Monica Serra per www.lastampa.it
massimo bossetti 2 il caso yara oltre ogni ragionevole dubbio
«È da tanto tempo che aspetto questo momento». Camicia blu, pantaloni chiari, lo sguardo di chi vuole raccontare la sua verità dopo che dal giorno dell’arresto, il 16 giugno del 2014, davanti ad accuse e sentenze, si è sempre dichiarato innocente. Ma i giudici cautelari e di merito, fino alla Cassazione, su di lui, il carpentiere di Mapello, Massimo Bossetti, non hanno avuto dubbi: è sempre stato ritenuto colpevole dell’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio.
yara gambirasio il caso yara oltre ogni ragionevole dubbio
E mentre dal carcere coi suoi legali continua a battersi per far riaprire il processo, «Il caso Yara. Oltre ogni ragionevole dubbio» diventa una docuserie firmata da Gianluca Neri (produzione Quarantadue) che andrà in onda su Netflix a partire dal 16 luglio. E, per la prima volta, sarà dato ampio spazio alle parole di Bossetti, che dal carcere non ha mai rilasciato interviste. Nel corso delle cinque puntate, saranno ricostruite luci e ombre di un’inchiesta che, per la prima volta in Italia, si è basata sulla prova scientifica, con una imponente indagine genetica condotta somministrando il test del Dna a 25.700 persone dopo il ritrovamento del corpo della vittima, il 26 febbraio del 2011, in un campo di Chignolo d’Isola, nella Bergamasca.
LA SCOMPARSA
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La giovane atleta di ginnastica ritmica era svanita nel nulla tre mesi prima, nel tardo pomeriggio del 26 novembre del 2010, appena uscita dal centro sportivo del suo paese, Brembate di Sopra, dove in genere si allenava. Per tre mesi l’Italia è rimasta col fiato sospeso, fino a quando il suo corpo senza vita è stato trovato per caso da un aeromodellista tra le sterpaglie della zona industriale di Chignolo, a una decina di chilometri di distanza, in un campo già peraltro battuto durante le ricerche. […]
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“IGNOTO 1” E L’IMPONENTE INDAGINE GENETICA
Gli accertamenti hanno escluso tracce di violenza sessuale, ma su un lembo dello slip, che al momento del ritrovamento sporgeva dai leggings della tredicenne, è stata trovata una goccia di sangue: per gli investigatori - in mezzo ai vari Dna isolati dai Ris sugli abiti della vittima - quella era la firma dell’assassino, di «Ignoto 1». Un colpo di fortuna, per un’indagine partita male, tra ritardi e false piste. […]
Ma trovare a chi appartenesse quel sangue non è stato semplice, incrociando la comparazione di oltre 25 mila profili biologici con l’enorme scrematura delle celle telefoniche agganciate dalle tre centrali tra Brembate e Chignolo, in orari compatibili con rapimento e omicidio della vittima.
IL TWEET DEL MINISTRO ALFANO E L’ARRESTO DI BOSSETTI
Alle 18,24 del 16 giugno del 2014 fu l’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano, con un controverso tweet, a dare la notizia: «Individuato l’assassino di Yara Gambirasio». L’arrestato si chiama Massimo Giuseppe Bossetti, è un muratore nato nel 1970, vive con la moglie e i tre figli alla Piana di Mapello. Il suo Dna nucleare coincide con l’impronta genetica che l’assassino ha lasciato su Yara. […]
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“FIGLIO ILLEGITTIMO” DELL’AUTISTA DEL BUS
Arrivare a Bossetti non fu semplice per gli investigatori. Durante l’enorme screening genetico nelle valli Bergamasche, è emerso un possibile collegamento con il Dna dell’autista di autobus Giuseppe Guerinoni. Si è così scoperto che durante la sua vita (all’epoca delle indagini era già morto) Guerinoni aveva avuto una relazione extraconiugale con Ester Arzuffi, la madre di Bossetti.
Fino alla morte per un tumore che se l’è portata via nel giro di poche settimane nell’aprile del 2018, la settantunenne ha sfidato la genetica e ha giurato che il suo «Massi» fosse figlio del marito, Giuseppe Bossetti. Ma anche le analisi ripetute in privato dalla famiglia dopo l’arresto del muratore hanno confermato che l’imputato fosse figlio di quell’autista, non del padre anagrafico.
[…] IL DOLORE E IL SILENZIO DELLA FAMIGLIA DI YARA
Neanche nel corso della docuserie di Netflix prenderà la parola la famiglia Gambirasio, che ha sempre osservato un dignitoso silenzio su una vicenda così dolorosa. Come ha spiegato il legale Enrico Pelillo, proprio il 13 maggio, all’uscita dal Tribunale di Bergamo, «fortunatamente la famiglia, forse anche come forma di difesa, si è sempre tenuta alla larga da tutte queste questioni. E continua a farlo».
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