Marco Giusti per Dagospia
Venezia. Spostiamoci a Orizzonti, dove abbiamo visto il primo e unico lungometraggio italiano in concorso, “Una sterminata domenica”, opera prima del romanissimo Alain Parroni, che lo ha scritto assieme a Giulio Pennacchi e Beatrice Puccilli, anche loro nuove leve della scena romana post-garroniana e post-d’innocenziana. Diciamo che il film, anticipato da un'aura di novità e di scoperta, può vantare una bella vitalità e la capacità di sapersi destreggiare, uscendone sempre un attimo prima di diventare maniera, tra i marchingegni più estetizzanti del cinema alla Garrone e alla D’Innocenzo.
Così, anche se la storia presentata da Parroni e dai suoi sceneggiatori, è in fondo niente di più di un vistissimo triangolo amoroso, lui-lei-lui, tra tre ragazzi emarginati che si muovono tra il litorale e le borgate piene di balordi e di lavoretti malavitosi, messi in crisi dalla gravidanza di lei e dalla giovane età di tutti (“Ma io ho sedici anni!” urla a un certo punto drammaticamente il più piccolo dei tre), la sua direzione dei giovani e inediti interpreti, Enrico Bassetti, Federica Valentini, Zavkaery Delmas, rispettivamente, Alex, Bruna e Kevin, e le sue trovate registiche ne fanno qualcosa da vedere con estrema attenzione.
Perché non solo Parroni mostra un talento visivo non indifferente, sapendosi muovere in un terreno fin troppe volte calpestato da giovani registi, ma riesce a uscirne con dei salti mortali inediti che potrebbero davvero lanciarlo verso un cinema personale e non così ovvio. L’uso della musica del giapponese Shiro Sagisu, autore storico delle musiche di “Evangelion” e di “Shin Godzilla”, ad esempio, danno al film una carica in più che non avremmo pensato. Ottimo esordio.
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