Marco Giusti per Dagospia
Inizia con la morte di Tinta, uno dei pitoni di Ilona Staller, ma il più celebre era PIto Pitò, che morì ucciso dalla folla impaurita durante una incredibile edizione della Sei giorni ciclistica a Milano con Ilona-Cicciolina che cantava e si spogliava sul palco del velodromo Vigorelli, il molto atteso “Diva Futura”, ritratto dell’agenzia di Riccardo Schicchi e delle sue principali porno-star, scritto e diretto da Giulia Louise Steigerwalt, prodotto da Matteo Rovere, fotografato da Vladan Radovic, presentato oggi in concorso.
Tratto dal romanzo uscito qualche anno fa "Non dite alla mamma che faccio la segretaria" di Debora Attanasi, vera segretaria di Schicchi a Diva Futura, il film non è una sorta di spin off, come si poteva pensare, di “Supersex”, la serie su Rocco Siffredi, prodotta da Lorenzo Mieli e Matteo Rovere e diretta da Francesca Mazzoleni e Rovere, anche se pure in questo caso domina una scrittura femminile della storia.
E non si capisce bene (o forse, sì, si capisce…) questo appropriarsi da parte di sceneggiatrici e registe di quella che poteva sembrare una storia esclusivamente maschile per un pubblico di maschi arrapati. Anche se da subito, con la presenza di donne così forti e esuberanti come Moana, qui interpretata da Denise Capezza, la Ilona Staller di Lidija Kordic, la Eva Henger di Tesa Litvan, e la narratrice, la Debora di Barbara Ronchi, con la totale assenza di hard o di sesso spinto, capiamo che quella che stiamo per sentire è soprattutto una storia di femmine folli.
E all’unico maschio, il Riccardo Schicchi, fenomenale, di Pietro Castellitto resta più il ruolo da fool che da re di Diva Futura, l’agenzia che dispensava belle ragazze da mettere negli spettacoli in tv, nei film, negli show teatrali di sesso dal vivo. Una storia che nella prima metà del film ha toni allegri, divertenti, pronta quasi a diventare una sorta di versione porno della francese “Chiami il mio agente”, e nella seconda, con la morte di Moana, e l’ultimo film girato mentre scende in campo Berlusconi (bella trovata), il pesante divorzio Ilona-Jeff Koons, la malattia di Schicchi diventa inevitabilmente qualcosa di più cupo e di tragico.
Devo dire che, malgrado non credo conoscesse personalmente i personaggi, Giulia Louise Steigerwalt, riesce a cogliere bene i personaggi, anche se spesso rischia il bozzettismo, ma punta tutto o quasi sulla coppia Castellitto-Ronchi, i suoi attori più giusti, i personaggi meno impegnativi, per trasformare in commedia e far girare narrativamente una storia così vasta e con tante ambiguità mai davvero chiarite. C’è nella prima parte, oltre al bozzettismo, inevitabile, un eccesso di riassuntino della vita delle star.
Certo, sono passati anni, chi se li ricorda più. La storia parte davvero quando entra in campo la segretaria Debora e inizia la commedia con Schicchi-Castellitto. Magari avremmo preferito qualcosa di più originale o di più forte, ma anche rispetto al porno reale del tempo, quello legato a Diva Futura e a Schicchi, la buttava più in commedia, in parodia caciarona, “Fantastica Moana” faceva in gran parte ridere, per non pensare a “Telefono rosso” coi suoi doppiatori professionisti che ripetevano le telefonate folli a Cicciolina (“Ciao, sono il camionista pipparolo!”).
Era come se Schicchi, che è stato un vero intellettuale e un vero politico alla Pannella, con un piano preciso in testa, anche se non sempre lucido, pensasse di usare la commedia all’italiana mischiata al porno per renderlo più digeribile, più familiare. Tanti anni fa, il 2002?, portai Schicchi, Eva, il suo autista tuttofare, Canio, e un bel gruppo di stalker che lei si portava dietro a Venezia per girare due episodi diretti dai Manetti per Stracult ambientati proprio durante il Festival.
Ci fu anche un vero tappeto rosso di Eva e Schicchi con G-Max e Chef Ragoo. Devo dire che mi divertivo molto con Schicchi. Al punto che feci molti programmi con lui, Eva e qualche sua star per Rai Due. E Castellitto, e già prima Fausto Paravidino, nella modesta serie su “Moana” di Sky, riesce a prenderlo perfettamente, con la giusta ironia.
Ironia che Schicchi aveva, anche quando la sua malattia peggiorò inesorabilmente. E tutti sapevamo che lo avrebbe ucciso. Eva, dopo la sua morte, mi chiese se volevo scrivere una sceneggiatura per un film su di lui. Pensai che per fare un biopic su Schicchi ci volesse minimo la Warner Bros. Che ora distribuisce questo film. E’ la vita.
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