1 - CAVALLI CONTRO RE GIORGIO "QUELL'HOTEL E' UN OSPEDALE"
Da "la Repubblica"
"Tra Armani e me c'è un abisso. Avete visto il suo nuovo albergo? Sembra un ospedale psichiatrico. Beninteso, io adoro Armani". Roberto Cavalli si è scagliato contro l'hotel di Giorgio Armani, a Milano, paragonandolo a un ospedale psichiatrico. Dietro le quinte della moda, volano i coltelli. Lo stesso Armani ha osato critiche, tipo "non c'è bisogno di caricare le donne di ricami, di frutta e di verdura", riferendosi ai Dolce e Gabbana.
Ma l'ha fatto con ironia. Diversa la storia dell'hotel al 31 di via Manzoni: 95 stanze, dalla deluxe di 45 metri quadrati alla suite presidential di 200, con camera da pranzo, cucina privata, studio e camera da letto, pavimento e pareti in pietra. Tutto arredato con mobili very Armani, dai divani lineari alle testate di legno retroilluminate dei letti.
DOMENICO DOLCE E STEFANO GABBANA jpeg2 - BATTUTE AL VELENO E SE LA SMETTESSIMO DI FARCI DEL MALE?
Pier Luigi Paracchini per il "Corriere della Sera"
Dove fiorisce la polemica? In politica, nel calcio, sui balconi condominiali. È un radicato simbolo italiano come la pizza, le spiagge, la Ferrari. Chiaro che anche il mondo della moda non possa esimersi. Qualche giorno fa qualche schermaglia, giusto per mettersi in forma, con Roberto Cavalli che ha puntato il dito contro certi modelli di Gucci, secondo lui troppo somiglianti a sue precedenti creazioni. Poi è sceso in campo Giorgio Armani che ha imputato a Prada (mai stata in cima alle sue simpatie) e a Gucci di esibire bilanci ricchi grazie soprattutto agli accessori, mentre lui venderebbe prevalentemente vestiti.
MIUCCIA PRADA ARMANI HOTEL MILANO jpegDate le premesse era lecito attendersi qualche nuovo fendente. Allora ecco di nuovo Armani a criticare una preoccupante, diffusa tendenza stracciarola, l'eccessivo teatro e la improbabile profusione di baroccaggine visti su alcune passerelle. E Cavalli a rispondere che insomma un po' di movimento non fa davvero male e viva le collezioni fantasiose come quella barocca di Dolce&Gabbana, non certo suoi amici visto che neppure si salutano. D'altra parte spiega Cavalli, Armani resta un grande, però per lui parla il suo nuovo albergo milanese, allegro come un ospedale psichiatrico.
Seguiranno rivincite? In attesa di saperlo viene spontanea qualche domanda. E se questi autorevoli nomi del Made in Italy la smettessero di tirare mazzate? Nessuno è così ingenuo da prefigurare impossibili amicizie in un ambiente così ridondante di narcisismo, invidie e suscettibilità: ma non basta una sana concorrenza in passerella e nelle boutique? L'esperienza dice che se l'economia tira e i consumi seguono (come negli auspici) c'è spazio per tutti, dagli ultras dello spacco al movimento pro-ricamo, dagli aristo-incapottati ai negazionisti del tailleur.
È brutto da dire, però almeno in questo, gli stilisti francesi e americani ci impartiscono pesanti lezioni di comportamento. E non perché siano di pasta migliore: si detestano (se proprio va bene s'ignorano) esattamente come succede agli italiani. Loro hanno però capito che essendo sulla stessa barca, conviene a tutti un'immagine di categoria irreprensibile e reciprocamente rispettosa. In generale i nostri hanno lavorato bene sull'eleganza dei loro prodotti. Sull'eleganza comportamentale possono ancora migliorare.