Estratto dell’articolo di Chiara Maffioletti per il “Corriere della Sera”
[…] Quello che però non immaginava Gaia, cantautrice con mamma brasiliana e papà italiano, è che questa estate avrebbe fatto ballare anche così tanti italiani assieme a Tony Effe con quello che — ormai si può dire — è stato praticamente l’unico tormentone di questi mesi, «Sesso e samba». Una canzone che l’ha risarcita dei bagni di folla mancati per aver vinto Amici nel 2020, in piena pandemia, con tutti chiusi in casa.
[…] La poesia esiste anche se si parla di tormentoni?
«Non penso si possa fare di tutta l’erba un fascio. Questa canzone ha qualcosa: di solito quando faccio uscire un brano il mio egotrip finisce lì, ma Sesso e samba , anche se la intercetto per l’800esima volta, non riesco a non ascoltarla. Il tormentone, appunto, ti tormenta, è una sorta di stupro sonoro, lo senti anche se non vuoi, ma in questo caso penso ci sia un flusso sincero».
Intanto, non è tra gli artisti spaventati da questo termine.
«Perché non per forza il tormentone è un’operazione di marketing. Siamo stati abituati a doverci giustificare e magari ad atteggiarci da artisti dannati che non si piegano a fare canzoni popolari.
Ma anche Abbronzatissima era un tormentone e si canta ancora oggi. Questi brani hanno una memoria emotiva molto forte, ti ricordano un momento di vita anche molti anni dopo. So che posso fare anche canzoni decisamente più introspettive, ma non voglio precludermi le opportunità e bloccarmi a 26 anni».
Come è nata la collaborazione con Tony Effe? […] vi conoscevate?
«Lo avevo visto una sera, un anno fa: ero passata da degli amici e c’era lui. Lo pensavo molto duro e invece era estremamente sensibile. Lì mi sono trovata davanti ai miei pregiudizi».
Pregiudizi su di lui?
«Sì, me ne sono resa conto, così come mi sono resa conto di quanto si sbagli nel giudicare qualunque cosa superficialmente. Io ho preferito parlare con lui e ho capito chi era Tony, anzi, Nicolò».
Lei si è spesso espressa in favore delle donne, lui ha cantato testi profondamente sessisti. Come si concilia?
«Per me il femminismo è anche integrazione, senza contare che esistono persone che da fuori sembrano femministe ma non lo sono. Lui è l’esatto opposto. Non voglio sviolinarlo, ma non mi sarei sentita in pace se non avessi visto che era così. Mi sono ricreduta ed è stato anche terapeutico per me capire che non tutto è come sembra».
La trap, il rap usano in genere questo linguaggio. Nella musica è possibile farlo?
«Certi testi che mi danno fastidio, ma anche I Watussi mi dà fastidio. La musica è una trasposizione della realtà e la realtà non è solo rose e fiori. Il rap e la trap per natura sono dei pugni in faccia ma la democrazia creativa sta nell’aprire le porte a tutto».
[…] Fare musica per una donna è più difficile?
«Certo, alcune dinamiche della società si traslano nella musica. Le opportunità che ce le prendiamo al volo e credo che, rispetto a un tempo, stiamo imparando a fare rete tra noi. Le donne prima venivano messe una contro l’altra mentre gli uomini creavano le gang artistiche... ma stiamo riscrivendo le regole».
Si è mai sentita giudicata per il suo corpo?
«Ovvio. Però me ne sento padrona e rivendico la possibilità di farci quello che voglio come atto di rivoluzione». […]
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