Quasi cinquant’anni fa - inizio 1972 - Piero Ottone diventò direttore del Corriere della Sera. Alcuni mesi dopo uno dei suoi vice, Gaspare Barbiellini Amidei, lanciò l’idea di chiedere a Pasolini di scrivere per il giornale. Da quel momento, cominciò questa clamorosa collaborazione, tra le più discusse (ma anche tra le più rilevanti) nella storia del Corriere. Lo ricorda in un post su Facebook, Stefano Mignanego, figlio di Ottone (questo era un cognome d’arte).
“Si trattò - scrive Mignanego - di una scelta che andava nella direzione del nuovo corso avviato da mio padre, diretto a portare il giornale al centro del dibattito dei grandi cambiamenti dell’epoca, aprendolo a più voci, anche dissonanti, tante delle quali ospitate nella nuova rubrica ‘Tribuna aperta’”.
Mesi prima avvenne però un episodio, incredibile, che avrebbe potuto far saltare tutto: “Pasolini non approvava la linea del Corriere sulla guerra in Vietnam; scrisse allora una lettera di protesta al giornale, piena di offese, definendo mio padre, tra le altre cose, ‘una triviale e laida puttana’. Ebbene, nonostante questo precedente, mio padre non esitò ad accogliere la proposta di Barbiellini Amidei perché, come disse a Matteo Collura, ‘non mi ero sentito ferito dalla sue frasi offensive, avevo la coscienza a posto. E poi, se Pasolini poteva dire cose interessanti sul giornale che dirigevo, impedirglielo per un fatto personale sarebbe stato un errore. In quel momento andava ascoltato, indipendentemente dalle proprie opinioni’”.
Mignanego conclude: “Che dire? altri tempi, altro giornalismo”.
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