Marco Giusti per Dagospia
Il potere, il sesso, la mascolinità. Anzi. Il potere. Il sesso. La mascolinità etero bianca ferita. E la morte. La morte come punto dal quale nessuno potrà più tendere a volere più sesso e più potere. Alla fine, stiamo parlando di “The White Lotus 2” e della splendida puntata finale (4 milioni di spettatori solo in America) che spero abbiate visto che ha dato vita a una serie di dotti articoli in America, a cominciare dal New Yorker, vincono soprattutto, nella loro strafottenza, le due “puttane” italiane, più bitches che whores, quelle che rimarranno per fregare ancora altri stupidi americani. Vecchi e giovani.
Mi ha giocato dice Albie, il ragazzetto uscito da Yale che ha girato alla Lucia di Simona Tabasco 50 mila dollari del padre. E il padre, scopatore seriale di avide signorine, li ha pagati per ottenere in cambio una telefonata di quasi pace dalla ex moglie. Tutto ha un prezzo. E tutto conduce a un potere. Ma mai il potere del maschio americano è stato così sbeffeggiato e ferito.
L’Ethan di Will Sharpe, per scoparsi la bella e desiderabile moglie Harper, cioè Aubrey Plaza, ha dovuto passare attraverso una sorta di rito un bel po’ finto di gelosia all’italiana, dopo un momento di incomunicabilità all’Antonioni, per il suo vecchio amico Cameron, Theo James, con tanto di lotta-abbraccio superfrocio dentro l’acqua. Solo così si è sentito maschio. Potente. Ahi! Non è scopando la moglie sia più virile di George Sanders con Ingrid Bergman in “Viaggio in Italia” di Roberto Rossellini. Anzi.
Se già la prima stagione di “The White Lotus” era costruita in pieno trumpismo sulla mascolinità americana, dove tutti i personaggi maschili erano dei predatori, la seconda, che ci arriva in era bideniana o post-trumpista, vede tutti i maschi scopatori azzerati nei loro desideri. Poveri maschi, dice il personaggio più contorto, quello della moglie oca, o finta oca, la Daphne di Meghann Fahy, girano a vuoto. Infatti. Se ne accorge anche la vecchia siciliana parente dei tre maschi italo-americani DiGrasso. Meglio cacciarli subito fuori di casa.
Qui anche i gay sono altri maschi che girano a vuoto con fare ambiguo attorno ai soldi della Tanya di Jennifer Coolidge, grandioso ritratto dell’America di Trump. Ricca, goffa, senza stile. “Quei gay, stanno cercando di uccidermi” sarà la frase chiave di Tanya prima di dar vita a un massacro che ci sorprende ma che dovevamo ricordarci fin dalla prima scena della prima puntata. Infatti sapevamo fin da subito che tutto alla fine si doveva ricondurre con quella serie di morti che arrivano sulla spiaggia di Taormina. E
da qualche parte, lì, nel finale, arriva finalmente Sam Cooke, e non l’onnipresente De André, a ricordarci che “The best things in life, they’re free”. Ma qui niente è davvero gratis. I maschi più stupidi sono quelli che pensano che scopare sia una soluzione. Se ne rende conto anche Portia, la giovane assistente di Tanya, quando capisce che Jack, il suo amico scopatore, finto nipote di Quentin, Tom Hollander, per sopravvivere è costretto a scoparsi lo zio. “Yeah! So you fuck your uncle!”. Altro che maschi etero bianchi.
Le uniche simpatiche, ripeto, sono le due “bitches” e Sabrina Impacciatore, la direttrice dell’hotel, che diventa “icona lesbica dell’anno” (dove l’ho letto?). E, nel suo perdersi, è simpatica anche l’orrenda Tanya. Per l’autore e regista della serie, Mike White, lei è “il motivo per cui ho ideato The White Lotus fin dall’inizio, Perché volevo scrivere un personaggio per lei. La adoro”. Ma tutti i personaggi si dibattono inutilmente in desideri che non porteranno a molto per definire dei ruoli che non li rappresentano.
La differenza tra la bionda Daphne e la più acculturata Harper è che la prima ha accettato il suo ruolo di moglie in un matrimonio più che di facciata, mentre la seconda ancora cerca di dare un senso alla sua relazione con un uomo che di fatto non la desidera. Tutto questo, si dirà, lo aveva già messo in scena, e meglio, Rossellini tanti anni fa in “Viaggio in Italia”, anche se eravamo sulla Costa Amalfitana e non a Taormina. E i suoi inglesi non erano così cafoni. Ma dubito che Mike White lo abbia davvero visto. E forse è meglio che non lo veda. Ma per questi tempi, per noi spettatori che abbiamo visto troppo, va bene anche “The White Lotus2” e le canzoni di De André usate come Rossellini usava quelle di Giacomo Rondinella.
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