la vittoria di diodato a sanremo 1
Lettera al “Corriere della Sera”
Caro Aldo, per il secondo anno di fila, al festival di Sanremo il giudizio del televoto viene capovolto da quello delle giurie dei giornalisti, degli esperti, dei «fruitori di musica» che compongono la giuria demoscopica. Non voglio fare il populista, parlare di élite contro popolo. Le chiedo semplicemente: ma allora perché ci fanno votare?
Sandro Guerra, Milano
Risposta di Aldo Cazzullo
Caro Sandro, in effetti - nel silenzio generale: stavolta né Salvini né altri si sono scandalizzati - si è ripetuto quello che era accaduto l'anno scorso. Mahmood fu terzo nel televoto, ma vinse il festival. Anche Diodato è arrivato terzo nel giudizio popolare; ma ha vinto. Se avessero deciso i telespettatori, a festeggiare sarebbe stato Francesco Gabbani, e sarebbero arrivati secondi i Pinguini tattici nucleari. Tutto questo forse non è sbagliato, ma non è neppure simpatico.
Quando tutto era affidato al televoto, tendevano a prevalere i vincitori dei talent, tipo Marco Carta e Valerio Scanu, cui si debbono alcune delle canzoni più terrificanti mai ascoltate a Sanremo, tra cui non si può non ricordare quella sull'amore fatto misteriosamente «in tutti i laghi»; anche se quella volta forse avevano vinto Pupo e il principe Emanuele Filiberto («tu non potevi ritornare/anche se non avevi fatto niente»).
L'inserimento di giurie più o meno specialistiche ha di sicuro contribuito ad alzare il livello delle canzoni: anche se è più chic dire il contrario, quest'anno molti testi e molte musiche erano decisamente belle, tra cui senz'altro la canzone - struggente - di Diodato. Ma viene un po' da rimpiangere il tempo in cui non esistevano alto e basso, o comunque potevano coesistere nello stesso film o nella stessa canzone. Nel blu dipinto di blu probabilmente avrebbe vinto sia nel televoto, sia in sala stampa, sia nella misteriosa giuria demoscopica.
valerio scanu VALERIO SCANU E MARCO CARTA marco carta a io e te di notte 4