Marco Giusti per Dagospia
E’ un buon polar moderno questo “Maldoror”, filmone belga di due ore e mezzo presentato oggi fuori concorso, diretto da Fabrice du Welz con poliziotto ossessionato dalla caccia a una gang di criminali che negli anni ’90 rapiscono delle ragazzine per una rete di maniaci sessuali. E la fanno franca per molto tempo anche perché, come nelle barzellette con i belgi stupidi, la gendarmeria e la polizia giudiziaria non si dicono le cose, si fanno li dispetti e intanto i criminali se la prendono comoda.
E anche quando sono presi c’è qualcuno che li protegge come nei poliziotteschi all’italiana. Per due ore e mezzo, con un buon taglio da crime d’autore, non tanto diverso però da quello che vediamo su Netflix stesi sul divano, assistiamo alla caccia ai cattivi, Sergi Lopez&Co, da parte di un giovane poliziotto sovrappeso e coi baffetti, Anthony Bajon, figlio di un malavitoso (non ha parlato e è finito in carcere) e di una invecchiata Beatrice Dalle, cresciuto in un bordello, che ha deciso di prendere la strada giusta e di combattere il male. Non solo.
Si è anche sposato con una bella italiana, Alba Gaia Bellugi, con tanto di festosa famiglia siciliana. Ma quando inizia la sua prima missione, battezzata “Maldoror”, ci rendiamo conto che la sua caccia sarà lunga e complessa, perché i cattivi pedofili hanno appoggi potenti e perché i suoi superiori non sono dei fulmini di guerra.
Così, pur avendo intuito dove potrebbero essere nascoste due bambine rapite, non riuscirà a salvarle per l’ottusità dei suoi superiori e dovrà fare pippa, lui gendarme, rispetto alla polizia giudiziaria. Quando nel finale, dopo essere stato mandato al diavolo da tutta la famiglia siciliana, e dalla gendarmeria, si ritroverà solo contro il mondo a affrontare il male diventerà una specie di Charles Bronson belga pronto a tutto. Si vede. Ma si sarebbe visto anche meglio a casa.