Marco Giusti per Dagospia
Sì. Fa paura. Ma non perdetevi per nulla al mondo (esagero, eh… però…) questo stupendo horror, “Longlegs”, scritto e diretto da Osgood Perkins, figlio dei compianti Anthony Perkins e Berry Berenson. Lui grande attore, diventò il Norman Bates di “Psycho”, morto di Aids nel 1992. Lei, sorella di Marisa, nipote dello storico Bertrand, fotografa, modella e attrice, che aveva sposato Perkins sapendo che era gay, morì tragicamente sull’aereo che l’11 settembre colpì il World Trade Center. Vi dico questo tutto questo perché nel film i conti da regolare con le madri e i padri, e i segreti tenuti al “piano di sotto” non sono certo pochi.
E gran parte dei problemi che turberanno la protagonista, l’agente dell’F.B.I. Lee Harker (un po’ omaggio alla Harper Lee autrice di “Il buio dietro la siepe” un po’ al Jonathan Harker narratore di Dracula), interpretata dalla bravissima Maika Monroe (“It Follows”) vengono proprio dai suoi mai risolti problemi con la famiglia, cioè con la madre, Alicia Witt, con un padre del tutto assente, sostituito magari dal folle personaggio del Longlegs di Nicholas Cage, nonché da una passionaccia smodata che Longlegs, lo stesso regista e suo fratello Elvis, che firma le musiche del film col nome d’arte di Zilgi, hanno per il rock satanico di Marc Bolan e del suo gruppo, T.Rex.
Ma al di là del ricco tessuto intellettuale che Osgood Perkins e il suo film si portano dietro, e al di là dell’incredibile successo che ha avuto il film, 74 milioni di dollari in America, 108 globali, 22 solo nel primo weekend, trionfo per la piccola, indipendente Neon Film e per Nicolas Cage, che torna a un film di successo dopo decenni, “Longlegs” è un horror di grande intelligenza che rivela un reale talento registico. Inoltre, e non rivelerò nulla, tranquilli, non si capisce il complesso meccanismo narrativo fino al finale, che potrà un filo deludervi, ma non deluderà certo tutto il resto.
Perché, malgrado tante citazioni, Osgood Perkins cerca di costruire un racconto e dei personaggi originali. Anche lui, come il Ti West della saga di “X” e “MaxXxine” o come il “Terrifier 3” di Demian Leone, torna al cinema horror della grande tradizione indipendente americana dei Tobe Hooper e Wes Craven. L’azione si svolge nel 1993, all’epoca di Clinton, ma parte vent’anni prima, all’epoca di Reagan. Si capisce quindi l’odio per il digitale e l’amore per il 16 mm. La sequenza pre-titoli è tutto un omaggio al vecchio cinema horror degli anni’70.
Gran parte del racconto è però girato con gli schermoni che vanno di moda oggi, mentre per i flashback si torna allo schermo quadrato del 16mm. Ma tornare a quel tipo di cinema è come dichiarare la passione per Marc Bolan e gli anni del rock satanico. Trionfano manifesti di Lou Reed e David Bowie. Lee Harker, la protagonista del film, è una giovane agente dell’F.B.I. che riesce a sentire dove si nascondono i serial killer, li fiuta. E’ una sorta di sensitiva.
E capisce presto che il caso di Longlegs, un mostro che ha indotto una serie di famiglie della provincia americana più profonda, all’autodistruzione, manovrando i padri nel giorno del compleanno delle figlie, non le è del tutto estraneo. Risolvere il caso, quindi, in tutta la sua follia, non capiamo mai fino alla fine se siamo di fronte a un horror satanico o un horror realistico, significa anche capire e risolvere la sua vita.
Occhio all’attrice che fa la madre, Alicia Witt, scelta da Perkins dopo averla vista in “Twin Peaks”, e occhio a Kiernan Shipka, nel ruolo di una sopravvissuta ai massacri di Longlegs, protagonista del primo film (horror) del regista, ormai lanciatissimo, che ha già finito un più ricco “The Monkey”, tratto da Stephen King. Grande successo alla proiezione critica della mattinata alla Festa del Cinema di Roma, arriverà in sala da noi, assieme al non inferiore, ma decisamente molto, molto più splatter “Terrifier3”, per Halloween, il 31 ottobre. Preparate i popcorn.
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