Richard Porton per “Daily Beast”
Verso la fine di “Risk”,il documentario su Julian Assange diretto da Laura Poitras e presentato a Cannes, c’è uno scanzonato momento in cui Lady Gaga intervista con la sua telecamera il fondatore di WikiLeaks. Sono domande un po’ idiote (tipo “Qual è il tuo cibo preferito?) ma le risposte sono serie: «Non sono una persona normale» dice Assange.
Parla alla diva della sua situazione di prigioniero politico in una terra di nessuno diplomatica, dell’intenzione di Australia e Stati Uniti di arrestarlo, e del timore che, se estradato, si becchi la pena di morte per colpa di una legge sullo spionaggio risalente al 1917.
lady gaga presso ambasciata a londra da assange
Il documentario è diviso in dieci capitoli, dalla Primavera Araba all’esilio londinese, e fa il paio con “Citizenfour”, il documentario su Edward Snowden della stessa abile regista. Si racconta di quando Assange si è messo le lenti a contatto e una parrucca per fuggire, c’è l’avvocato di WikiLeaks Sarah Harrison, l’hacker Jacob Appelbaum, che spiega come l’Egitto abbia censurato Twitter durante la Primavera Araba per sostenere il regime di Mubarak, s
i sentono i file della FBI dove un agente attacca la regista e la definisce “anti-americana”, si rivela che Wikileaks avvisò Apple che iTunes poteva essere usato dalle spie per infiltrarsi nei computer e nei cellulari. Insomma si vedono gli affascinanti retroscena di Wikileaks.
Appelbaum si espone sulla domanda: cosa succederà ad Assange se verranno eletti Trump o la Clinton? Quando Hillary Clinton era Segretario di Stato, confidò al suo portaborse che detestava Assange e WikiLeaks. Quello che pensa Trump lo possiamo immaginare.
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