Marco Giusti per Dagospia
“Who killed Norma Jean?”, cantava Pete Seeger già negli anni ’60. Attorno a questa domanda e a tutte le possibili risposte, arriva oggi questo bellissimo film, “Blonde”, diretto da Andrew Dominick con una luminosa Ana De Armas, tratto dal romanzo omonimo di Joyce Carol Oates, che già aveva dato vita a una miniserie vent’anni fa dallo stesso titolo con Poppy Montgomery protagonista.
“Blonde” è un film che infrange molte regole del cinema non solo americano. La scena di J.F.Kennedy steso sul letto che si va fare prima un raspone poi un blow job da Marilyn (“non essere timida” le dice, spingendole la testa proprio dove pensate voi), è qualcosa che non avete mai visto e che non pensavamo di vedere.
Ma neanche la spiegazione del “come sei arrivata al cinema?”, che vede Marilyn ricordare la scena del presidente della Fox che la accoglie togliendole le mutande e la inizia al cinema prendendola così con una evidente pecorina. O il commemnto di Zanuck al suo primo, intenso provino, “Bel culo”. Perbacco! Così si fa il cinema? Così si trattano i presidenti americani, addirittura il leader del mondo democratico? I giganti della Fox? Ma il bersaglio della Oates e di Dominick non sono né il Presidente degli Stati Uniti né il Presidente della Fox.
ana de armas marilyn monroe blonde
Come nel potente “Il potere del cane” di Jane Campion, che a Venezia fece orrore a tutti i critici italiani o quasi, il bersaglio sono tutti i maschi che uccisero Norma Jean abusando di lei (“I, said the City, as a civic duty, I killed Norma Jean”), e il potere patriarcale maschile, che comincia con un padre che non c’è e non ci sarà mai, va avanti con un campione di baseball, il Joe Di Maggio di Bobby Cannavale, seguita con un commediografo ultrasnob newyorkese, l’Arthur Miller di Adrien Brody, e chiude con il Presidente J.F.Kennedy steso sul letto che vuole quella cosa lì mentre parla al telefono delle accuse di molestie.
Maschi senza volto, “E tu chi sei?” chiede a Miller non riconoscendolo quando rientra a casa, pallide imitazioni di un padre che non c’è, e che approfittano del corpo di Marilyn non riconoscendola mai come Norma Jean. Gli unici maschi possibili, oltre al suo adorabile truccatore, Whitey, sono i figli pazzi, drogati e sfortunati di due celebri star, Charles Chaplin Jr detto Cassie e Edward G. Robinson jr detto Munny, che faranno, come Marilyn, una brutta fine, anche se Cassie muore nel 1968 e non nel 1962, ma che le daranno gli unici veri piaceri sessuali, a tre, di tutta Hollywood.
Un’orgia fra gemelli dimenticati dai padri, dove il maschile e il femminile non esiste più. Ragazzi segnati da Hollywood fin dalla nascita come “figli di”, destinati quindi a essere massacrati. Ma sarà proprio di Cassie il primo figlio che aspetterà Marilyn, al quale dovrà rinunciare preferendo la carriera. “Ho ucciso mio figlio per questo”, dice gelida e cosciente la sera della prima di “Gli uomini preferiscono le bionde”, dove inizia a odiare il suo doppio, Marilyn, e scopre che prende solo 5000 dollari, in quanto “proprietà” della Fox, rispetto ai 100 000 bigliettoni che prende Jane Russell, che è proprietà di Howard Hughes.
Ma le cose non andranno meglio neanche con l’intellettuale newyorkese Arthur Miller, dove diventa la star di Hollywood da esibire agli amici, anche se Norma Jean è pronta a recitare Cekhov e sorprende lo scrittore, che in fondo la tratta come un animale da sezionare. Dei tanti set che poteva trattare, Dominick sceglie quello di “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder, il più sofferto da Marilyn e da Billy Wilder.
Dove il suo ruolo, quello di Sugar se non sbaglio, è un continuo uscire e entrare tra Norma Jean e Marilyn, dove tutti sono mascherati da qualcosa che non sono. Incredibilmente è forse il film dove Marilyn è più bella, più luminosa. Un attimo prima di esplodere tra pillole e stress e un amante pesante come il Presidente.
Le due ore e 40 minuti di “Blonde”, girate da Andrew Dominick un po’ in bianco e nero un po’ a colori, riprendendo tutta l’iconografia legata a Marilyn, dalle sue fotografie ai suoi film, musicate con uno score indimenticabile da Nick Cave e Warren Ellis (Oscar subito!), interpretate da una bravissima Ana De Armas nel ruolo della sua vita, capace di sdoppiarsi continuamente tra Norma Jean e Marilyn, di uscire da un personaggio e entrare in un altro, saranno una bomba per lo spettatore medio di Netflix ma anche per i critici che non hanno ancora capito che il regolamento di conti col potere maschile, col patriarcato, coi produttori scopatori, con la memoria stessa di Hollywood è appena iniziato.
“Blonde” è solo un antipasto. "Who saw her die? I, said the Night, and a bedroom nlight, We saw her die".
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