Marco Giusti per Dagopsia
“Sti cazzo de padri”. Tragedia al Quartaccio. Mélo realistico preso dalle pagine di cronaca nera romana e rielaborato con estrema precisione, l’ottimo “Familia”, presentato oggi a Orizzonti, opera seconda di Francesco Costabile, scritto assieme a Vittorio Moroni e Adriano Chiarelli e tratto dal romanzo autobiografico di Luigi Celeste, prodotto da Indigo e dalla Tramp di Attilio De Razza, prosegue con bella energia il percorso di cinema civile e popolare, iniziato dal regista con “Una femmina”, altro ritratto di violenza e vendetta all’interno delle famiglie italiane più ai margini della società.
La violenza di “Familia” è una violenza che non nasce però dall’ambiente mafioso, come in “Una femmina”, ma si sviluppa in un proletariato romano che sembra non avere tanti sbocchi possibili e tocca intimamente il mondo dell’estrema destra di una quindicina d’anni fa, culla di tanta destra di governo attuale.
Il problema però non è tanto quello dell’estrema destra, anche se il protagonista, il Gino Celeste interpretato da Francesco Gheghi, finisce per nove mesi in carcere per aver accoltellato un ragazzo della sua età in uno scontro. Ma è l’infame capomanipolo Fulvio, Enrico Borello, che gli ha dato il coltello.
Il problema è il padre violento, Franco interpretato dal sempre perfetto Francesco Di Leva, che entra e esce dal carcere, ma che soprattutto ha reso la vita di sua madre Licia, una terrorizzata Barbara Ronchi, e del fratello Alessandro, Marco Cicalese, un inferno. Dopo esser riuscita a disfarsene grazie ai servizi sociali quando i figli erano ancora ragazzini, Licia, lo riprende in casa tanti anni dopo quando sembra che Franco abbia messo la testa a posto. Ma non ha rimesso la testa a posto, anche se è andato a trovare in carcere il figlio e ha trovato un lavoro.
E’ assurdamente geloso e padronale e non ha smesso di menare la moglie. Proprio mentre il figlio, grazie anche alla presenza di una fidanzata, Tecla Insolia, si sta sganciando dai fascistelli di zona. Tutto questo porterà a un inevitabile regolamento di conti in famiglia. Come da titolo. Bello, per nulla retorico, asciutto quanto basta, “Familia”, racconta una storia vera e esemplare nata proprio all’interno di quella per l’Italia cattolica dovrebbe essere il motore della nostra società e spesso è solo il cuore del malessere.
Il mondo dei picchiatori fascisti del Quartaccio è preciso nella sua brutalità, quasi sbocco inevitabile a quello della violenza in famiglia. Francesco Costabile si rivela regista di rara sensibilità e osservatore perfetto di una società complessa che deve fare i conti costantemente con tante diverse disfunzionalità. Bravissimi sia Ronchi che Di Leva che i giovani Gheghi e Insolia.