"SONO STATO UNA SETTIMANA IN UN MONASTERO DI CLAUSURA SENZA DIRE UNA PAROLA" - LE CONFESSIONI "MISTICHE" DI SIMONE CRISTICCHI: "SONO SEMPRE STATO TIMIDO, AL LIMITE DELL'AUTISMO. LA CANZONE 'VORREI CANTARE COME BIAGIO' FINÌ NEL CALDERONE DEI TORMENTONI MA IO NE SOFFRIVO. VOLEVO ESPRIMERE LA DIFFICOLTÀ DI UN ARTISTA NEL FAR RICONOSCERE LA SUA UNICITÀ" -"OGGI ESISTONO PERSONE CHE FANNO NUMERI SPAVENTOSI MA CHE POI HANNO DIFFICOLTÀ A RIEMPIRE UNA SALA…"

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Estratto dell'articolo per Chiara Maffioletti per il "Corriere della Sera"

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Lontano dai palchi, nel silenzio assoluto di un monastero di clausura. La ricerca spirituale di Simone Cristicchi dura da anni e una volta lo ha portato anche lì. «Sono stato una settimana senza dire una parola, ma è in quel momento che inizi a parlare con te stesso», racconta. Un concerto non si improvvisa, tanto meno un concerto mistico, come quello dedicato a Battiato («Torneremo ancora. Concerto mistico per Battiato») che il cantautore porta in tour da tre anni con Amara e che il 28 luglio sarà proposto da La Milanesiana a Livigno (Sondrio).

 

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Che rapporto aveva con lui?

«Nel 2002 lo aspettai due ore nella hall dell’albergo che lo ospitava per consegnargli una cassetta con le mie prime canzoni. Lui fu molto gentile e accogliente. Nel 2007, all’indomani della mia vittoria a Sanremo con “Ti regalerò una rosa”, ricevetti una chiamata: voleva conoscermi. Passammo una giornata a casa sua, è un ricordo prezioso».

 

Cosa la colpì più di lui?

«La sua cultura immensa: non era solo un compositore di canzoni, ma anche di opere liriche, teatrali... per non parlare di quella che aveva in campo religioso e spirituale, che spaziava dall’induismo al cristianesimo fino all’esoterismo. Seguendo le sue orme ci si imbatte in un universo sconfinato di crescita».

 

[…] «Mi interessa l’aspetto fisico dell’arte, cioè la mia vita sul palco, piuttosto che quella che c’è dentro un telefonino o su Spotify. Sono consapevole di aver tralasciato la mia attività discografica, eppure a breve tornerò con un disco: un dono per le persone che lo aspettano da tanti anni».

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Un altro concetto in controtendenza con il sistema, no?

«Mi interessa l’aspetto fisico dell’arte, cioè la mia vita sul palco, piuttosto che quella che c’è dentro un telefonino o su Spotify. Sono consapevole di aver tralasciato la mia attività discografica, eppure a breve tornerò con un disco: un dono per le persone che lo aspettano da tanti anni».

 

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[…] Come giudica lo stato della musica in Italia, oggi?

«Voglio essere diplomatico: credo ci sia spazio per tutti. Il problema è quando ci si affida al gusto di altri, quando deleghi ad altri cosa ascoltare. Esistono persone che fanno numeri spaventosi su Spotify o sui social ma che poi hanno difficoltà a riempire una sala. Noi con questo concerto, con zero copertura radiofonica, abbiamo fatto 60 sold out».

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Lei però ha fatto anche parte della musica mainstream, dei ritornelli che tutti cantano, no?

«Direi di no, “Vorrei cantare come Biagio” finì nel calderone dei tormentoni estivi ma io ne soffrivo perché davo a quella canzone un senso profondo: seppur ironica, esprimeva la difficoltà di un giovane artista nel far riconoscere la sua unicità».

 

[…] La Milanesiana ha come tema portante di quest’anno la timidezza.

«Io sono sempre stato molto timido, al limite con l’autimso: da ragazzino vivevo in un mondo tutto mio, in cui mi ero chiuso a dieci anni, per il dolore di aver perso mio padre. Mi è venuta in soccorso l’arte, per fortuna: ho iniziato a disegnare e sono riuscito a vincere la timidezza. La musica, poi, mi ha fatto spalancare al mondo».

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