Fabio Poletti per "la Stampa"
Nessuno viene fino a qui dove ha iniziato a morire Michele Merlo, Mike Bird, 28 anni, portato via da una leucemia fulminante diagnosticata quando era troppo tardi. Non ci sono fan, non ci sono fiori, solo il tran tran tranquillo di un ospedale di provincia, Vergato 40 chilometri da Bologna, distretto sanitario importante per questa parte di Appennino. A chiedere, non lo ricorda nessuno il pomeriggio di mercoledì di settimana scorsa, quando si era presentato con un paio di amici dicendo solo: «Ho un forte mal di gola, mi fa molto male».
Una semplice infezione virale, la diagnosi del medico di continuità assistenziale, di questo Pronto Soccorso tutto verdolino che si affaccia sul fiume Reno. E invece era leucemia. Ancora quattro giorni e addio Mike Bird, volato via con le sue canzoni.
A tornarci adesso all' ospedale Civile di Vergato, è tutta un' altra musica. Impossibile parlare con il primario, impossibile anche solo entrare in questa struttura ancora sotto stretto protocollo Cvid. Da qui, dall' ospedale di questo paesone di poco più di settemila abitanti, si rimbalza alla Direzione sanitaria dell' Ospedale Maggiore di Bologna, palazzina C di rossi mattoni, primo piano, altrettanto impenetrabile. In questo ospedale Mike Bird è morto domenica notte, senza mai essersi ripreso dopo essere entrato in coma giovedì sera.
L' Azienda Usl di Bologna, dopo aver espresso vicinanza e cordoglio alla famiglia di Michele Merlo, sta ricostruendo quello che è successo nel Pronto Soccorso di Vergato, sotto loro diretto controllo: «La direzione ha dato mandato al Risk Manager aziendale di procedere ad attivare l' iter per un audit di rischio clinico». Traduzione, l' Ausl vuole capire bene il medico che ha avuto in cura Michele Merlo cosa ha scritto nella cartella clinica, se ha sottoposto ad esami specifici il paziente e se gli ha somministrato una qualsiasi terapia.
Duecento metri più avanti la palazzina C c' è la camera mortuaria dove riposa Michele Merlo. Ci sono ancora i suoi familiari. Non vogliono parlare, spezzati dal dolore.
Quello che avevano da dire lo hanno detto l' altro giorno: «Michele si sentiva male da giorni e mercoledì si era presentato presso il Pronto Soccorso di un altro ospedale del bolognese che, probabilmente, scambiando i sintomi descritti per una diversa, banale forma virale, lo aveva rispedito a casa. Anche durante l' intervento richiesto al Pronto Soccorso di Bologna, nella serata di giovedì, pare che lì per lì non fosse subito chiara la gravità della situazione». Il padre di Michele Merlo aveva poi aggiunto che dal Pronto Soccorso dell' Ospedale Civile di Vergato, suo figlio era stato mandato via senza nemmeno una pur generica lettera di dimissioni.
Tutti particolari che saranno verificati nell' audit disposto dalla Ausl di Bologna. Anche se qualche precisazione, off the records, viene già data. Impossibile che non ci sia la lettera di dimissioni, magari Michele Merlo non ne ha parlato con il padre. Possibilissimo che mercoledì pomeriggio non sia stata diagnosticata la leucemia fulminante che gli ha poi provocato l' emorragia cerebrale che lo ha ucciso. Il decorso della malattia è velocissimo, appunto fulminante. Difficile sottoporre ad esami specifici un paziente in una fase così iniziale.
Adesso toccherà alla Ausl fare gli accertamnti. Ma per la Procura di Bologna non c' è un caso. I magistrati hanno deciso di non fare l' autopsia e non hanno intenzione di aprire un' inchiesta, sempre che i familiari del ragazzo non presentino formale denuncia.
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