombare a peso morto sul divanetto ansimando e sbuffa: “Sono stanca, io stanotte devo lavorare. Allora mi offri qualcosa?”.
“Te lo offro io”, la abborda bruciandomi sul tempo un francese di origini arabe che sta fumando un narghilè e distribuisce flûte senza badare a calcoli meschini. La catena d’oro oscilla sui suoi pettorali glabri. Sono salvo. Che dite? Avrò fatto colpo?
Conclusione
(...) Peccato non aver incontrato nessun vip, che dovrebbe essere compreso nel prezzo. Speravo, se non in una attrice da red carpet, almeno in una comparsa, in un paio di influencer, in uno Scamacca qualsiasi, in qualche faccia da reality. Forse è stata solo sfortuna. La sfwiga perseguita anche il Twiga.
D’altronde non si può dire che il locale di Baia Beniamin (apprendo da fonti locali che il vero nome della cala è Darsenun) sia nato sotto la migliore delle stelle. Il giorno della conferenza per il lancio con Briatore e il sindaco Flavio – pure lui - Di Muro, il presidente della Regione Giovanni Toti fu costretto a dare buca in quanto arrestato a notte fonda in un hotel di Sanremo.
Non intendo affrontare vicende giudiziarie in corso ma resta il fatto che quella settimana l’oroscopo dell’ariete, segno zodiacale del tycoon di Verzuolo, suggeriva di astenersi dalle iniziative a causa di una sfavorevole congiunzione astrale. Un man del fare come lui non dà peso alle superstizioni, ciononostante sono le oscure trame del destino – che ci piaccia o meno - a governare la miseria delle nostre vite.
Consegno il biglietto al parcheggiatore e mi porta l’auto che sostava impietosamente a fianco di una mastodontica Porsche Cayenne gialla. Sembra contenta di tornarsene a casa.
“Fanno venti euro, signor Piano”.
“Eccoli. Scusi posso avere la ricevuta?”
“Non ho qui con me il blocchetto. Non la chiede mai nessuno”.
Così però il giornale non mi restituirà i soldi del posteggio. Sono sotto di quaranta euro compresa la mancia. Il Rolex della laurea segna le diciannove e va tutto quasi bene. Che bella giornata.